Il traditore
Fabio Lovino
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I 10 film italiani più belli del 2019

La mafia, raccontata sotto molteplici punti di vista. E poi un horror padano, una storia in protolatino, un film d'animazione coloratissimo...

1) Il traditore di Marco Bellocchio

Pierfrancesco Favino è Tommaso Buscetta: sembra proprio averlo preso su di sé, nella sua particolare inflessione, nei passi sicuri, nello sguardo ora fiero, ora provato. Bellocchio ricostruisce turbamenti, tempra e azioni del primo grande pentito di mafia, in un mix perfetto di cronaca e brio. Per una volta, la mafia esce dal cinema sconfitta. 

2) La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco

Premio speciale della Giuria a Venezia, è un documentario sui generis. Alla Maresco. C'è Letizia Battaglia, fotografa 84enne siciliana, impegnata, arrabbiata, verace. C'è l'impresario di feste di piazza Ciccio Mira. E poi le celebrazioni per la morte di Falcone e Borsellino trasformate in baracconate. Il regista palermitano, disilluso e cinico, osserva, provoca, irride. Quasi disorienta nel suo inatteso percorso narrativo. In mezzo all'ammirazione e al trasporto suscitati, solo una macchia brucia: la malattia mentale non si deride. 

3) La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi

Dal libro di Roberto Saviano, un racconto di adolescenze negate. Un gruppo di ragazzini di Napoli precipita quasi casualmente, quasi inevitabilmente, nella Gomorra dei grandi, passando dall'entusiasmo infantile e cieco per la prima pistola alle prime acciecanti morti. Regia solida, incisiva la fotografia di Daniele Ciprì.

4) Il primo re di Matteo Rovere

Il regista di Veloce come il vento osa con un film che va alle origini di Roma e del mito di Romolo (Alessio Lapice) e Remo (Alessandro Borghi). Fa una scelta di realismo estrema e coraggiosa: la lingua è un protolatino ricostruito da semiologi, le ambientazioni sono primitive e intime, i corpi a corpi frequenti feroci e brutali. Mentre si muove l'amore simbiotico e commovente tra gemelli, ci si interroga su libero arbitrio e sottomissione al destino.

5) Martin Eden di Pietro Marcello

In una Napoli del Novecento libera da coordinate temporali, dove c'è già la tv e ribollono ideali socialisti estremi e rumorosi, contrapposti al liberalismo borghese, il Martin Eden interpretato da Luca Marinelli (Coppa Volpi a Venezia) è animato da individualismo, ai suoi eccessi non meno pericoloso.
Marcello rilegge Jack London trovandoci un sussurro di contemporeaneità nella cultura come strumento di emancipazione.

6) La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Lorenzo Mattotti

Ricordate i colori magici del cartone animato Pinocchio di Enzo D'Alò? Se lo avete visto li avrete di certo ancora addosso. Ecco, la mano era quella felicissima dell'illustratore Lorenzo Mattotti, che ora rinnova quell'esplosione cromatica poetica e inebriante nella trasposizione dell'omonimo racconto di Dino Buzzati del 1945, rispettandone atmosfere e ideali. 

7) Il signor Diavolo di Pupi Avati 

Avati torna al gotico padano degli inizi, ad atmosfere oscure e maligne, in ambientazioni anni Cinquanta, color seppia, ruspanti e genuine. Protagonista è il male, quel male che sa occultarsi in ogni personaggio della complessa narrazione.

8) Citizen Rosi di Didi Gnocchi e Carolina Rosi

Carolina Rosi, figlia del regista Francesco Rosi, tesse il filo emotivo, artistico e storico. Le sequenze dei film di impegno civile del padre, da Salvatore Giuliano a Lucky Luciano, da La sfida a Il caso Mattei, ci portano di volta in volta dentro nodi cruciali della storia del nostro Paese, che vengono commentati sia da Rosi stesso, attraverso materiale di repertorio, che da persone del mondo del cinema, della cultura, della giustizia e del giornalismo.

9) Pinocchio di Matteo Garrone

Non è il Pinocchio che ci aspettavamo di vedere, non è il Pinocchio che porteremo nel cuore. Bisogna però riconoscere l'alta qualità stilistica del film di Garrone, dalla fotografia pittorica curata da Nicolaj Brüel (lo stesso di Dogman) alla confezione dei personaggi animali, realizzati con un attento lavoro di trucco prostetico da Mark Coulier, truccatore vincitore di due Oscar.

10) La dea fortuna di Ferzan Ozpetek

Ozpetek non ritrova i livelli più ispirati del passato, ma fa meglio degli ultimi film recenti. La dea fortuna sembraLe fate ignoranti quindici anni dopo, meno riuscito. Tornano le terrazze romane festose, i colori accessi e le abitazioni viste da dentro, ricche e brulicanti, tornano gli amici variopinti e l'immancabile Serra Yılmaz. Ma ora siamo tutti più vecchi. E anche l'amore, con gli anni, invecchia, come quello della coppia gay stanca Edoardo Leo e Stefano Accorsi: nel loro menage tanta verità, ma anche alcune scelte narrative un po' scontate.

Il Signor Diavolo
01 Distribution
"Il Signor Diavolo" di Pupi Avati

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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