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Cannes 2014: i momenti di cinema migliori

Da Timbuktu a La Camera Blu a Red Army le perle di questa eclettica edizione del Festival del cinema

A volte ai Festival capita di rintracciare un tema, un leit motiv che lega idealmente uno con l’altro i film di una giornata. Non è quello che accade questa volta a Cannes tra le sale dove si proiettano film che passano dal fondamentalismo religioso nel Mali, come in Timbucktu di Sissako, a un colossale paesaggista dell’Ottocento inglese (vedere alla voce Mr. Turner di Mike Leigh). Vi lasciamo qui i momenti cinematografici migliori (secondo noi) di questa edizione. A quelli presenti in gallery si aggiunge "Self Made" (in una sezione a parte del festival, La settimana della critica) diretto dall’israeliana Shira Geffen. Il film racconta la storia di due donne, una israeliana e una palestinese, che sembrano intrappolate nei loro rispettivi mondi. Dopo uno scambio di identità al checkpoint, grazie all’errore di un soldato che manda Michal a casa di Nadine e viceversa, si ritrovano a vivere l’una la vita dell’altra dalla parte opposta del confine. Scopriranno così i loro desideri più intimi, a cui non avevano accesso nelle loro vite precedenti. Una scena del film che non si dimenticherà è Nadine che passa il confine con le cuffie rosa in testa da cui suona un rap palestinese a tutto volume. Ma si ride anche quando il fidanzato di Michal le parla via skype comparendo tra le gambe di una prostituta, grazie a una foto da lui stesso dimenticata per errore sullo schermo del suo portatile...

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Festival Cannes

RED ARMY
La vera sorpresa, non in concorso, è stato il documentario del candidato all’Oscar Gabe Polsky sulla squadra di hockey dell’Armata Rossa e le sue vittorie durante la Guerra Fredda. Il tutto raccontato attraverso gli occhi del suo storico capitano, Slava Fetisov, uno dei migliori giocatori di tutti i tempi con un palmares che vanta sette campionati mondiali, due medaglie d’Oro alle Olimpiadi e tre Stanley Cups. Attraverso immagini di repertorio e interviste al Fetisov di oggi, il film mostra i durissimi allenamenti degli atleti nella ex Urss, lì dove lo sport e la propaganda andavano a braccetto. Le immagini mostrano le partite delle Olimpiadi a Lake Placid nell’80, quelle a Sarajevo nell’84, Calgary nell’88, contemporaneamente raccontano come Fetisov sia divento prima eroe nazionale poi nemico politico. La sua battaglia è stata fondamentale nel rompere la barriera che impediva ai giocatori russi, i più forti al mondo, di giocare all’estero e di guadagnare fortune rispetto al niente che davano prima l’Urss poi la Russia. Dopo un duro faccia a faccia, Fetisov è stato il primo cittadino ad ottenere un visto che gli ha permesso di giocare in occidente, sforzo che ha aperto la strada a molti atleti russi ed europei per giocare negli Usa. La scena più emozionante del docufilm è quella in cui si chiede al suo compagno di squadra e miglior amico di una vita, Igor Larionov, perché non lo abbia difeso, quando il governo russo aveva tentato di impedirgli di lasciare il paese per giocare egli Usa. A distanza di anni, Larionov non riesce a parlare davanti alla telecamera per l’emozione, e chiede di cambiare domanda. Ancora più toccante il fatto che, nonostante quel tradimento, anni dopo Fetisov, ritiratosi nel frattempo e diventato ministro dello Sport per volere di Putin, lo abbia voluto accanto a sé. Perché, come spiega questa che è una vera leggenda dello sport, “è sempre meglio lavorare con una persona con cui hai condiviso la vita, che con uno sconosciuto”.

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Cristiana Allievi