Elio Germano in L'ultima ruota del carro: 'Sarò un onesto nell'Italia dei furbetti'
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Elio Germano in L'ultima ruota del carro: 'Sarò un onesto nell'Italia dei furbetti'

Così l'attore, sul set del nuovo film di Giovanni Veronesi: "Ci sono ancora mosche bianche di purezza nel nostro Paese, ma non vengono premiate"

Essere l’ultima ruota del carro può non essere male, soprattutto se più che di un carro si tratta di un carrozzone (l’Italia, con tutti i suoi difetti) e l’ultima ruota si rivela in fondo l’unica mosca bianca. Siamo sul set del nuovo film di Giovanni Veronesi, che sta girando a Roma una commedia (L’ultima ruota del carro, appunto, nelle nostre sale da novembre 2013) ben diversa da quelle a cui ci ha abituato finora, più vicina "a C’eravamo tanto amati, per intenderci", spiega lui stesso.
Una storia nella Storia: quella di Ernesto, traslocatore determinato, che attraversa 40 anni di Italia tra "socialismo e berlusconismo, la morte di Moro e Mani Pulite". Ad interpretarlo c’è Elio Germano, scelto ancora prima che fosse ultimata la sceneggiatura: "Veronesi me ne ha parlato, e io ho trovato subito la storia e il personaggio di Ernesto più che interessanti. In verità al nostro primo incontro gli ho persino fatto un paio di nomi di attori che secondo me sarebbero stati perfetti per il ruolo!".

Cosa la attraeva maggiormente del personaggio?
"La sua purezza, quella di una persona perbene in un mondo che va male. Mi piaceva si guardasse la storia del paese attraverso il candore del suo sguardo. E mi interessava la sua postazione privilegiata di osservatore: è un traslocatore che entra es esce dalle case delle persone, che va a lavorare anche da personaggi importanti, tipo Paolo Villaggio, o aristocratici, artisti come Alessandro Haber che nel film interpreta un pittore di cui diventa uomo di fiducia. Un personaggio anche emblematico, per la sua onestà".

Un altro ruolo complesso e delicato nella sua carriera, insomma.
"Sì, sono fortunato che finora mi siano stati sempre proposti ruoli molto belli e complessi. È uno di quei personaggi che mi stupiscono sempre che mi vengano offerti, e mi sento anche un certo onere sulle spalle: spero di riuscire a restituire quello che emana il vero Ernesto, in tutta la sua complessità. Anche nel suo rapporto con la moglie, nel film Alessandra Mastronardi: hanno un legame forte, lei è la sua unica confidente, l’amica oltre che l’amante. Ribadisco, sento tutta la responsabilità di questo personaggio, e mi porto dietro il senso di inadeguatezza proprio anche di Ernesto".

La sua onestà è una qualità che riscontra nell’Italia di oggi?
"Per fortuna sì, anche se c’è chi non ha la possibilità di poter resistere: Ernesto si è attaccato all’etica del lavoro, la sua abilità ne ha fatto un traslocatore molto richiesto, oggi francamente non so se quella stessa onestà sul lavoro venga altrettanto premiata".

Il film racconta 40 anni di vita del suo personaggio: com’è invecchiare sullo schermo?
"Decisamente interessante, una persona che invecchia comprende tutta la complessità dell’essere umano, quel tipo di atteggiamento è qualcosa di molto faticoso da adottare. Mi sembrava bello il tentativo di raccontare il percorso di una vita. Non è facile: per dire, nel film sono padre, e tre giorni fa abbiamo girato una scena in cui mio figlio era appena nato, il giorno dopo una in cui aveva 7 anni, ieri una in cui aveva 19 anni e mi presentava la sua fidanzata. È curioso. A livello tecnico hanno usato parrucche tiranti per ringiovanirmi, e quattro ore di trucco per invecchiarmi. Mi fa piacere che Veronesi abbia voluto scommettere sulle capacità artigianali che hanno fatto grande il nostro cinema nel mondo, dai costumi al trucco. Oggi che c’è crisi e si cerca di fare film sempre più piccoli e rinchiusi, trovo coraggiosa un’operazione del genere".

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Claudia Catalli