Elio Germano: "Il cinema italiano? Tutto è bloccato, anche se siamo pieni di talenti"
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Elio Germano: "Il cinema italiano? Tutto è bloccato, anche se siamo pieni di talenti"

Il J'accuse dell'attore: "Più in basso di così non si potrebbe andare: mancano i film, è tutto fermo. Poche decine di anni fa eravamo la più grande cinematografia del mondo, qualcosa ci è sfuggito di mano"

"Oggi è strano lavorare, più che stare fermi. È un momento difficile per il cinema italiano, tutto è bloccato". Questa la lucida analisi che Elio Germano fa dell'attuale situazione cinematografica nazionale, di cui è da anni indubbio protagonista.

Fresco di Ciak d'oro per la sua performance nel film Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek, lo rivedremo in un piccolo ruolo in Qualche nuvola di Saverio Di Biagio (dal 27 giugno in sala) e poi in una commedia che, ci anticipa, "dovrebbe essere in concorso al prossimo Festival di Locarno" (previsto dall'1 all'8 agosto). Si tratta di I padroni di casa, del giovane regista e attore livornese Edoardo Gabbriellini  - per intenderci il protagonista di Ovosodo di Paolo Virzì - che ha diretto un cast insolito: oltre alla collaudata coppia di amici e talenti Elio Germano-Valerio Mastandrea, anche Gianni Morandi e Valeria Bruna Tedeschi, sorella dell'ex first lady francese.

In quali panni si calerà stavolta?
"In quelli di un operaio, fratello di Valerio Mastandrea e come lui intento a lavorare con materiali ecosostenibili. Per la prima volta divido il set con Gianni Morandi, che qui interpreta un cantante italiano molto popolare, sposato con Valeria Bruni Tedeschi, colpita da un ictus. Nel film, in pratica, io e Mastandrea andremo a ristrutturare la loro villa".

In base a cosa oggi seleziona i copioni che le propongono?
"Non ho criteri rigidi, l'importante è che ci sia sempre qualcosa che avverto come necessario da raccontare, e con cui mettermi in gioco fino in fondo. Non sono scelte da prendere alla leggera: devi dedicare tre mesi della tua vita a un film, non è poco".

Come definirebbe il mestiere dell'attore?
"Sfuggevole. Pericoloso. A volte rischiosissimo per la salute mentale. A volte necessario per la salute mentale stessa".

È tra gli attori più impegnati per la difesa della cultura, come dimostra il sostegno alla causa del Teatro Valle e non solo: qual è lo stato di salute di questo Paese?
"Più in basso di così non si potrebbe andare. La stessa Cinecittà sta sparendo: si fanno solo trasmissioni televisive, non c'è più cinema: se pensiamo che poche decine di anni fa eravamo la più grande cinematografia del mondo, evidentemente c'è qualcosa che ci è sfuggito di mano. O che non abbiamo saputo fare, o che certe persone non hanno saputo fare, eppure rimangono lì dove sono, al posto loro. Bisogna capire come vogliamo risalire: o accontentandoci sempre delle scelte che ci vengono imposte o facendo qualcosa in prima persona a partire dal basso, più a misura d'uomo".

Come stanno facendo le giovani generazioni di attori, sempre più intenti a fare gruppo per sostenere diverse cause culturali...
"Già, il problema è che si fa presto a fare gruppo tra dieci, quindici persone. A parte che non mi ritengo più un "giovane attore", ma poi ci sono talmente pochi film che il numero di interpreti che effettivamente lavorano è esiguo: siamo pochi,   purtroppo. E non perché manchino i talenti: mancano i film".

Da anni continua a fare incetta di premi, anche dopo la Palma d'Oro: il suo segreto?
"Non avere metodi, perché trovo ridicolo schematizzare un mestiere complesso che ha come strumenti il proprio corpo e l’interiorità. Azzerare ogni metodo e arrivare vergine di fronte a una nuova esperienza".

Almeno ha dei modelli d'ispirazione?
"Sì, le persone reali. Mi aggrappo a ciò che osservo ogni giorno, a dettagli che vedo in qualcuno e mi incuriosiscono. Mi sembrerebbe assurdo rifarmi a un grande attore del passato o del presente: ognuno lavora a modo suo, io cosa andrei ad imitare? Le facce, i vestiti, gli occhiali? Anche se lo facessi, non sarebbe sufficiente".

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Claudia Catalli