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Agadah al cinema, storia di fantasmi pugliesi – La recensione

Riuscita trasposizione di “Manoscritto trovato a Saragozza” di Jan Potocki con la regia di Alberto Rondalli. Un cast importante tra cabala ed erotismo

Da Bitonto a Napoli. Ecco il cinema italiano che va da un’altra parte seguendo itinerari sbilenchi e fuori mano. Càpita con Agadah (nelle sale dal 16 novembre, durata 131’) di Alberto Rondalli, 47enne cineasta di Lecco e una interessante carriera da esplorare a partire dai tre film precedenti (Padre Pio da Pietrelcina, Il Derviscio, L’aria del lago) e ricordando regie teatrali, scuole e seminari – fra cinema e teatro – con Ermanno Olmi, Eugenio Barba e Krzysztof Kieslowski.

Attività culturale teorica e largamente messa in pratica: sorprende meno, allora, che il film di oggi replichi all’esigenza di misurarsi, da parte di Rondalli, in un’impresa oggettivamente complessa come la (libera) trasposizione di Manoscritto trovato a Saragozza del conte polacco Jan Potocki, primo e unico romanzo da lui pubblicato e ben poco frequentato dal cinema proprio per la sua architettura densa e macchinosa. Se ne ricorda un solo tentativo, peraltro riuscito, di Wojciech Jerzy Has nel 1964, nove anni prima che l’autore polacco dirigesse il magnifico La clessidra vincitore del Premio della giuria a Cannes.

Dalla Sierra Morena all’Alta Murgia il destino è lo stesso

Rispetto al romanzo, dove il protagonista deve raggiungere Madrid attraversando la Sierra Morena affollata di spiriti, il film sposta adesso l’azione in Italia: senza modificare il nome del suo personaggio principale, Alfonso van Worden (Nahuel Perez Biscayart) il quale, appena nominato ufficiale delle Guardie vallone al servizio di Re Carlo di Borbone, deve arrivare a Napoli passando per l’Alta Murgia dopo la battaglia di Bitonto che porta il Regno napoletano sotto lo scettro borbonico. Stesso destino, però. Spettri e visioni, anche qua, sono in agguato e nonostante gli avvisi del suo fido servitore, Alfonso s’avvia per i sentieri rupestri scomparendo ben presto alla vista assorbito da una dimensione arcana.

Magia diffusa, sesso, danze macabre e nozze di scheletri

E gli eventi si materializzano, trapassando in visionaria sequenza una “stazione” dopo l’altra, meglio, incastrata l’una nell’altra in un intrico ben poco descrivibile a livello narrativo ma certo da godere sul piano delle immagini e delle loro rocambolesche scorrerie sullo schermo. Si miscelano così cabala e sesso, magìa e diffusa presenza fantàsmica, attrazioni gitane e danze più o meno macabre dominate da una fantastica scena di nozze all’interno d’una chiesa affollata di scheletri tanto vivi e vibranti che non se ne vedevano di eguali dal leggendario hongkonghese  Storia di fantasmi cinesi di Siu-Tung Ching, uscito giusto trent’anni fa e diventato cult.

Dieci giorni nello spazio di una sola notte

Alla fine il cavaliere, un po’ intronato e stupefatto, si ritrova al punto di partenza: col servitore che ne acclama la ricomparsa e con la scoperta che la sua peripezia onirica e pazza, durata dieci giorni nel mondo fantastico, si è svolta in realtà nello spazio d’una sola notte. Davvero elastica, a ripensare ai fatti che vi si sono appena succeduti e ai molti personaggi che passo dopo passo, tra le pieghe di un ottimo cast, hanno i volti di Caterina Murino, Alessandro Haber, Jordi Mollà, Umberto Orsini, Pilar López de Ayala, Alessio Boni, Valentina Cervi, Flavio Bucci, Riccardo Bocci e tanti altri.

Tanti generi stilisticamente armonizzati fra loro

Che coraggio. Trovare un buco per un’opera così, sia a livello produttivo che distributivo nel muro del presente mercato cinematografico d’Italia, è un segnale di volontà intrepida e di forte vocazione al sostegno del cinema di qualità, quello che magari non appaga il box-office ma di sicuro contribuisce alla dignità culturale di tutto il comparto. Poi c’è il film in sé, che si sviluppa e si stende su una cospicua diversificazione di generi, riuscendo sempre a tener saldo e ad armonizzare stilisticamente – con modi surreali tra fantasy, horror, cappe spada e avventura - un racconto altrimenti destinato a scompaginarsi. Merito delle certezze di regìa, di uno studio accorto del testo e della sua intelligente trasformazione in fase di scrittura.

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Ra.Mo distribuzione, Ufficio stampa Storyfinders, Ufficio stampa digital Way to Blue, foto © Maurizio Buscarino
Jordi Mollà in una scena del film

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Claudio Trionfera

Giornalista, critico cinematografico, operatore culturale, autore di libri e saggi sul cinema, è stato responsabile di comunicazione per Medusa Film e per la Mostra del cinema di Venezia

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