Con il regista Nicola Conversa nelle trame dell'adescamento dei minori online
Nicola Conversa
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Con il regista Nicola Conversa nelle trame dell'adescamento dei minori online

Intervista al fondatore del gruppo comico Nirkiop, ora autore del cortometraggio "La bambola di pezza". Per mettere in guardia i giovanissimi dal grooming. «Il mostro spesso non ce l’abbiamo attorno ma in tasca e si chiama smartphone»

Una trappola a portata di smartphone. È il grooming online, l’adescamento dei minori sul web. Sono circa 500mila i predatori sessuali attivi ogni giorno in Rete secondo dati Ocse, e oltre il 50% delle vittime ha un'età tra i 12 e i 15 anni. Il cyber predatore solitamente si avvicina alla giovane vittima lentamente, sviluppando con lei una relazione intima e duratura, con l’obiettivo ultimo di estorcere attività di natura sessuale o sfruttamento di vario tipo. Si concentra su questa tematica La bambola di pezza di Nicola Conversa, il cortometraggio vincitore della quarta edizione del contest La Realtà che “non” Esiste. Dopo la presentazione alla Mostra del cinema di Venezia, il corto ora è visibile su RaiPlay; prossimamente sarà anche in Virtual Reality 360 sull’App Rai Cinema Channel VR e diventerà una serie podcast: un progetto transmediale con lancio multipiattaforma pensato a scopo divulgativo, rivolto a un pubblico giovane sempre più connesso a internet.

Il suo autore Nicola Conversa, classe 1989, è di certo uno che ne sa di web e di linguaggio rivolto ai giovani. È fondatore dei Nirkiop, gruppo comico di youtuber tarantini artefici di video virali e web series. Dopo l’esordio al cinema con il lungometraggio La Matricola con iNirkiop, il suo cortometraggio Mezzanotte Zero Zero è entrato nella cinquina dei David di Donatello 2018. È anche sceneggiatore e regista della serie teen School Hacks di Disney.

Ne La bambola di pezza la sedicenne Mia, interpretata da Mariasole Pollio, conosce in chat Diego (Giancarlo Commare), l’adescatore, che sembra il principe azzurro. Intanto Claudia Gerini, nei panni di una psicologa criminologa, descrive le varie fasi dell’amore…

Abbiamo intervistato Nicola Conversa.

Il corto La bambola di pezza, dopo la presentazione a Venezia, continua la sua strada. C’è bisogno di arrivare ai giovanissimi, di metterli in guardia. Hai scelto apposta un approccio prima quasi spensierato che poi mostra lentamente un volto torbido e pericoloso?
«Colto nel segno. Prima ho scritto la storia, che mi è stata regalata da un'amica sceneggiatrice insieme alla quale ho trovato un trafiletto di giornale sull’adescamento on line, poi ho scoperto l'esistenza del contest di One More Pictures e Manuela Cacciamani. Mi sono allora accorto che avrei dovuto scrivere e girare più come se fosse un teen movie. La tematica è già abbastanza forte e dura di suo quindi dovevo tinteggiarla di commedia teen, con quel sapore un po' alla Netflix, per concentrare la crudezza tutta nel terzo atto. Quindi sì, è registicamente voluto perché arrivasse a più persone e a un target più basso rispetto a quello a cui ero abituato a parlare».

C’è stato quindi un incontro di strade: tu volevi già parlare di grooming e il contest tematico è sopraggiunto appositamente.
«Esattamente. Avevo già una storia da raccontare ma non sapevo come e con che mezzo: purtroppo produrre cortometraggi in Italia è una zappa sui piedi, o sono a costo zero o c'è un investimento personale da cui poi è difficile rientrare. Il contest invece è una macchina produttiva incredibile: ti dà la possibilità chiavi in mano di creare una storia e di realizzarla entro un anno, cosa rarissima soprattutto per gli under 35. Altrimenti probabilmente questa storia sarebbe rimasta nel cassetto e sarebbe stato un peccato. Io stesso e anche Maria Sole, l’attrice protagonista, stiamo ricevendo centinaia di messaggi di persone che sono state delle bambole di pezza o potevano diventarle: il corto le ha aiutate a chiedere aiuto. Anche se fosse arrivato a una sola persona sarebbe stato un grande risultato, invece il corto ha fatto quello che doveva fare e che dovrebbe fare il cinema, cioè far pensare e lasciare un messaggio».

Il fenomeno dell’adescamento di minori online è aumentato sotto lockdown. Come ti sei informato sulla materia?
«Banalmente mi sono informato su internet. E la cosa assurda è che, se provi a cercare grooming, su internet trovi veramente pochissimo perché, nonostante sia un problema vero, se ne parla poco. È un problema relativamente nuovo, che durante il lockdown ha trovato il suo vertice massimo. Anche i genitori si trovano a fronteggiare un qualcosa che non conoscono bene. Ho trovato anche dei forum su cui parlare. Poi la svolta è arrivata quando ho incrociato una ragazza che ha subito un adescamento, non così brutto come quello descritto nel corto: ha interagito con un ragazzo che fingeva di essere più piccolo e, quando lo ha incontrato, - per fortuna aveva lasciato anche la posizione a un’amica - è riuscita a scappare indenne. Lei mi ha raccontato come funziona tutto.
Successivamente ho avuto la possibilità di confrontarmi con uno psicoterapeuta giovanile che mi ha spiegato che le cinque fasi, che avevo già trovato su internet e descrivo nel corto, fanno parte dell’adescamento e sono identiche nell'innamoramento: ho trovato ciò incredibilmente assurdo! Per questo il corto comincia in modo così romantico. Gli adescamenti iniziano in modo romantico, ma se li guardi con un retro occhio, ti accorgi che si va verso un film horror più che verso un film d'amore».

Ne La bambola di pezza colpisce in maniera quasi irritante come Mia sia sempre online alle prese con lo smartphone, non riesce neanche a godersi la compagnia fisica del suo amico Lorenzo (Tommaso Cassissa). Una tendenza che appartiene non solo ai giovanissimi. Non riusciamo più a stare soli, ma poi quando abbiamo qualcuno di fianco abbiamo l’urgenza di chattare con altri… Capita anche a te?
«È il grande problema che affligge tutti noi. Se vai al ristorante e alzi gli occhi vedrai che, in una tavolata da dieci, in otto hanno lo smartphone in mano. Qualche giorno fa avevo il telefono scarico, ero in metro e ho fatto caso che ero l'unico che guardava gli altri perché tutti erano al telefono. È diventato quasi un tic involontario avere lo smartphone in mano. Ad esempio c'è un nuovo social network, BeReal, in cui ti arriva la notifica e tu, dove sei sei, devi postare una foto per mostrare cosa stai facendo; in America ha già preso piede: è come se vivessimo l'epoca in cui dobbiamo mostrare a tutti cosa stiamo facendo secondo per secondo, la telecronaca della nostra vita. Mi piaceva far vedere che Mia, nonostante avesse l'amico al fianco e fosse all’aria aperta in un giardino, preferisse comunque messaggiare per vedere cosa fare il venerdì sera, con l'amico che le risponde in maniera simpatica “Sì lo, so sono qui con te”. In maniera ludica ho voluto sottolineare quello che è un problema vero: dovremmo alzare gli occhi dal telefonino».

Nel cast ci sono alcuni giovani già molto conosciuti dalle nuove generazioni e sul web, tipo appunto Tommaso Cassissa (influencer Tommycassi), poi Giancarlo Commare che è nel cast di Romulus II - La guerra per Roma, poi lei, Claudia Gerini, che con la voce guida e la sua presenza cementifica.
«Il film è stato una grande sinergia con One More. La produttrice Manuela Cacciamani mi ha dato totale libertà sul casting, fidandosi molto, e poi alla fine mi ha regalato Claudia Gerini. L'idea de La Realtà che “non” Esiste è proprio quella di prendere giovani talent e unirli a un giovane regista per costruire una storia.
Mariasole Pollio è una nativa digitale, seppur su internet si muova come un’influencer è un'attrice vera e propria. Lo stesso Tommaso Cassissa è partito dal web ma ha le spalle larghe per recitare. Per quanto riguarda Giancarlo Commare, avevo bisogno di un attore capace di questa specie di switch, di diventare improvvisamente cattivo. È stata incredibile la sua interpretazione. Mi sono innamorato artisticamente di lui, lo trovo un fuoriclasse. Claudia Gerini ho avuto l'onore di dirigerla così in giovane età: ha reso più suoi le battute e il personaggio, è stato fantastico vedere come le cose che scrivi prendono forma davanti a uno schermo e Claudia è stata molto meglio del personaggio scritto su carta. Ha sposato il progetto anche perché ha una figlia dell’età di Mia. Lei porta il punto di vista della mamma, il punto di vista generazionale. La domanda dei genitori è sempre quella: se capitasse a mio figlio cosa farei? Secondo me qualunque genitore per cinque secondi dubiterebbe».

Tu sei un grande conoscitore del web, la tua popolarità è nata proprio su YouTube con il fenomeno Nirkiop: ne vedi soprattutto le opportunità o i rischi?
«Penso che il mostro molto spesso non ce l’abbiamo attorno ma in tasca e si chiama smartphone: per quanto a volte semplifichi la vita, altre volte mette in condizioni particolarmente disagiate. Come tutte le cose, potrebbe essere anche un bel piatto di pasta, ci sono sempre il garbo e il modo giusti per affrontarle. Il web può essere qualcosa di incredibile come uno dei più grandi pericoli. Tutto va usato con parsimonia e in modo intelligente. E bisogna essere educati a farlo».

Dal punto di vista cinematografico, quali sono i tuoi registi di riferimento?
«Non ti cito registi americani perché il cinema americano lo vedo così distante… Però vedevo distante anche il Festival di Venezia – sorride Conversa -. Tra gli italiani, adoro la scrittura e la dolcezza che ha Paolo Genovese: secondo me Perfetti sconosciutiè un capolavoro di scrittura oltre che di regia. Amo Pieraccioni: Il ciclone è uno dei primi film che ho visto al cinema e se lo trovo in tv non cambio mai canale».

Tu nasci dal web. Il web, attraverso le piattaforme digitali, ha cambiato le nostre abitudini di vedere film e sta affossando il cinema in sala? Vai ancora al cinema?
«Vado ancora al cinema e uso le piattaforme. Credo che i due mezzi di fruizione possano coesistere. Checché se ne dica, nessuna grande televisione e nessuna grande piattaforma potranno restituire l’esperienza cinematografica: la poltrona, il buio, l’attenzione che poni quando vai al cinema… a casa, è inutile che ci prendiamo in giro, quando vedi un film ti distrai con lo smartphone. Quando ti siedi in sala c’è proprio una magia che non morirà mai. Sicuramente servono prodotti all’altezza: sto notando che ultimamente spesso si vive di high concept, grandi idee, ma si dimentica che il fulcro di tutto dovrebbe essere la scrittura. Vado al cinema, fruisco di tutte le serie immaginabili, ma non riesco a vedere un futuro senza cinema».

Progetti in cantiere?
«Sto scrivendo insieme ad altri sceneggiatori una serie che andrà in tv, di cui curerò la regia. Poi ho scritto la mia opera prima cinematografica, che è in pre-produzione».

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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