Ronnie James Dio, Rainbow in the dark
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Musica

Ronnie James Dio: la vera storia dell'icona dell'heavy metal

In esclusiva un estratto dal libro dedicato al leggendario frontman dei Rainbow e dei Black Sabbath

L'adolescenza in una band di teppisti, la gavetta come cantante doo-wop a Las Vegas negli anni Sessanta, i trionfi internazionali con i Rainbow di Ritchie Blackmore, lo storico chitarrista dei Deep Purple, con i Black Sabbath dove prese il posto di Ozzy Osbourne , e infine con la sua band solista semplicemente denominata Dio.

Aveva una voce inconfondibile e potente che ha lasciato ll segno in album straordinari, Ronnie James Dio, Basti citare Rising e On Stage con i Rainbow, oppure l'epico Heaven and Hell dei Black Sabbath e poi ancora Holy Diver, il disco d'esordio della sua band solista. Tutta la sua vita e la sua storia sono ora racchiuse in un'autobiografia (Rainbow in the dark) edita da Tsunami realizzata dal frontman stesso e completata negli anni successivi alla sua morte dal giornalista Mick Wall e dalla moglie Wendy.

Qui sotto, un estratto dal libro riferito al periodo più buio e difficile con i Black Sabbath durante il mixaggio del controverso disco dal vivo Live Evil.

"Io e Tony Iommi iniziammo a discutere molto e finivamo spesso con l'urlarci in faccia. Il livello di sfiducia reciproca era diventato eccessivo. Nell'estate del 1982, durante una pausa del tour, iniziò il mixaggio di quello che sarebbe diventato Live Evil, un doppio album dal vivo, e le cose cominciarono a precipitare.

Secondo la leggenda, la spaccatura avvenne perché io e Vinny ci intrufolavamo nello studio, mentre Tony e Geezer non c'erano, per migliorare voci e batteria nel mix, abbassando le loro parti. Non è vero. La sola idea che io possa aver fatto qualcosa di simile è offensiva. La verità è che Tony e Geezer erano diventati degli animali notturni. Avevamo lo studio prenotato ogni giorno dalle due del pomeriggio, ma Tony e Geezer potevano pure non farsi vivi sino a sera. A me non piace perdere tempo, quindi iniziavo a lavorare. Se proprio vogliamo, le eventuali manomissioni potevano avvenire dopo che lasciavo lo studio. Tony e Geezer passavano tutta la notte là dentro da soli.

Ma non è questo il punto. Il vero problema, come sia Tony che Geezer avrebbero poi dichiarato più volte alla stampa, era che entrambi temevano che io stessi cercando di prendere il controllo del gruppo. Niente di più lontano dalla verità. Certo, avevo preso le redini di tutte quelle faccende in cui né Tony né Geezer volevano essere coinvolti, tutte cose che accadevano lontane dallo studio, ma quando si trattava di musica, io ero la stessa persona con cui Tony era stato così contento di lavorare all'inizio.

Anni dopo, quando ormai eravamo tutti andati avanti con le nostre vite, ci siamo trovati d'accordo nel dire che quanto accadde fu simile alle tragedie che erano capitate a molte rock band, in un periodo in cui i musicisti consideravano ancora le droghe come la cocaina degli "strumenti creativi". Ripensandoci, comunque, non fu solo dovuto al fatto che Tony in particolare era stato momentaneamente «accecato dalla neve». Aveva a che fare con tutto il passato complicato dei Black Sabbath, unito alla mia ferma determinazione a non voler essere comandato a bacchetta come era successo verso la fine della mia esperienza con i Rainbow.

Il risultato finale fu un doppio album col quale ebbi ben poco a che fare e dal quale, quando finalmente sentii come lo avevano lavorato, fui molto deluso. Al di là della mia voce, molte parti erano state infarcite di sovraincisioni fatte in studio. Il pubblico si sente a malapena. Per me fu un'opportunità sprecata, avremmo potuto lasciare una prova tangibile dei nostri giorni assieme come una delle più grandi live band di tutti i tempi. Invece, quando il disco uscì nel dicembre del 1982, io me n'ero ormai andato dai Black Sabbath. L'ultima goccia fu quando seppi che Tony aveva provato a fare in modo di tenermi fuori dallo studio. Tentai di parlargliene, ma non si faceva trovare. Questo era lo stesso Tony con cui avevo dato vita alla rinascita dei Sabbath appena un paio d'anni prima.

Dietro insistenze da parte di Tony, Geezer mi telefonò per dirmi: «Non penso che le cose stiano funzionando. Vogliamo che Tony produca il disco da solo». Leggasi: non mi volevano più attorno.

Gli dissi: «Quindi, se non volete che io sia coinvolto in questo album, mi state dicendo che è finita?».

Geezer rispose: «Beh… sì, credo sia così». Non erano mai stati capaci di dire le cose in faccia. Era stato tutto un modo per obbligarmi ad andarmene. Come era già accaduto con Ritchie e i Rainbow, quando ricevetti quella telefonata avevo comunque già un piede fuori dalla porta.

Avremmo potuto essere i migliori al mondo e se non ci fossimo riusciti avremmo comunque potuto separarci come amici, persino fratelli. Invece la nostra relazione personale si era rovinata sino al punto in cui, aggiungendo la beffa al danno, sulla copertina di Live Evil mi chiamarono semplicemente Ronnie Dio e lo fecero apposta. Sapevano quanto ci tenessi a usare sempre il mio nome completo. Lo fecero soltanto per fare gli stronzi".


La cover di Rainbow in The DarkTsunami

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Gianni Poglio