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La serie A fattura 270 milioni in meno della Bundesliga. De Laurentiis e Lotito: “Riformare”

La Germania è un punto di riferimento, mentre l’Italia insegue anche nello spread del pallone. Negli ultimi anni, infatti, il differenziale tra la Serie A e la Bundesliga è costantemente peggiorato: dal dato di -172 milioni del campionato 2007-2008 al -270 del 2011-2012. Migliore soltanto della francese Ligue 1 (-290) ma superiore alla Premier League inglese (-174) e alla Liga spagnola (-146). La nostra massima categoria, infatti, è cresciuta dal punto di vista dei ricavi (+2,5 per cento nel triennio 2009-2012) ma non abbastanza: nello stesso arco di tempo il massimo campionato inglese tocca un +17,7 per cento, quello tedesco +12,5 per cento, quello spagnolo +8,8 per cento, il francese +6 per cento.

Sono alcuni dei numeri raccolti nel libro Il calcio conta. Annuario di infografiche nel pallone scritto da Michele Uva, ex responsabile del Centro Studi della Figc e oggi direttore generale della Coni Servizi, il giornalista Gianfranco Teotino e Niccolò Donna (edizioni Bur- Rai Eri). Il volume composto da 42 tavole sviluppate da Gianni Sinni è stato presentato giovedì scorso al Foro Italico. ”È nato da un’intuizione di Rai-Eri, un’idea vincente” spiega Uva “Proporre un testo contenente un nuovo modello di comunicazione. Le tavole mettono insieme centinaia di numeri e tabelle che non ci portano certo ad essere allegri, ma ci danno l’opportunità di fotografare la situazione e individuare i possibili ambiti di crescita”.

“Bisogna cercare di dare valori ai dati” aggiunge Donna “Il settore economico è cresciuto da 500 milioni a a 1,5 miliardi di euro di fatturato lordo in 15 anni. Allo stesso tempo, però, c’e’ stata da parte di quasi tutti gli addetti ai lavori una sottovalutazione degli investimenti a lungo termine che ha portato a una crisi nei confronti di campionati esteri un tempo meno blasonati del nostro. Il calcio ha comunque una solida base per cercare di colmare questo gap”.

Alla base del problema, spiega il volume ci sono stadi desueti con un’età media che ormai sfiora i 64 anni: nessun impianto italiano è considerato dall’Uefa in categoria elite. Un esempio il modello Germania dove gli stadi nel periodo 2003-2012 hanno fatto invece registrare incrementi al botteghino del 113 per cento e concorrono per quasi un terzo ai ricavi complessivi del massimo campionato teutonico. Buona anche la performance della Liga, con un 57 per cento in più, a fronte dell’11% in più in Italia. Serie A indietro anche nel settore delle sponsorizzazioni e delle attività commerciali, mentre risulta leggermente più avanti sul fronte (più che altro una necessità) del taglio dei costi, a partire da quello del lavoro.

La colpa, insomma, non è soltanto della crisi, ma anche di un sistema che ha bisogno sempre più urgente di riforme. Hanno fatto parecchio scalpore, a questo proposito, le parole del patron napoletano Aurelio De Laurentiis: ”Una Federcalcio matrigna, da noi finanziata, e i connubi tra Lega e Figc, ci hanno portato a un calcio figlio di un dio minore a livello europeo”, ha spiegato. ”Bisogna uscire da un atteggiamento farisaico e avere il coraggio di fare scelte: su infrastrutture, compatibilità del numero squadre, una riforma dei campionati tenendo conto dell’auto consistenza e delle qualità delle squadre ha aggiunto il numero uno della Lazio, Claudio Lotito “Oggi abbiamo campionati ridicoli, la mia proposta e’ di portare a 18 squadre la Serie A e la Serie B”.

Niente di più facile che delle due proposte (che potrebbero contare su una maggioranza trasversale di favorevoli, anche in ottica di nuova legge sugli stadi e redistribuzione deidiritti tv del prossimo triennio) si torni a parlare in occasione del prossimo consiglio di Lega.

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