La fitoterapia contro il Coronavirus
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La fitoterapia contro il Coronavirus

I medici cinesi arrivati in Italia hanno portato anche medicinali basati su erbe e fiori, molto usati nel loro paese, con ottimi risultati

I nove medici cinesi arrivati a Roma in marzo, quando nel nostro Paese la percentuale di crescita giornaliera dei contagiati da Covid-19 si aggirava attorno al 20% (oggi siamo all'1,5%) , avevano portato con sé da Shangai - oltre a ventilatori, elettrocardiografi, mascherine e guanti sterili – anche numerose confezioni di capsule "Lianhua Qingwen": si tratta di preparazioni di medicina tradizionale cinese, utilizzate nel Paese orientale fin dagli anni della Sars e dell'influenza H1n1, per il trattamento del raffreddore e dell'influenza, soprattutto in relazione alla mitigazione di sintomi come ostruzione nasale, mal di gola, catarro, febbre e tosse.

Le capsule, a base di erbe medicinali tra le quali Forsythiae Fructus, Ephedrae Herba e Lonicerae Japonicae Flos sono state inserite nella sesta e settima versione del "Piano di diagnosi e trattamento per l'infezione COVID-19" della China Health and Health Commission: e a fine marzo Liu Qingquan, responsabile dell'Ospedale di Medicina Tradizionale Cinese di Pechino, durante una conferenza stampa ha dichiarato che le Lanhua Qingwen si sono dimostrate efficaci nel trattamento dei casi di COVID-19 lieve.

Le confezioni arrivate in Italia, nel frattempo, sono state stoccate in attesa di eventuali future validazioni: sulla loro efficacia, ma soprattutto su quanto la fitoterapia, cioè lo studio scientifico delle proprietà curative di piante ed erbe, in generale possa essere di aiuto nel contrastare gli effetti del Covid-19 (anche in previsione di una seconda ondata autunnale, data per probabile da numerosi virologi) abbiamo intervistato il professor Fabio Firenzuoli, responsabile del Centro di ricerca e Innovazione in Fitoterapia (CERFIT) dell'Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze e membro della Commissione Nazionale di fitovigilanza.

Le capsule arrivate dalla Cina. Potrebbero essere utilizzate in Italia, soprattutto nei casi lievi di Covid-19?

«Ritengo che ad oggi potrebbero forse essere utilizzate per una sperimentazione autorizzata dall'AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), ovviamente se rispondono ai criteri previsti, perché si tratta di medicinali tradizionali cinesi, non registrati come tali in Europa. E' bene ribadire, però che si tratterebbe solo di terapie complementari, per rafforzare la risposta immunitaria dei soggetti, o integrate ai protocolli di cura già in uso.Riguardo specificamente a queste capsule, già da qualche anno sono stati pubblicati studi sulla loro efficacia durante le epidemie di influenza, e sulle pandemie SARS e H1N1, ed aspettiamo i primi risultati approfonditi degli studi cinesi su pazienti COVID. Però, anche se l'intera preparazione non è ancora utilizzabile in Italia –perché vi sono all'interno erbe non ammesse, come l'efedra- è anche vero che molte erbe presenti nelle capsule sono, dal punto di vista regolatorio, già utilizzabili in Italia».

Quali sono, nel dettaglio?

«Sicuramente l'astragalo, che è un'erba che definirei a metà strada tra la medicina tradizionale cinese e la nostra occidentale. E' una leguminosa con proprietà immunostimolanti, sulla quale esiste già una monografia dell'OMS che ne riporta tutte le caratteristiche di farmacologia clinica: inoltre è già studiata da tempo in protocolli di ricerca come terapia complementare in ambito oncologico, proprio per dare un supporto ai malati di cancro. E poi c'è la liquirizia, approvata anche dall'EMA (agenzia europea per i medicinali) che, nonostante le sue controindicazioni e effetti collaterali, ha una potente attività antinfiammatoria sistemica: e noi sappiamo che il Covid causa un vero e proprio "incendio" infiammatorio a livello polmonare. Inoltre la glicirizzina, presente nella liquirizia, sperimentalmente ha dimostrato interessanti attività antivirali ed è stata testata negli ultimi 10 anni su diversi virus, compresi i coronavirus (non sul Covid, che ancora non esisteva). Quindi già queste due piante, note e molto utilizzate, potrebbero essere inserite in trial di ricerca. Ma oltre a queste, potremmo studiare e utilizzare anche altre sostanze ed erbe medicinali, non presenti nelle capsule cinesi ma che fanno parte della nostra tradizione e hanno una documentata efficacia, non sul Covid, ovviamente, ma sulle sindromi influenzali: potrebbero essere quindi un aiuto, un'arma in più da affiancare alle cure –chiamiamole così- convenzionali».

Sono piante già validate quindi, e registrate come medicinali?

«Esattamente. La colchicina, un medicinale di origine vegetale per la cura della gotta, è attualmente in fase di studio su pazienti Covid, perché potente antinfiammatorio: viene usato per curare tosse, raffreddore e stati infiammatori. Ma di erbe medicinali efficaci ce ne sono molte, letteratura alla mano: dalla Andrographis, sempre di origini cinesi, anch'essa efficace come antiinfiammatorio, al Pelargonium, un geranio del quale si utilizzano gli estratti di radice, che proviene dalla medicina tradizionale africana.Questo è l'esempio di una pianta ormai diventata europea, con tutti i requisiti di sicurezza di un medicinale: si può utilizzare anche in preparazioni galeniche, a parte il fatto che è anche reperibile in integratori. E potrebbe essere anche molto utile ora, per pazienti ovviamente non gravi, perché negli ultimi anni proprio sul Pelargonium sono stati pubblicati numerosi studi di tipo pre-clinico, specificamente su proprietà antivirali: e quindi, nelle mani del medico, potrebbe diventare uno strumento già utilizzabile ai primi sintomi infuenzali.Un'altra pianta che in Europa è già registrata, e quindi utilizzabile, è l'Echinacea. Questa è di origini nord-americane, ed è utilissima come preventivo di sindromi influenzali. Su questa, come sul pelargonio, esistono già studi clinici, con revisioni sistematiche. Naturalmente, come tutte le piante medicinali, devono sempre essere utilizzate con criteri medici, perché hanno anche controindicazioni e effetti collaterali».

E' importante anche stimolare i responsabili della sanità –sia pubblica che privata- sulla possibilità di integrare le terapie, avvalendosi anche delle preparazioni fitoterapiche?

«Ritengo che possa essere molto importante. E proprio per questo fin dai primi giorni di epidemia, al CERFIT ci siamo chiesti –a maggior ragione dato che ci occupiamo di piante medicinali, studiando fitoterapia all'interno di una struttura pubblica- se potevamo essere di aiuto per questa problematica..Sapevamo già dai tempi della SARS che la medicina tradizionale cinese ha sempre offerto una serie di preparazioni sulle quali ci sono delle evidenze di tipo epidemiologico. Già a fine febbraio sono state pubblicate revisioni importanti, in letteratura medica, sulle medicine tradizionali : si è avuta la conferma della loro efficacia, è stato pubblicato su Nature (ma anche su altre riviste scientifiche) un articolo relativo a trials autorizzati con preparazioni tradizionali cinesi per valutarne l'efficacia, ovviamente con metodologie di tipo scientifico, e non solo osservazionale.Speriamo, a breve, di poter avviare una sperimentazione lavorando con le istituzioni sanitarie infettivologi e virologi, con lo scopo di offrire anche terapie complementari controllate».

Naturalmente, parliamo sempre di utilità della fitoterapia in pazienti con sintomi lievi e nei primissimi stadi della malattia, giusto?

«Certo, parliamo di rimedi che possono essere un utile strumento a scopo preventivo o complementare nei numerosissimi positivi asintomatici o paucisintomatici: persone che al momento, se non hanno sintomi di particolare importanza, sono a casa in isolamento domiciliare e non assumono alcun medicinale. E che invece potrebbero trovare giovamento nell'uso di certe erbe medicinali, che come abbiamo visto presentano un ventaglio di effetti biologici sfruttabili. Non si tratta certo, chiariamolo bene, di creare facili illusioni nei malati. Anzi, massima attenzione alle tante fake news relative al "mondo del naturale" che ascoltiamo e leggiamo quotidianamente! I pazienti devono affidarsi esclusivamente agli esperti del settore, in modo tale che –quando possibile e nelle forme consentite- vengano utilizzati fitoterapici ma di utilizzare rimedi che sono già sperimentati e validati che possono alleviare la sintomatologia e ridurre il rischio di evoluzione in forme più importanti».

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Maddalena Bonaccorso