Google: non c'è spazio (o quasi) per le minoranze
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Tecnologia

Google: non c'è spazio (o quasi) per le minoranze

Big G pubblica i dati sulle differenze di genere dei propri dipendenti: in gran parte uomini, pochi appartenenti a minoranze linguistiche

Qualche ora fa Google, una delle più grandi compagnie tech al mondo, ha aperto a tutti le porte dei propri uffici, almeno virtualmente. Con un post sul proprio blog , l'azienda ha pubblicato i profili generali dei propri dipendenti, considerando le filiali sparse per il pianeta. 

La panoramica mostra uno dei problemi maggiori della società, peraltro ben conosciuto e ammesso da Google stessa: la difficoltà a differenziare i propri dipendenti. Secondo i dati di Big G, ci sono 7 uomini ogni 3 donne, rispettivamente il 70% e il 30% del totale, quasi tutti di etnia bianca, il 61% del numero complessivo. Subito dopo ci sono gli asiatici (30%) e più staccati gli ispanici (3%).

Sono numeri importanti ma che non sorprendono più di tanto, almeno nel settore della tecnologia dove la percentuale di impiegati di sesso maschile può essere ben più alta, raggiungendo anche l'83% dell'intera azienda

E' quindi un problema solo di Google? In realtà sarebbe generale visto che, come mostrano i risultati di un'analisi sul mercato globale del lavoro , l'occupazione femminile è ancora molto ridotta, nei confronti di quella maschile.

"Google è lontana da quello che dovrebbe essere la diversità - si legge sul blog - ed è difficile affrontare questo tipo di tematiche se non si è disposti a discuterne apertamente". Laszlo Bock, vice presidente del settore "People Operations" di Google ha spiegato come siano diverse le ragioni per cui le compagnie che operano nel settore della tecnologia tendono a standardizzare i propri dipendenti. "Ad esempio, negli Stati Uniti solo il 18% delle donne si laurea in una disciplina tecnica o legata al mondo dell'informatica; circa il 10% di ragazzi appartenenti a etnie considerate minori, come neri e ispanici, arriva alla fine del college e meno del 5% a laurearsi".

Insomma per Google va migliorato l'intero sistema educativo, ma non solo. "Stiamo lavorando con i college che hanno un'alta frequenza di ragazzi appartenenti a diverse categorie sociali per incentivare la conoscenza e le possibilità lavorative del settore dell'informatica. Siamo i primi ad ammettere di non essere quel tipo di azienda che vorremmo, pronta ad abbracciare le diversità". 

L'importante è capire come migliorare. Google Diversity è un buon punto di partenza.

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Antonino Caffo

Nato un anno prima dell’urlo di Tardelli al Mondiale, dopo una vita passata tra Benevento e Roma torno a Milano nel cui hinterland avevo emesso il primo vagito. Scrivo sul web e per il web da una quindicina di anni, prima per passione poi per lavoro. Giornalista, mi sono formato su temi legati al mondo della tecnologia, social network e hacking. Mi trovate sempre online, se non rispondo starò dormendo, se rispondo e sto dormendo non sono io. "A volte credo che la mia vita sia un continuo susseguirsi di Enigmi" (Guybrush Threepwood, temibile pirata).

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