2017
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Il mondo che vorrei nel 2017? Dipende da me

Il 2016 è stato un anno dove odio e paura hanno lasciato un segno profondo. Ma il cambiamento inizia da ognuno di noi

di Oscar di Montigny

La creatività e la capacità di astrarre sono le caratteristiche che hanno sempre reso l’uomo diverso dalle altre specie che abitano questo Pianeta, nonché unico per la sua capacità di plasmare il mondo in cui vive. Ciò può avvenire migliorandolo o peggiorandolo, oppure perfino distruggendolo. E, com’è noto, le guerre plasmano distruggendo, non costruendo.

Questo ultimo anno è coinciso con un momento storico molto particolare, che tanto assomiglia a una di quelle stagioni che gli esseri umani impongono a sé stessi a intervalli abbastanza regolari. Come leggevo su un articolo di Tobias Stone, poi riportato sia da The Guardian che dall’edizione americana del Huffington Post, archeologo e antropologo, dovremmo imparare a guardare ai cicli storici su una prospettiva temporale molto più lunga di quella di una persona normale, mentre è facile immaginarsi che la prospettiva della maggior parte di noi nel guardare alla storia sia limitata a un arco temporale che va dall'esperienza comunicata dai propri genitori e nonni a quella prospettica che contempla, oltre a è stessi anche i propri figli e, per i meno giovani, i propri nipoti.

Basterebbe però considerare chi fra noi non ha ricordi dei nonni e magari non ha né figli né nipoti, per ridurre questa prospettiva a un arco di 50-100 anni.

Per andare al di là di questo arco, scriveva Stone, si dovrebbe leggere e studiare per imparare a distinguere i fatti realmente accaduti dalla propaganda che è inevitabilmente ricorra in ogni racconto della storia. In poche parole, falliremmo certamente ogni qualvolta non valutassimo un argomento se non alla luce di almeno altri due, se non tre diversi punti di vista. Cambiando così la nostra inquadratura sulla Storia, osserveremmo come noi esseri umani abbiamo l'abitudine ricorrente di condurci in fasi di distruzione di massa, generalmente autoimposte in una certa misura o in un’altra. E basterebbe che scorressimo l’elenco delle guerre avvenute nel corso del tempo per capire esattamente cosa intendo: scoprire infatti come le guerre siano in realtà la norma per noi esseri umani.

Nel suo articolo Stone faceva riferimenti interessantissimi in tal senso, partendo dalla peste nera che ha devastato l'Europa per giungere fino a Hiroshima o all'Olocausto, provocando il lettore che, per quanto potesse cercare di immaginarsi come fossero stati realmente quei momenti, la sua immaginazione mai si sarebbe potuta avvicinare alla verità di coloro che invece quei momenti li avevano vissuti così intensamente da far credere loro che quella fosse veramente la fine del mondo.

Ma una caratteristica distintiva degli esseri umani, oltre che distruggersi fra loro, è al contempo la loro capacità di recupero. È infatti altrettanto evidente che siamo stati capaci di sopravvivere alla peste, sebbene per le persone del tempo sarebbe sembrato incredibile anche solo immaginare che la loro società sarebbe perfino progredita dopo quel momento terribile.

Doveva essere inconcepibile che gli esseri umani sarebbero ripetutamente risorti dopo crisi come quelle avute in coincidenza del crollo dell'Impero Romano, della diffusione della peste nera (the Black Death), dell’Inquisizione Spagnola, della Guerra dei Trent'anni, della Guerra delle Rose o della Guerra civile inglese. Tutti eventi di distruzione di massa da cui l'umanità è risorta per andare avanti nella sua evoluzione, e per di più molto spesso anche in una forma e condizione molto migliori.

Sebbene all’interno della propria dimensione sociale spazio-temporale la gente possa pensare che le cose non vadano poi così male, non significa che su una scala maggiore le cose non possano rapidamente andare fuori controllo fino a diventare inarrestabili, provocando distruzioni di massa che poi coinvolgono tutti indistintamente. Per le persone che vivono in mezzo a tutto questo è molto difficile vedere ciò che sta accadendo, ma ancor più difficile comprenderlo, perché per farlo bisogna saper connettere tutti i micro segnali di allarme. Se si pensa ad esempio a una delle guerre che ha maggiormente devastato l’Europa, dubito fortemente che qualcuno al momento pensava che l'uccisione di un reale europeo di minore importanza potesse portare alla morte di milioni di persone.
Dobbiamo estendere la nostra proiezione fino all’dea di ‘ciclo’.

Non so dove ci stiamo trovando esattamente all’interno del ciclo attualmente in corso, ma non credo di sbagliarmi nel dire che ci troviamo in una fase molto critica di questo, in cui diviene indispensabile fare tre cose: allargare la propria prospettiva ben oltre i 50-100 anni a cui invece naturalmente propendiamo; fare una lettura critica degli avvenimenti, e provare a congiungerli fra loro a livello globale anche se avvengono a distanza di spazio e di tempo; leggere, pensare, e ascoltare più punti di vista, anche opposti al proprio. E soprattutto questo ultimo punto è difficilissimo per tre ragioni. Primo: naturalmente propendiamo a individuare in tutto ciò che incontriamo, persone e fatti, solo conferme della nostra tesi. Secondo: in genere non amiamo essere contraddetti, e l’essere capaci di cambiare punto di vista, ancor più se pubblicamente, è un’impresa veramente per soli eroi. Terzo: i social network, che sono oramai le nostre vere fonti di approvvigionamento, funzionano bene grazie ad algoritmi che ci fanno incontrare tendenzialmente solo contenuti e persone a noi affini, e il consumo che facciamo di questi contenuti è spesso solo molto superficiale e quasi mai da noi verificato alle fonti.

Nell’anno che sta per iniziare non possiamo più esimerci dal sensibilizzarci maggiormente per capire se non stia accadendo qualcosa di veramente pericoloso. Se così fosse, non preoccuparti o allarmarti; chiediti piuttosto cosa poter fare nel tuo quotidiano, non per proteggerti dal pericolo ma per evitare che una situazione di pericolo si inneschi. Qualsiasi storico ti direbbe che alcuni fatti che stanno accadendo oggi sono già indicatori di un prevedibile pericolo. Quando ciò accade, continuava similmente anche Stone nel suo articolo, le persone sono indotte a sentire di aver perso il controllo del loro Paese e del proprio destino, la gente cerca capri espiatori, un leader carismatico cattura l'umore popolare, e individua quel capro espiatorio. Parla con una retorica che non ha nessuna profondità, e istiga alla rabbia e all'odio. Presto le masse, spaventate dal pericolo paventato, iniziano a muoversi unite ma senza alcuna logica, e tutto rischia di diventare inarrestabile. È stato così per Hitler, Mussolini, Stalin, Mugabe e tanti altri. La procedura è sempre la stessa e inizia con l’indurre rabbia e odio popolare/nazionale verso chi viene indicato come il nemico e poi il processo diventa inarrestabile nonostante, guardandosi poi indietro a distanza di anni, sembri inconcepibile che la gente possa creare una situazione in cui decine di milioni di persone muoiono senza ragione. Eppure reiteriamo questi comportamenti ciclicamente da secoli.                     

C’è un elemento però che non va sottovalutato, mai. Mai perché è sempre ricorso a ogni grande devastazione. Al momento in cui tutto inizia, le persone non si rendono conto che stanno per intraprendere un percorso che porterà ad un periodo di distruzione. I loro leader sono spesso ottimi comunicatori che usano la passione, la rabbia e la retorica per essere applauditi da folle affascinate, il che li induce anche a perdere il minimo spirito critico e a credere di avere sempre ragione; le critiche che gli vengono rivolte vengono spesso derise, e chi non la pensa come loro viene isolato. Insomma, narcisisti carismatici che, nutriti dalla folla, divengono sempre più forti attraverso la creazione del culto personale.


Ora, prima guardando ad alcuni dei leader di oggi che guidano i Paesi più importanti nella geopolitica del nostro pianeta, poi ad alcuni fatti che stanno occorrendo in questi mesi, mi fermo, faccio un respiro profondo, mi faccio delle domande, e rifletto. Non possiamo più ignorare quello che sta accadendo. Potrebbe non essere tanto diverso dall'ignorare un medico che ti dice di smettere di fumare, per poi scoprire dopo anni che hai sviluppato un cancro incurabile. Un piccolo segnale può portare ad una distruzione inarrestabile che avrebbe potuto essere evitata se si fosse stati più attenti, critici, sensibili, e soprattutto responsabili.


Io sono un inguaribile ottimista-realista, e non voglio arrendermi a credere all’inevitabile. Non so quindi che cosa sarà, ma so che stiamo entrando in una fase difettosa che se non verrà interrotta, sarà spiacevole per coloro che la vivranno. Gli esseri umani usciranno comunque da questo tunnel e risorgeranno ancora. Staremo meglio, staremo bene, e saremo migliorati. Io però sento che possiamo stare altrettanto bene senza necessariamente passare da lì. Allora restiamo attenti, resistiamo alle manipolazioni che hanno come scopo quello di generare in noi paura e rabbia, e soprattutto non dividiamoci. La paura di un'altra guerra mondiale ha quasi fermato la seconda Guerra, ma non l'ha fatto. Spostiamo dunque la riflessione dal problema del conflitto bellico – che è solo l’effetto – alla causa che ne è all’origine. Cosa ci induce a combattere? Il principio mors tua, vita mea regna in tutti i settori, dallo sport alla politica, dalle relazioni sociali a quelle di business, in ufficio, al semaforo, in famiglia, nelle assemblee condominiali, allo stadio.

E la cura e diffusione dell’etica, o semplicemente del buon senso, sono spesso relegate a mondi in cui regnano la morale e il dogmatismo. Non credo che la religione da sola sia ancora adeguata a costituire l’unico fondamento dell’etica. Piuttosto, dovremmo trovare un approccio laico alla mancanza di etica che possa essere accettabile da chi ha fede e da chi non ne ha. I valori sono trasferibili solo attraverso l’istruzione. In tutti i campi della nostra vita c’è bisogno di tornare a un sistema di valori condiviso, insegnato, e quindi incarnato nella società civile.


Perché questo accada, ogni uomo ha innanzitutto l’obbligo di educarsi. E mentre aspettiamo sia che la politica si adegui convertendosi a questa necessità civica – obiettivo sul quale non ha in realtà alcun interesse perché un popolo è meglio governabile se ignorante – sia che la religione si sappia rinnovare nelle sue forme e nei suoi messaggi, io penso alla responsabilità che in tal senso debbo prendermi come individuo, in tutti i ruoli che incarno: cittadino, padre, marito, manager.

Per questo sono profondamente grato a un concetto che, quando lo sentii esprimere per la prima volta da Patrizio Paoletti, ebbe un effetto dirompente nella mia vita: “Ogni uomo è un educatore”. Da quel giorno questa idea mise nelle mie mani la responsabilità di quanto stava accadendo nel mondo. Per l’anno nuovo voglio un mondo che dipenda solo da me… solo da te… solo da noi: un mondo di Pace, che non è solo assenza della guerra ma soprattutto uno stato di pace nel cuore e nella mente degli uomini. Il mondo ci sta cercando… lasciamoci trovare!

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