Huawei P8, perché è diverso dagli altri smartphone
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Huawei P8, perché è diverso dagli altri smartphone

Il top di gamma svelato a Londra è una somma di tante piccole nuove funzioni, alcune interessanti e molto utili. Con cui sfida Apple e Samsung

da Londra

Una prova di forza. Un segnale chiarissimo lanciato alla concorrenza, Apple e Samsung in testa, nominate a più riprese nel corso di una presentazione lunga quasi 90 minuti. Non certo per omaggiarle, ma per sfidarle sul loro stesso terreno. Per dimostrare, numeri alla mano, quanto i nuovi prodotti appena svelati siano diversi. Anzi migliori, almeno sulla carta. Fa sul serio Huawei, e mentre fuori un sole estivo schiaffeggia Londra, in una sala buia dell’Old Billingsgate, venue per eventi mondani, mostra il suo nuovo P8 con display da 5,2 pollici e una versione extra large, il P8 max, con schermo da 6,8 pollici. Uno già disponibile in Italia, l’altro in arrivo tra un mese.

Ma no, per una volta non è la solita litania di fotocamere da tot megapixel (13 per la cronaca) e processori a cuori plurimi (otto, per completezza): la casa cinese prova a distinguersi per le funzioni e il look dei suoi nuovi top di gamma. «Inizia da qui un nostro nuovo viaggio. Uno smartphone bello aiuta a creare cose belle. Questa serie innalza la bellezza a un nuovo livello» dice in apertura dal palco Richard Yu, numero uno del consumer business group di Huawei. «Vogliamo che i nostri smartphone siano riconoscibili anche a tre metri di distanza. E siano comodi da tenere in mano. Anche dopo un uso prolungato. Che risultino stabili nel palmo, anche quando fa caldo e, può succedere, le mani cominciano a sudare» gli fa eco Joon Kim, vicepresidente del mobile design conversando con Panorama.it in una saletta dopo la presentazione.

Huawei P8, il video

Possono sembrare dettagli, minuzie, e però l’impressione che il colosso d’Oriente stavolta non abbia lasciato nulla al caso. Parlavamo della fotocamera: la piattezza sulla scocca è totale. Non ci sono sporgenze come nei territori della mela morsicata (il parallelo ricorrente è con l’iPhone 6 Plus) o dell’ultima creatura dei coreani di Samsung. «Abbiamo eliminato tutti gli elementi che non servono. Per noi guadagnare anche un decimo di millimetro di spessore è fondamentale» ci dice Kim. La qualità è in tutti i dettagli, dal caricatore alle cuffie, persino nella scatola. Ci sono varie custodie per proteggere il telefono, inclusa uno con un ingegnoso schermo identico a quello dei lettori di eBook, che consente di tenere sott’occhio tutte le notifiche, di vederle anche nella piena luce del giorno e di non stressare troppo la batteria.

Lo spessore del nuovo Huawei P8, visto nella sua confezione originale

Batteria che, dicono, dovrebbe durare il 20 per cento in più rispetto al P7, mentre il processore è più performante dell’80 per cento rispetto alla generazione precedente. Come fa a evitare che le prestazioni siano troppo energivore? Con una strategia doppia. Capendo cosa stiamo facendo col telefono e modulando gli sforzi di conseguenza: una telefonata richiede una marcia bassa, un videogioco in Hd ne innesca una altissima. Ancora, c’è un software che blocca le app che succhiano carica in modo automatico. Si arriva a un giorno pieno con uso assiduo.

Parlavamo di automatismi. Ecco il refrain sbandierato di continuo da Huawei. Sì, il P8 ha una stabilizzazione dell’immagine doppia, quando si scatta una foto, rispetto al 6 Plus. Permette di distinguere bene i dettagli quando si zooma e non soffre il buio. Taglia i disturbi, offre colori più naturali, migliora la resa dei selfie. Ma come ci riesce? Da solo. Senza dover impazzire dietro mille impostazioni e regolazioni come se stessimo smanettando con le ghiere di una reflex. Ci aspettiamo grandi cose, però vogliamo impegnarci il minimo sindacale, anche meno, per realizzarle. Ecco perché il telefono cattura quattro frame e non sceglie il migliore, ma li combina insieme. Così come può combinare le riprese di altri tre cellulari oltre al nostro, sincronizzandole senza ricorrere a una sala di montaggio, per dar vita con i nostri amici a filmati da più angolazioni. Roba da registi: infatti si chiama «director mode».

La promessa, vale la pena ribadirla: garantire risultati professionali con un solo tocco sullo schermo. «What you see is what you get», dicono dal palco. Ciò che vedi sul display è lo scatto che ti ritroverai in memoria.

Perché è inutile girarci intorno. È a Cupertino che Huawei guarda e ronza intorno, tentando di pungere

Capitolo connettività, terreno in cui Huawei può fare scuola agli altri. Ci sono due antenne che lavorano, così le chiamate che cascano si riducono del 50 per cento e c’è il 20 per cento in più di possibilità di riuscire a inoltrarle. Anche se stiamo viaggiando su un treno a 300 chilometri all’ora. Fronte usabilità: niente impronte digitali, il telefono si può sbloccare da un dispositivo Bluetooth che teniamo per esempio al polso. E se dovesse essere di altre marche va bene lo stesso. L’effetto wow, perché non c’è presentazione che si rispetti senza qualche momento di stupore, arriva quando Richard Yu si mette a bussare sullo schermo. Non si apre nessuna porta, ma uno screenshot è fatto. E, sempre con le nocche, si disegna un’area sul display e la si ritaglia in automatico. Niente male.

Se siamo all’estero il P8 aggiunge in automatico il prefisso internazionale per le chiamate in patria. Se siamo in un’area molto chiassosa aumenta il volume fino al 58 per cento, mentre l’auricolare (la prova durante la presentazione è stata convincente) riduce fino al 90 per cento il fastidiosissimo – soprttutto per il nostro interlocutore – soffio del vento. E se salutiamo il telefono dicendogli «hello buddy», quello si attiva; se gli chiediamo «dove sei?», non risponde che sta sul divano o sulla scrivania, sarebbe troppo, ma si mette a suonare, così individuarlo è un attimo.

Insomma, avrete capito l’antifona. Il P8 è un telefono con uno schermo e una fotocamera e un processore e un design che può piacere di più o di meno, questione di gusti, ma – Apple lo insegna – ha piccoli tocchi che combinati insieme rendono l’esperienza quotidiana più gradevole e funzionale. L’anno scorso, il P7, impiegò all’incirca un mese per superare il traguardo del milione di pezzi venduti. E non era ancora uscito su tutti i mercati, almeno non ufficialmente. Era la prova, non ancora l’ennesima, che un altro paradigma nel mercato degli smartphone esiste e ha successo. Anzi, sta diventando preminente: si possono offrire modelli con caratteristiche premium, un design indovinato, a un prezzo ragionevole. O comunque non a rate da infarto o da tracollo per la disponibilità della carta di credito. Il P8 parte da 499 euro. Non da 749 euro o 829 euro come altrove.

Un dettaglio del nuovo Huawei P8 max

Da 549 euro in su, un salto non dolorosissimo per un'utenza business che dovrebbe apprezzare il genere, è invece il cartellino del P8 max, telefonone quasi tablet da 6,8 pollici con un display molto vivido che non ha paura della luce del sole, ha una batteria in senso buono mostruosa (4.360 mAh) che promette un’autonomia di 2 giorni e spiccioli contro il giorno e mezzo dell’iPhone 6 Plus. È grande, ma entra sempre – pur sporgendo – in una tasca. È spesso 6,8 millimetri contro i 7,1 del 6 Plus. Perché è inutile girarci intorno. È a Cupertino che Huawei guarda e ronza intorno, tentando di pungere. Il punto è che prima il paragone poteva sembrare un po’ coraggioso. Che il pungiglione era spuntato. Oggi è legittimo chiedersi quanta distanza esista davvero ancora. Quanto male questa e le prossime punture potranno fare.

Huawei P8, le immagini della presentazione di Londra

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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