Grandi fratelli e fratelli grandi
Il progresso tecnologico va accettato ed accolto nel migliore dei modi. Purché non vada a scapito della libertà e del rispetto delle leggi
Per quanto ritenga che le tasse in Italia abbiamo un livello inaccettabile, non mi piacciono gli evasori fiscali. Se poi gli evasori sono i padroni del web che si nascondono all’estero per non versare il dovuto nei Paesi dove incassano miliardi, l’irritazione aumenta.
Si proclamano paladini di un futuro ecosostenibile, appoggiano il politicamente corretto, fanno i mecenati, ma sui loro incassi da favola non pagano dazio. Spesso usano i contenuti altrui senza riconoscerne i diritti, forti della loro potenza di fuoco.
Nascondersi dietro la globalizzazione è un inganno: se sono monopolisti scorretti vanno limitati, se sono evasori vanno perseguiti.
Adesso che si è visto il geniale ex giovanotto Mark Zuckerberg lasciare che una società chiamata Cambridge Analytica usasse i profili dei suoi utenti Facebook per condizionare la campagna elettorale americana e il referendum sulla Brexit, si è fatto un salto qualitativo notevole.
La società elaborava le informazioni su milioni di persone fino a capirne desideri, malcontento, tendenze psicologiche e così spingerli a votare Donald Trump o a scegliere di uscire dall’Europa. Non è chiaro su quanti abbia funzionato, ma l’elezione di Trump e la Brexit sono passate per una manciata di voti.
La novità è grande, tra suggerimento e manipolazione ce ne corre. Va bene che i cittadini non sono i citrulli condizionabili che si vuol far credere, ma un livello così sofisticato richiede leggi che pongano dei paletti agli abusi. E non mi convince il discorso di chi dice: se comunicate sui social anche quando vi soffiate il naso o andate al gabinetto, perché vi lamentate se poi si usano le informazioni che voi stessi avete dato?
Io sui social non ci sono, ma mi ricorda chi accusa la minigonna di essere richiamo per gli stupratori. Una cosa è l’esibizionismo, una cosa è usare l’esibizionismo altrui per giustificare i propri abusi.
Quest’ultimo scandalo ha risvegliato il coro contro il Grande Fratello, contro i giganti del web padroni delle nostre menti, contro il pericolo di oggi chiamato Big data (capacità analitica che hanno computer e algoritmi di capire esattamente chi siamo e che cosa vogliamo). Dietro c’è la convinzione di un capitalismo che con le nuove tecnologie vuole soltanto asservirci ai suoi voleri.
Il Financial Times ha scritto un originale articolo qualche giorno fa: che cosa direbbe Karl Marx se vivesse oggi? Big data sarebbe pane per i suoi denti.
Ecco, qui storco il naso. Quando le idee diventano caccia alle streghe, comincio a diffidare. Credo che Big data sia un mondo affascinante, sempre più sofisticato con la potenza dei computer di oggi, destinato a crescere e a spalancare nuovi orizzonti, a offrire spunti e opportunità fino a ieri impensabili, per chi lo programma ma anche per noi utenti.
Nei consumi, nella ricerca scientifica, nella conoscenza, nella crescita, nell’informazione. Come ho avuto modo di scrivere, sono figlio della carta stampata, vado orgoglioso del mio prodotto fisico e non virtuale, eppure non mi sento nemico di internet. Si può viaggiare a piedi, a cavallo, in treno o in aereo e ogni mezzo offre una prospettiva di viaggio diversa.
Tre anni fa abbozzai un progetto poi ritornato nel cassetto perché forse troppo ambizioso, velleitario, confuso e dall’esito incerto, in cui immaginavo un giornale del web che con l’aiuto di Big data permettesse ogni mattina di far avere a ciascuno un’informazione personalizzata.
Una volta capito quali argomenti preferiva il singolo lettore, la stessa testata si sarebbe adattata alle sue esigenze suggerendo il mix più adatto a lui. Lo stesso avrebbe potuto fare con sua figlia, con sua moglie, con sua madre, con chicchessia. Un unico giornale, con lo stesso approccio e lo stesso stile, ma diverso per ognuno di loro nella gerarchia e nella scelta delle notizie. Un vestito su misura.
Viaggiando su Google, curiosando su Wikipedia, comprando su Amazon, le elaborazioni di Big data mi suggeriscono argomenti e prodotti che potrebbero piacermi in base a quello che l’algoritmo ha capito di me. Così ho scoperto libri, musicisti, storie, persone, dettagli che sconoscevo e che hanno arricchito il mio bagaglio.
Voglio dire che non si deve aver paura dei Grandi Fratelli per partito preso e per un retaggio anticapitalista. I Grandi Fratelli possono essere fratelli grandi, fratelli maggiori che danno buoni consigli.
Certo, se lo fanno scorrettamente, se vogliono fare i fratelli furbi, se voglio imbrigliare la mia libertà, se vogliono evadere il fisco, allora non c’è legame che tenga, per quanto familiare.
(Quest'articolo è stato pubblicato sul numero 15 di Panorama in edicola il 29 marzo 2018)