Edoardo Bennato racconta i suoi album: Non farti cadere le braccia
Edoardo Bennato racconta i suoi album: Non farti cadere le braccia
Musica

Edoardo Bennato racconta i suoi album: Non farti cadere le braccia

Il leggendario disco d'esordio raccontato dal grande cantautore: l'inizio di un viaggio in prima persona tra i suoi album. Dal 1973 ad oggi

di Edoardo Bennato

Ci vollero nove anni di gavetta per ottenere un contatto discografico: quando finalmente raggiunsi l'obiettivo, ce la misi davvero tutta. Devo onestamente dire che quando completai il mio primo album ebbi la sensazione di avercela fatta. Avevo canzoni forti come Un giorno credi, Rinnegato e Campi Flegrei e un grande senso dell'innovazione ritmica e sonora.

Per le orchestrazioni sinfoniche mi ero rivolto a un musicista ed arrangiatore del calibro di Roberto De Simone. Non volevo un'orchestra di accompagnamento ma che si muovesse in modo ritmico. La fonte di ispirazione erano due album di Elton John che avevo scoperto a Londra: Madman across the water e Tumbleweed connection, impreziositi dallo straordinario lavoro di Paul Buckmaster che aveva studiato al Conservatorio di San Pietro in Maiella.

In origine per la copertina del disco qualcuno pensò a un cortile medievale con me vestito da giullare e una nobildonna entrambi affacciati a una finestra bifora. Credevo molto in quel disco, ma intorno a quel debutto ci fu un silenzio assordante. Venne ignorato dalle radio e dai media. Salvini della Ricordi mi disse: "Noi non ci rimproveriamo niente. Vedi, questo mestiere passa attraverso i media e alla Rai dicono che la tua voce è sgraziata. Meglio che ti rassegni e fai l'architetto". Mi licenziò. Contratto finito. A quel punto, tutto quel che avevo era il disco in qualche scaffale. Capii subito qual era la differenza tra la musica e lo sport.

Nello sport c'è un numero certo stabilisce il tuo valore rispetto agli altri. Nella musica no, valgono altri fattori che hanno a che fare con l'approccio dei media al tuo lavoro. A quel punto presi una decisione: con il tamburello a pedale, che mi ero costruito a Londra (one man band) insieme ad un supporto con cui potevo suonare chitarra ed armonica insieme mi misi davanti alla sede della Rai a suonare e venni notato da un giornalista che mi portò dal direttore di Ciao 2001, che a sua volta mi presentò al Festival di Civitanova Marche dove si erano dati appuntamento tutti gli opinion leader di quel tempo. A Civitanova mi guardai bene dal fare i brani dell'album (Un giorno credi, Una settimana un giorno) feci brani punk comeMa che bella città, Salviamo il salvabile ed Uno buono (rivolto al presidente della Repubblica di allora, Giovanni Leone, che era napoletano).

C'erano Claudio Lolli, Franco Battiato e tanti altri. Scesi dal palco avendo la netta sensazione che la mia vita era cambiata, che la patente che mi era stata rifiutata dalla discografia me l'avevano consegnata gli uomini della politica e della cultura. Secondo loro, Edoardo Bennato di estrazione proletaria, era il rappresentante ideale dell'insoddisfazione giovanile. Con questo "marchio" mi invitarono a tutti gli open air. Ma io non sventolavo bandiere. Io finivo concerto sbeffeggiando con il kazoo Faccetta nera e Bandiera rossa insieme.

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Edoardo Bennato

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