Fabbrica automobilistica
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Economia

Usa: perché l’industria automobilistica è in difficoltà

Limiti strutturali e cambi nei modelli di consumo fanno lievitare i numeri dell’invenduto

Le vendite di automobili negli Stati Uniti sono arrivate a uno stallo, lo sottolinea il magazine americano Slate che dedica un articolo all’argomento. In aprile, infatti, auto e pick-up hanno ceduto il 4,7% rispetto al periodo corrispondente 2016, per un totale di 70mila veicoli venduti in meno. Si tratta del quarto mese consecutivo con il segno meno: in pratica, per tutto il 2017, le vendite sono calate di 133mila mezzi in totale, pari a -2,4%. Considerato che il prezzo medio di una vettura si aggira su 32mila dollari, le mancate vendite ammontano a 4,2 miliardi.

La preoccupazione

Il declino delle vendite di auto in un’era di quasi piena occupazione ed espansione economica è un’anomalia. Secondo il magazine, il settore potrebbe essere prossimo alla saturazione. Ai danni della domanda, infatti, vanno considerati anche la crescita del carsharing, dell’urbanizzazione e l’impatto delle scelte economiche dei milllennials, che preferiscono affittare invece di acquistare. 

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Vittime del successo

Un'ipotesi aggiuntiva riguarda il fatto che le case automobilistiche siano vittime di strategie produttive sempre più efficienti. Se un tempo arrivare a 200mila chilometri con un’auto era quasi una rarità, adesso è la norma: l’età media di una vettura ha continuato a crescere, in parte perché le persone tengono più a lungo quella che hanno comprato, ma anche perché hanno meno necessità di sostituirla. 

Un vecchio modello

Per quanto molte cose siano cambiate e migliorate nell’industria automobilistica, il modello di business è rimasto invariato. I produttori, cioè, basano le previsioni di vendita su una serie di indicatori economici e programmano in anticipo la produzione, impegnando le fabbriche 24 ore su 24. Sta poi ai concessionari riuscire a vendere i grandi quantitativi di auto prodotti. Fa eccezione Tesla che produce auto in funzione degli ordini che riceve. 

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La variabile scorte

Quando le vendite attese non si realizzano, i prodotti si accumulano. Alla fine di aprile, General Motors aveva oltre 935mila auto invendute, pari a 100 giorni di vendita media. Lo scorso anno, quelle invendute erano 618mila, pari a 71 giorni di vendite. Risultato: se le scorte sono più alte dello scorso anno, significa che c’è una grande fetta di capitale immobilizzato e destinato alla svalutazione, perché le auto invendute dovranno essere messe in circolazione con politiche di marketing più favorevoli per stimolare gli acquisti.  

Le conseguenze all'orizzonte

Le aziende automobilistiche, fino a quando possono, non vogliono tagliare la produzione, perché questo significa dimostrare una debolezza competitiva. Inoltre, rallentare la produzione di una fabbrica significa ridurne la profittabilità. Ma se la tendenza sarà confermata, prima o poi arriveranno i tagli alla produzione: a quel punto, dipendenti e indotto dovranno fare i conti con stipendi e giri d’affari ridotti. Conseguentemente, proprio per la difficoltà di modulare tempi e quantità della produzione, la frenata dell’auto rischia di farsi sentire sull’economia allargata.

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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