Start-up, così l’Italia è più vicina agli Stati Uniti
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Economia

Start-up, così l’Italia è più vicina agli Stati Uniti

Borse di studio per giovani talenti, programmi per presentare le nuove idee agli investitori d'Oltreoceano. Il punto a Roma in un evento

Con le sue eccellenze tecnologiche, la sua capacità di partorire di continuo nuove idee, la Silicon Valley e le sue tante appendici sul territorio americano potrebbero apparire lontanissime dall’Italia. Anzi, agli antipodi: come approccio, filosofia, dinamismo imprenditoriale. E invece tra il nostro Paese e gli Stati Uniti esistono già diversi punti di contatto, opportunità di sperimentazione e crescita reciproca.

Lo dimostrano realtà come IB&II, Italian Business & Investment Initiative, un’organizzazione indipendente con sede a New York che in tre anni ha portato davanti agli investitori Usa già 215 start-up. Oppure il Best Program 2014-2015 (Business Exchange and Student Training), una borsa di studio da 41 mila dollari per giovani ricercatori con idee innovative in vari campi, dall’Ict alla moda, premiati con la possibilità di frequentare corsi d’imprenditoria alla Santa Clara University, in California, e svolgere un tirocinio in una start-up a stelle e strisce. Oppure ancora protagonisti inaspettati come l’emittente radiofonica RDS, che con il suo Startup Lab ha messo in palio 35 mila euro andati a Vincenzo De Laurentis, un giovane di Terlizzi, vicino Bari, per sviluppare Oltreoceano una realtà in nuce legata al mondo della musica e dell’intrattenimento.  

Proprio nello spettacolare auditorium della radio romana, un trionfo ondulato di spazi vuoti e pieni che in genere ospita esibizioni dal vivo di grandi artisti internazionali, è stato organizzato l’evento «Italy for growth in the Usa: the best scholarship case & Usa opportunities». Un incontro con i rappresentanti di numerose eccellenze tricolore, chiamati a ragionare su prospettive e scenari del connubio tra il nostro Paese e gli Stati Uniti. Un connubio visto con grande favore da John Phillips, l’ambasciatore americano in Italia, che ha aperto il pomeriggio di dibattiti sottolineando che «creare nuova occupazione è una responsabilità di tutti». E ricordando che le start-up sono la strada migliore, «perché sono in grado di dare un’opportunità». Con quali metodi? «Anche facendo in modo che s’impari gli uni dagli altri. Spalancando la possibilità di mettere a frutto un sogno che parte da un garage o dal tavolo di una cucina».

Phillips ha enfatizzato il ruolo svolto dalla Silicon Valley in questo processo («ha cambiato il modo in cui cerchiamo le informazioni»; «ospita gli imprenditori che sono gli architetti del Ventunesimo secolo»), ha ringraziato Fernando Napolitano, fondatore di IB&II, «per avere mostrato agli Stati Uniti un’Italia fresca, giovane, con tante idee». Mentre il padrone di casa, Eduardo Montefusco, presidente di RDS, che si è definito «uno dei quattromila precursori delle radio libere in Italia, modello che ha molto in comune con le start-up», ha invitato la politica «a capire le necessità degli imprenditori 3.0, consentendo loro di esprimere modelli di business che non siano zavorrati dalla burocrazia e dal peso della fiscalità».

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Altro problema tipicamente nostrano, sollevato da Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, l’agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa e tra i promotori del programma Best, è la ridotta spesa pro capite per il venture capital: «Ammonta a 67 dollari negli Stati Uniti, a 35 dollari nell’Unione Europea, appena a 1 dollaro da noi. Siamo in ritardo, è troppo più lungo il tempo che passa tra il momento in cui si ha un’idea e si riesce a realizzarla». Colpa anche degli affanni che incontra la ricerca: «La qualità è elevata» ha commentato Gino Nicolais, presidente del Cnr «ma non siamo bravi a usare la conoscenza per fare denaro. Paghiamo il nostro retaggio: il fatto che la ricerca sia stata storicamente considerata un’arte pura che non doveva inquinarsi con il capitale. E poi mettiamoci pure che i nostri ragazzi sono pagati la metà rispetto ad altri, per esempio i tedeschi».

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Giorgio Mulè, direttore di Panorama, moderatore del dibattito, ha evidenziato la cesura rispetto a quanto avveniva in passato: «Prima il lavoro si trovava, poi si è cominciato a cercarlo con grande fatica. Oggi va creato con intelligenza». «Anche perché non c’è corrispondenza tra domanda e offerta» ha confermato Maximo Ibarra, ceo di Wind: «Ci sono professioni che mancano, come il “data scientist”». «Come Italia abbiamo perso tanti treni sul terreno dell’innovazione, che non è solo l’ultimo iPhone. È anche, l’esempio di Zara lo insegna, la capacità di portare rapidamente un prodotto sul mercato» interviene Donato Iacovone, ceo di Ernst & Young Italia.

In un quadro del genere l’esempio degli Stati Uniti può molto aiutare. Con la sua filosofia: «Ti dicono, se devi fallire, di farlo presto, così puoi ripartire. Un concetto, il fallimento, che da noi ancora ti rovescia in un ghetto culturale» ricorda Napolitano. «Non dico che sia un vanto, ma se negli Stati Uniti non riesci, ti danno una seconda possibilità» conferma Yves Confalonieri, director interactive media di Mediaset. «Siamo in un mondo in cui la rivoluzione digitale non è neanche alla metà del suo percorso» aggiunge «e in cui un’impresa, specie se grande, non può investire direttamente su ogni filone. C’è tutta una serie di attività che vanno gestite con dinamiche di partenariato, cercando professionalità che sarebbe faticoso riconvertire in azienda».  

Il dibattito, al quale erano presenti, tra gli altri, anche Claudio Giuliano, managing partner di Innogest Sgr, Luigi Capello, fondatore di Luiss Enlabs, Luigi Ferraris, presidente di Enel Green Power, si è concluso con la premiazione dei vincitori del Best Program per il 2014-2015 (sono 12, erano presenti in nove) assegnato da Invitalia in cooperazione con la Commissione Fullbright per gli scambi accademici e culturali tra l’Italia e gli Stati Uniti e con l’ambasciata Usa in Italia.

Tra le idee vincitrici, c’è chi vuole realizzare dispositivi per aiutare i malati di Parkinson, chi punta su sensori senza fili per farci sapere sul nostro smartphone, in tempo reale, se un parcheggio è libero oppure occupato, chi sta sviluppando un metodo per conoscere i livello di glutine negli alimenti analizzando i rischi di contaminazione. Tutti loro andranno a formarsi e a cercare finanziamenti per far decollare le loro idee negli Stati Uniti: «Siete già» ha concluso Napolitano, rivolto ai vincitori «dodici grandi eccellenze, che grazie all’Italia sbarcheranno negli Stati Uniti. Una volta a destinazione, cercate di spiegare il nostro Paese, non di criticarlo. È dalle piccole cose che nascono quelle grandi».

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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