Facebook, com’è difficile trovare amici (in Borsa)
AP Photo/dapd, Timur Emek
Economia

Facebook, com’è difficile trovare amici (in Borsa)

Dopo i fondi di investimento anche gli stessi manager del social network iniziano a vendere quote significative del proprio capitale azionario. Mark Zuckerberg è sempre più solo?

Amici amici, e poi ti rubano la bici. Quando va bene. Perché nel caso peggiore ti fanno perdere milioni.

Prendete Facebook, ad esempio. A distanza di quasi sei mesi dall’IPO nessuno sembra credere più a quello che doveva essere il collocamento azionario più stupefacente di tutti i tempi. Nemmeno quelli che – almeno sulla carta – dovrebbero essere i più fedeli scudieri di Mark Zuckerberg.

La scorsa settimana, Sheryl Sandberg, Theodore Ullyot e David Spillane, rispettivamente direttore operativo, capo dell’ufficio legale e direttore finanziario di Facebook, hanno venduto una bella fetta delle loro partecipazioni (per un totale di quasi 750 mila azioni), quasi a confermare la volontà (o la necessità) di passare all’incasso prima che sia troppo tardi.

Insomma, d’accordo che quando c’è di mezzo il business non c'è spazio per i buoni sentimenti, ma forse è davvero il caso di chiedersi quale futuro possa avere una società su cui nemmeno il management sembra voler puntare.

Valore e fiducia, due aspetti che in Borsa procedono sempre di pari passo. Dall'IPO, il titolo Facebook ha bruciato (si fa per dire) il 44% del suo capitale iniziale anche per via delle scelte dei suoi stessi dipendenti. Solo la Sandberg, per dire, ha preferito monetizzare subito 350 mila azioni del suo portfolio (per un valore complessivo di circa 7,5 milioni di dollari) piuttosto che attendere tempi migliori. E benché rimanga ancora una delle azioniste di maggioranza (detiene ancora 20 milioni di azioni), il suo non è certo uno di quei segnali che a Wall Street passano inosservati.

Tanto più se si considerano le vendite – altrettanto eccellenti – effettuate dalle banche all’indomani della collocazione in Borsa, lo scorso 17 maggio. In un articolo dal titolo piuttosto eloquente (Gli amici di Facebook sono quelli che se ne vanno prima), il Wall Street Journal rivela che Morgan Stanley, J.P. Morgan e Wells Fargo, ovvero tre delle principali firme dell'alta finanza che hanno sostenuto l’IPO del portale blu attraverso i fondi di investimento – si sono "sbarazzate" di circa 3,5 milioni di azioni, più o meno il 40% del capitale iniziale, già dopo le prime due settimane dal debutto al Nasdaq.

Una mossa controcorrente rispetto alle politiche buy-and-hold che vengono generalmente adottate dagli investitori per garantire stabilità alle società appena quotate in borsa e che in un certo senso dà l’idea di quanto sia stata rapida la parabola – dall’altare alla polvere – del titolo Facebook. Sintomatico, del resto il fatto che le quotazioni proprio nell’intorno delle prime due settimane post-IPO, siano passate dai 45 dollari per azione del 17 maggio ai 29,60 dollari della chiusura del 31 maggio.

E ora? C'è ovviamente molta attesa per capire quali saranno le mosse degli azionisti nei prossimi tre grandi appuntamenti nei quali scadranno le opzioni di lock-up,il prossimo 14 novembre (data in cui verranno "liberate" altre 777 milioni di azioni), il 14 dicembre (156 milioni) e il 18 maggio 2013 (47 milioni).

Di certo si fa sempre più paradossale la posizione di Mark Zuckerberg, che da un lato continua a contare gli amici che si iscrivono sul suo social network (già più di un miliardo) e dall’altro si ritrova a contenere il malumore (e soprattutto la tentazione alla vendita) degli investitori e dei propri manager.

Poi dicono che chi trova un amico trova un tesoro…

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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