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ia Getty Images (2018)
Economia

Cosa può fare Apple con 1000 miliardi di capitalizzazione

Quella di Cupertino è la prima azienda ad aver raggiunto il trilione di dollari di valore. Cosa significa (e quali scenari si aprono)

Sorpassando la fatidica quotazione dei 207 dollari per azione, questa settimana Apple è diventata la prima società al mondo a sfondare il tetto dei 1000 miliardi di capitalizzazione in Borsa. Nonostante l’understatement di Tim Cook (che in una nota inviata a tutti i dipendenti della società ha parlato di "un risultato che non rappresenta comunque la misura più importante del successo dell’azienda"), si tratta di un evento dalla portata storica. Che merita di essere analizzato, per almeno tre motivi.

Cifre da capogiro

Il primo riguarda l’entità delle cifre in ballo. I 1000 miliardi di dollari, un trilione per usare una terminologia paperonesca, rappresentano un valore davvero mostruoso. Paragonabile a oltre la metà del PIL italiano o alla somma della capitalizzazione di società di altissimo rango: fa davvero specie, ad esempio, pensare che Apple, da sola,superi il valore azionario di Ford, Volkswagen, Honda e BMW messe insieme o quello delle quattro grandi sorelle della finanza americana (Wells Fargo, JPMorgan Chase, Citigroup e Bank of America).

Le ragioni di una scalata inarrestabile

Il secondo riguarda il percorso che ha portato Apple a tagliare un traguardo che fino a qualche tempo fa appariva impensabile. Nel 1996, quando l’azienda navigava in cattive acque (erano gli anni dell’interregno fra l’uscita e il ritorno di Steve Jobs), BusinessWeek parlava di "Caduta di un'icona americana".

Col senno di poi si può dire che siano bastati poco più di 20 anni per trasformare un business traballante nella più grande macchina da soldi del Pianeta.

È vero, nel mezzo sono successe cose importanti – il ritorno di Steve Jobs, alcune invenzioni uniche come l’iPod e l’iPhone e il boom dell’economia digitale (che oggi rappresenta più del 25% dell’indice S&P 500) - nulla di tutto questo sarebbe però bastato a giustificare le cifre di cui sopra senza la vera grande intuizione del brand di Cupertino: il connubio stretto, indissolubile, esclusivo fra l’hardware e il software, fra il pezzo di ferro e la sua anima scritta in codice. È il motivo che ha impedito a tanti stimati competitor di emulare il successo Apple: la verità è che nessun player al giorno d’oggi - nemmeno Microsoft, nemmeno Google - può dettare legge su entrambi fronti.

Verso il secondo trilione di dollari

C’è un ultimo aspetto che merita di essere considerato ed è quello che riguarda il futuro della società. Ci si chiede: basteranno i ricavi dell’iPhone (responsabile, da solo, di oltre il 70% del fatturato della Mela) per mantenere questi ritmi di crescita? Difficile scommettere.

Apple, in ogni caso, sta cercando strade alternative. Sta costruendo un pacchetto di servizi molto redditizi (già oggi l’unità che lavora su iTunes, iCloud, Apple Pay, Apple Music rappresenta il business più florido dopo quello dei telefonini), sta investendo sull’intelligenza artificiale e sta gettando le basi per entrare con entrambi i piedi nel mercato dell’auto a guida autonoma.

I 1000 miliardi di dollari rappresentano in questo senso la miglior garanzia per i giorni a venire. Per ovvie ragioni che attengono alla potenza di fuoco della società e alla sua capacità di fare fronte ad investimenti importanti. Ma anche per la capacità di attrarre talenti. I soldi non faranno la felicità, ma è inutile girarci intorno: se lavori nelle nuove tecnologie, sognerai di farlo nell’azienda più ricca del mondo. Quella che più (e meglio) delle altre sta riuscendo a intercettare i gusti dei consumatori.

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Roberto Catania

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