Giorgio Squinzi
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Economia

Fisco, le tre proposte di Confindustria

Abolire (quasi) del tutto l'Irap, lavorare 40 ore in più l'anno, ridurre l'Irpef dei redditi più bassi. Cosa ci piace e cosa meno dell'iniziativa di Giorgio Squinzi

Tra le proposte più autorevoli lanciate in queste ore sui temi dello sviluppo e del fisco c’è sicuramente quella che arriva da Confindustria. Infatti, accanto alla richiesta di ridare ossigeno alle imprese con il pagamento immediato di 48 miliardi di debiti commerciali accumulati da Stato ed enti locali, alla proposta di aumentare del 50% gli investimenti in infrastrutture e di sostenere quelli in ricerca e nuove tecnologie e di abbassare il costo dell'energia, ecco comparire tre richieste di natura squisitamente fiscale che, per bocca dello stesso presidente degli industriali Giorgio Squinzi, potrebbero rimettere in moto circa 316 miliardi di euro in cinque anni e sono rivolte in maniera esplicita a chiunque dovesse vincere le prossime elezioni.

1) Tagliare dell'8% il costo del lavoro nel manifatturiero cancellando per tutti i settori l'Irap che grava sull'occupazione.

2) Lavorare 40 ore in più all'anno, pagate il doppio perché detassate e decontribuite.

3) Ridurre l'Irpef sui redditi più bassi aumentando i trasferimenti agli incapienti.

Ma quali sarebbero gli effetti pratici delle proposte più propriamente fiscali, sul sistema Paese?

“Togliere l’Irap sulla componente del lavoro, vorrebbe dire abbattere i due terzi del totale di questa imposta– ci spiega Alessandro Santoro economista dell’Università Bicocca ed esperto di fisco – In pratica sarebbe un po’ come snaturare il senso di un’imposta che, nata per abrogarne altre otto, era stata congegnata in modo tale da gravare su una base imponibile molto ampia, con un’aliquota fondamentalmente bassa, il tutto per evitare qualsiasi forma di evasione. Con questa nuova formulazione quasi non avrebbe più senso tenerla, perché sarebbe come tornare all’Ilor di 25 anni fa”.

Un giudizio puramente tecnico. “Ogni proposta in ambito fiscale – precisa l’economista – se sostenuta da una solida previsione sul tipo di risorse su cui potrà contare è sempre benvenuta”. Nel caso specifico Confindustria ha, fin da subito, evidenziato che il finanziamento dell’intero piano di sviluppo raccolto in un documento intitolato “Crescere si può, si deve”, dovrebbe arrivare da una burocrazia più efficiente tagliando e razionalizzando la spesa pubblica.

“Per quanto concerne poi la detassazione degli straordinari – continua Santoro – mi sembra un modo per cercare di pagare di meno ore di lavoro extra che normalmente agli imprenditori costano sempre troppo. Una strada già tentata in passato, ma senza successo, anche perché molto dipende dal tipo di attività svolta. Non è detto però che questa volta, un’iniziativa intrapresa con maggiore incisività non possa dare frutti migliori”.

Più articolato, ma anche più promettente, il terzo punto, quello che riguarda l’abbassamento dell’Irpef e l’innalzamento del sostegno agli incapienti. “Mi sembrano entrambe due buone proposte – dice Santoro -. Bisogna però evidenziare che, ad esempio, l’abbattimento anche di un solo punto dell’Irpef  sui redditi fino a 15mila euro, potrebbe portare nelle tasche del singolo cittadino non più di 150 euro all’anno. A fronte di un provvedimento che invece riguarderà parecchi milioni di contribuenti con un costo complessivo molto alto”.

Una misura questa il cui obiettivo sarebbe quello di aumentare la disponibilità economica delle famiglie e per questa via risvegliare i consumi, cosa a cui gli imprenditori sono particolarmente interessati. “In questo senso – aggiunge Santoro – trovo più interessante l’aumento del sostegno agli incapienti. Spesso infatti parliamo di redditi così bassi, per i quali non si riesce neanche a far scattare le detrazioni, come quelle sanitarie che sono fondamentali. Ridare ossigeno dunque a fasce molto deboli, tipo quelle dei pensionati, potrebbe avere effetti sui consumi decisamente più apprezzabili”. Ricette fiscali che come si vede sono tutte da verificare, e di certo da qui alle elezioni ne vedremo a confronto molte altre.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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