Nuovo catasto: i motivi per cui ancora non parte
Economia

Nuovo catasto: i motivi per cui ancora non parte

Il Governo prevede la revisione entro il 2018, ma si teme una stangata sulle imposte legate al valore della casa

Nel cronoprogramma per le riforme del sistema fiscale inserite nel Documento di economia e finanza (Deg) varato lo scorso 8 aprile dal Consiglio dei ministri, quella del nuovo catasto è l'unica delle sei riforme che risulta ancora in avanzamento.

Sembrava essersi arenata nel 2015. Quest'anno, invece, il Governo fa sul serio: nel Def, appunto, la riforma c’è e per attuarla ci sono tre anni a disposizione, fino al 2018. "La revisione dei valori catastali" si precisa nel documento "sarà oggetto di interventi più generali e organici, al termine delle complesse operazioni di allineamento delle basi dati".

L'intervento, aggiunge il Governo, è necessario "per valutare in modo accurato gli effetti di gettito e distributivi sui contribuenti" che tradotto significa rimettere mano agli attuali parametri di valutazione degli immobili, avvicinandoli il più possibile ai valori di compravendita e affitto.

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Forti rincari sulle imposte
Le ultime tariffe d'estimo (e cioè la redditività di ogni immobile su base comunale o a seconda della categoria di classe) risalgono infatti al 1992.

Fra tre anni, quindi, si dovrebbe arrivare a una situazione più equa: i "furbetti", che hanno ristrutturato una casa senza informare gli uffici del territorio, rischiano di essere stanati.

Di contro, non saranno pochi quelli che, a seguito della riforma, rischiano di pagare "bollette" più salate: probabile, anzi è quasi certo un deciso rincaro delle imposte legate al valore della casa

E qui, forse, si capisce perché si proceda al rallentatore: il governo Renzi non vuole passare per quello che ha aumentato le tasse, soprattutto quelle sulla "casa". E se tutto va bene, potrebbe andare in porto dopo le elezioni del 2018.

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Le differenze tra i Comuni
Già, perché con il nuovo catasto gli incrementi saranno significativi: secondo gli esperti dell'Agefis (associazione geometri fiscalisti) dal 30 al 180%.

Qualche esempio: in una città come Milano, come ha sottolineato in un recente servizio il Sole 24 ore, i valori d’estimo tra il centro e la periferia sono più bassi rispetto agli attuali prezzi delle case ed è ovvio che i proprietari delle case in centro, dopo la riforma, vedranno crescere il loro valore fiscale molto di più di chi vive in periferia.

Dinamiche, poi, che non si riscontrano solo all'interno delle grandi città, ma anche tra un Comune e l'altro: dove lo scarto tra valore catastale e di mercato è più alto, la pressione fiscale oggi è più bassa rispetto agli attuali prezzi degli immobili e un futuro riallineamento metterebbe in forte difficoltà non pochi sindaci.

Ci sono, infine, motivi squisitamente tecnici: il termine fissato al 2018 è quello necessario per ripulire e integrare i database, ma i tecnici dell’Agenzia delle entrate avevano stimato in cinque anni il tempo minimo necessario per effettuare una revisione generale. Probabile un ulteriore slittamento.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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