Malgrado annunci e promesse le tasse aumentano ancora
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Malgrado annunci e promesse le tasse aumentano ancora

Nuovo balzo delle imposte arrivate, secondo l'Istat, al 42,4%. Il governo ha il dovere di abbassarle, e potrebbe usare per questo il Recovery Fund

Non c'è niente da fare. Nonostante le promesse di ridurre le tasse, nel 2019 la pressione fiscale in Italia è tornata a salire: come ha certificato l'Istat, lo scorso anno il peso complessivo del Fisco (ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) è risultata pari al 42,4% contro il 42% del 2018.

Questa percentuale è aumentata perché le entrate fiscali (al numeratore del rapporto tra imposte e Pil) hanno messo a segno un tasso di crescita superiore a quello del Pil (al denominatore). Quest'ultimo è aumentato nel 2019 di appena lo 0,9% mentre le imposte dirette sono salite del 3,5 per cento, spinte dalla crescita dell'Irpef, dell'Ires e delle imposte sostitutive. Anche le imposte indirette hanno registrato un aumento (+1,5%), per effetto principalmente della crescita del gettito Iva e dell'imposta sul Lotto e le lotterie. Il risultato è appunto un aumento del rapporto tra entrate fiscali e Pil.

Il dato sulla pressione fiscale può essere letto in due modi: guardando al bicchiere mezzo pieno, si può sperare che l'aumento delle entrate dello Stato sia dovuto a una minore evasione e ad una maggiore efficienza del Fisco nel farsi pagare dai contribuenti. E per non drammatizzare troppo, bisogna anche ricordare che l'Italia è al settimo posto tra i Paesi più industrializzati per pressione fiscale: prima di noi ci sono per esempio i francesi, i danesi e i belgi.

Guardando invece il bicchiere mezzo vuoto, la pressione fiscale in Italia è decisamente più elevata di quella media dell'Ocse: 42,4% contro il 34,3%. Inoltre è squilibrata, colpisce troppo i redditi da lavoro e le pensioni e si concentra in particolare sulla classe media. Troppi italiani sono esentati dal pagamento delle tasse che gravano soprattutto sui 6,3 milioni di italiani con redditi tra 28mila e 55mila euro: pur essendo il 15,6% dei contribuenti, infatti, forniscono quasi un terzo (31,8%) del gettito totale dell'Irpef. Non solo.

Come sottolinea la Confesercenti, in seguito alla crisi del Covid che ha fatto scendere il Pil, "nel 2020 il peso delle entrate sul prodotto interno lordo italiano aumenterà di 0,5 punti rispetto al 2019, contribuendo in tal modo ad accentuare la contrazione della spesa e degli investimenti. L'emergenza Covid - avverte l'associazione - sta riproponendo con forza la questione dell'eccessiva pressione fiscale che grava su imprese e famiglie italiane. Una pronta uscita dalla più profonda recessione mai sperimentata dalla Repubblica italiana non può dunque prescindere da un intervento di profonda riforma del sistema fiscale. Agendo, contemporaneamente, dal lato delle famiglie e da quello delle imprese".

Parole già sentite tante e tante volte. E ribadite da ogni governo.

L'ultima promessa è stata fatta dall'attuale esecutivo Pd-M5S il 7 settembre scorso, quando il ministro dell'Economia Roberto Gualteri ha spiegato che il governo intende ridurre la pressione fiscale, in particolare a vantaggio dei redditi medio-bassi, sfrondare la giungla delle detrazioni e delle norme fiscali, riformare il regime delle partite Iva. In particolare il ministro dell'Economia punta ad accorpare le aliquote Irpef, riducendole da 5 a 4.

Riuscirà questo governo a ridurre la pressione fiscale? Il pessimismo è d'obbligo. Ma non va dimenticato che negli anni passati un calo della pressione c'è stato: scese al 39,1% con Silvio Berlusconi nel 2005, risalì con Prodi tra il 2006 e il 2008, Berlusconi la stabilizzò intorno al 41,6%, Mario Monti la fece impennare al 43,6% per salvare l'Italia dal disastro dopo la crisi del debito e poi i governi Renzi e Gentiloni imboccarono una via in discesa che portò il peso di tasse e contributi al 42% sul Pil. Oggi siamo al 42,4%. Oltre a rendere più equo e meno complicato il sistema fiscale, per far scendere quel numero occorre banalmente far crescere il Pil ad un ritmo accettabile. Obiettivo che non otteniamo da anni e che forse ora, grazie al Recovery Fund europeo, abbiamo l'occasione di raggiungere. Non perdiamo questa opportunità.

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Guido Fontanelli