Fisco, perché i commercialisti contestano la riforma
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Fisco, perché i commercialisti contestano la riforma

A destare perplessità sono i nuovi adempimenti burocratici trimestrali che potrebbero comportare esborsi maggiori per le piccole partite Iva

Della riforma fiscale in via di approvazione definitiva in Parlamento, finora si è parlato soprattutto riguardo al nuovo assetto di Equitalia, alla rottamazione delle cartelle oppure sottolineando la riapertura dei termini per la volutary disclosure. Molto poco invece ci si è soffermati su alcune modifiche di adempimenti burocratici che potrebbero invece comportare esborsi maggiori per tante piccole partite Iva. In pratica, si tratta di alcune modifiche di carattere procedurale, introdotte sempre con l’obiettivo di rendere più efficace la lotta all’evasione fiscale, ma che vengono apertamente contestate dai commercialisti, perché potrebbero rendere più complicato il loro lavoro e soprattutto, comportare un aumento delle spese dei propri clienti, e in modo particolare per le citate piccole partite Iva. Vediamo allora di spiegare nel dettaglio quali sono queste novità e perché vengono considerate inopportune.

Spesometro: comunicazioni trimestrali

L’obbligo di trasmissione dei dati sulle fatture attive e passive, cioè il cosiddetto spesometro, passa da annuale a trimestrale. Questo significa ben quattro adempimenti in più in un anno. L’obiettivo di questa misura si giustificherebbe con il fatto che l’Agenzia delle Entrate potrebbe in questo modo avere conoscenza in tempo “quasi reale” della fatturazione di ogni singolo contribuente, potendo così eventualmente invitarlo a correggere la propria posizione fiscale ai fini Iva in modo molto tempestivo. Per i commercialisti invece si tratta di un inutile appesantimento delle procedure che, come detto, comporterà anche costi maggiori per i clienti, visto che per questa operazione sarà necessario dotarsi di specifici software.

Elenco fornitori

Anche per la comunicazione dell’elenco dei fornitori, si passa dalla cadenza annuale a quella trimestrale. Come per la fatturazione ai fini Iva siamo di fronte ad un appesantimento degli adempimenti che diventano ben quattro. E se si sommano quelli sopra citati, stiamo parlando di ben otto dichiarazioni in più a cui annualmente sarà tenuto ogni commercialista nel definire i rapporti tra il proprio cliente contribuente e il fisco.

Il credito d’imposta

A fronte di questi maggiori adempimenti, la riforma ha previsto un credito d’imposta di 100 euro, solo per il prossimo anno, per ciascun contribuente il cui volume d’affari sia non superiore a 50mila euro. Una misura che comporterà per le casse dello Stato un esborso complessivo  di circa 240 milioni di euro. Si tratta in sostanza del supporto che il fisco intende dare a tutti i contribuenti per l’adeguamento dei software e delle procedure a cui saranno chiamati a causa delle nuove procedure.

Conseguenze

Come già ampiamente spiegato, i commercialisti temono un aggravarsi delle proprie incombenze periodiche. In questo senso, hanno espresso tutti i propri dubbi in un’audizione parlamentare in cui hanno chiesto di rivedere queste misure, pensando quanto meno a una periodicità semestrale delle comunicazioni. Per i singoli contribuenti invece il rischio, evidenziato fin d’ora da molti commercialisti, è che dall’anno prossimo l’arrivo di questi nuovi adempimenti possa comportare un aumento forzato dei loro compensi per la tenuta della contabilità.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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