Ecco come si calcola la Tasi
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Economia

Ecco come si calcola la Tasi

Ora che tutti i Comuni hanno deliberato sulle aliquote della nuova tassa è possibile anche fare un confronto tra città diverse

Con l’approvazione, l’altro giorno, delle delibere comunali delle amministrazioni più ritardatarie, si è andato a chiarire il qudro delle aliquote della Tasi, la nuova tassa sulla casa. A dire il vero non è che ci siano state grandi sorprese con tanti, forse troppi sindaci, costretti ad elevare le aliqupote in questione ai livelli massimi per poter far quadrare i propri bilanci finanziari. Il risultato, come rilevato da più parti in questi giorni, è che per molti cittadini la Tasi si trasformerà in un salasso anche peggiore di quelle già tristemente famoso dell’Imu. Ma vediamo nel dettaglio, con qualche esempio pratico, come faremo a calcolare l’entità del versamento della nuova imposta, e quali differenze ci saranno tra Comuni diversi.

TUTTO SULLA NUOVA TASI

Innanzitutto è bene precisare che per poter procedere al calcolo della Tasi occorrono quattro elementi fondamentali, tre dei quali sono contenuti nelle delibere approvate dai Comuni. Ma andiamo per ordine. Innanzitutto servirà la rendita catastale dell’immobile abitato. Anche per la Tasi infatti, come in passato avenuto per l’Imu, è questo valore fiscale la base di calcolo dell’imposta stessa. Poi, come detto, l’attenzione è da riservare tutta alle decisioni prese dalla propria giunta comunale. Dalle delibere relative alla Tasi infatti, bisognerà estrapolare tre altri elementi indispensabili ai nostri calcoli: l’aliquota di riferimento, facendo attenzione ad identificare quella relativa alla propria situazione. In molti Comuni infatti esistono aliquote diverse per prime e seconde case, per abitazioni sfitte o date in locazioni, oppure infine per immobili dati in comodato d’uso ai propri figli. Occhio quindi a non confondere le varie aliquote.

TASI, COME EVITARE BRUTTE SORPRESE

In secondo luogo bisognerà verificare che non ci siano detrazioni a proprio favore. Anche qui, bisogna distinguere le varie tipologie di contribuente e verificare se si è tra, a dire il vero, quei pochi fortunati che beneficeranno di qualche agevolazione. A differenza di quanto avvenuto per l'Imu infatti, le detrazioni sono a totale discrezione dei Comuni, e molti hanno deciso di non concederle. Infine, terzo fattore da ritrovare nelle delibere è quello riguardante la percentuale di pertinenza dell’inquilino, nel caso l’immobile in questione fosse locato. Ricordiamo che questa percentuale può variatre dal 10 al 30% e in molti casi non è ancora chiaro quale sarà in effetti la quota di pertinenza degli affittuari. Fatta questa necessaria premessa, andiamo ad un caso pratico. Prendiamo in considerazione un immobile di classe A, quindi non di pregio o di lusso, che abbia una rendita catastale di 650 euro. Si tratta quindi di un classico appartamento di grandezza media che si trova tra il centro e la periferia di una qualsiasi città.

QUANDO LE TASSE SULLA CASA DIVENTANO UN SALASSO

La prima operazione da fare è rivalutare questo valore per 5%, arrivando quindi ad un risultato di 682,50 euro. A questo punto, trattandosi di un’abitazione ad uso civile questo valore va moltiplicato per 160, e si arriva così ad una base imponibile di 109.200 euro. Su questo valore andremo ad applicare aliquote e percentuali sopra elencate. Prendiamo allora ad esempio il caso di Roma. Se l’immobile è una prima casa, l’aliquota è fissata al 2,5 per mille. Questo significa che l’importo sarà pari a 273 euro. Per gli immobili di questa categoria, ossia che abbiano una rendita tra 450 fino a 650 euro, è prevista una detrazione di 60 euro, che porta il computo finale dell’imposta a 213 euro. Se invece l’immobile fosse una seconda casa, il discorso cambierebbe di molto, perché si applicherebbe un’aliquota pari all’11,4 per mille, con un importo finale pari a 1.244,88 euro. E in questo caso non ci sarebbe neanche il sollievo delle detrazioni, che valgono soltanto per le abitazioni principali.

ALIQUOTE E DETRAZIONI: ECCO COME I SINDACI DECIDONO

Con lo stesso tipo di immobile vediamo adesso che cosa accadrebbe a Milano. Anche in questo caso l’aliquota è fissata al 2,5 per mille, quindi avremmo un’imposta di 273 euro, su cui però andrebbero ad incidere detrazioni diverse. Nel capoluogo lombardo infatti, con una rendita catastale tra 600 e 700 euro, si ha diritto ad un’agevolazione di soli 24 euro, con un totale che si fisserebbe allora a quota 259 euro. Qualche beneficio in più l’avrebbe una famiglia con figli, visto che sono previste detrazioni di 20 euro a figlio a carico con età non superiore a 26 anni, fino a un massimo di 60 euro. Si può ancora aggiungere che a Milano è stata fissata al 10% la percentuale in capo all’inquilino, nel caso l’immobile sia locato. Nel caso specifico dunque, su una quota di 259 euro, 25,9 euro toccherebbero all’affittuario, mentre il resto, ossia 233,10 euro, sarebbero di pertinenza del proprietario.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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