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LUDOVIC MARIN/AFP/Getty Images
Economia

Taglio delle tasse: perché la Francia di Macron può farlo e noi no

La differenza sta tutta nei fondamentali economici che rendono il governo di Parigi molto più affidabile sui mercati finanziari

Come ampiamente prevedibile, la decisione del presidente Emmanuel Macron di lanciare in Francia  un drastico taglio delle tasse ha scatenato in Italia vivaci polemiche.

Il governo transalpino ha deciso  infatti tagli delle imposte per un valore di 24,8 miliardi, dei quali sei a favore delle famiglie e 18,8 per le imprese, a cui si aggiunge un ulteriore riduzione delle imposte sulla casa, già ridotte nel 2018, a favore dell’80% dei proprietari.

Le citate polemiche nascono dal fatto che questa manovra farà sì che il rapporto deficit/Pil di Parigi salga dal 2,6% al 2,8%, un’opportunità che da tempo invece viene, seppur non espressamente, negata dall’Unione europea all’Italia.

Da qui la reazione del nostro governo, ben riassunta dalle parole del vicepremier Luigi Di Maio, che in un tweet ha dichiarato: “La Francia per finanziare la sua manovra economica farà un deficit del 2,8 per cento. Siamo un Paese sovrano esattamente come la Francia. I soldi ci sono e si possono finalmente spendere a favore dei cittadini. In Italia come in Francia”.

Peccato però che il paragone invocato dal leader del M5S non sia assolutamente proponibile, e a dimostrarlo ci sono i numeri, i valori di quei fondamentali economici che, agli occhi dei mercati finanziari, rendono le posizioni di Italia e Francia ben diverse. E allora andiamoli a vedere questi benedetti numeri.

Un paragone impietoso

Come detto, basta scorrere alcuni dei valori macroeconomici più importanti di Francia e Italia, per capire come i nostri vicini transalpini offrano ai mercati finanziari garanzie di solidità economica decisamente superiori alle nostre, permettendo loro di annunciare un significative taglio delle tasse senza che questo agiti minimamente gli operatori di Borsa.

E i numeri dicono ad esempio che il nostro Pil vale circa 1.530 miliardi a fronte dei 2.100 della Francia, che il nostro debito pubblico ha raggiunto quota 2.330 miliardi, ben al di sotto dei 2.100 francesi, e che il rapporto debito/Pil vale il 130% in Italia, uno dei valori più alti a livello mondiale, contro il 100% di Parigi.

E ancora, dato questo tra i più significativi, che la nostra spesa per interessi sul debito sia stata nell’ultimo anno pari a 55 miliardi di euro, un valore circa 4 volte superiore ai 15 miliardi della Francia, e che tra l’altro ha risentito positivamente dell’effetto del quantitive easing.

Basti pensare che solo qualche anno fa viaggiavamo infatti sull’ordine degli 80-90 miliardi all’anno, cifre con cui, data la fine dell’attuale politica monetaria della Bce, potremmo dover tornare a fare i conti.

Il valore dell’affidabilità

L’ultimo dato citato, quello relativo alla spesa per interessi sul debito, dimostra in maniera lampante quale sia il livello di affidabilità di cui gode la Francia a livello di mercati finanziari. Parigi infatti riesce in maniera molto più semplice a farsi finanziari il proprio debito, proprio perché non ha problemi a trovare investitori.

Un discorso che ovviamente non vale per l’Italia, sulla cui reputazione, non bisogna dimenticarlo, pesano in maniera negativa anche l’enorme fardello pensionistico con cui dobbiamo fare i conti e una spesa pubblica che nessuno è riuscito davvero in questi ultimi anni a tagliare in maniera significativa.

Non sorprende allora che questa scarsa fiducia nella solidità del nostro Paese, negli ultimi mesi, se possibile, sia ulteriormente aumentata. A testimoniarle c’è un altro, emblematico valore economico. Ci riferiamo al tasso medio di un titolo di Stato che se a gennaio era pari all’1,2%, ad agosto, ultimo aggiornamento disponibile, è raddoppiato a quota 2,44%.

Il segno evidente che per rendere appetibile il nostro debito pubblico serve soltanto pagare di più, visto che, a livello internazionale, della nostra solidità e della nostra reputazione economica ormai sono sempre in meno a fidarsi.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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