Start up, il piano è pronto
Economia

Start up, il piano è pronto

Il rapporto della task force ministeriale piace al mondo delle imprese innovative. Che adesso aspetta i fatti. E i soldi che sono sempre pochi

Restart Italia. Il giorno dopo il titolo del rapporto della task force del ministero dello Sviluppo economico sulle start up rivela allo stesso tempo l’ambizione del lavoro svolto e la difficoltà di farlo diventare realtà. "Creare un Paese ospitale con le imprese innovative significa cambiare il Paese", ha detto chiaramente il ministro Corrado Passera all’ISDAY, ieri a Ca Tron in casa H-Farm, in occasione di una giornata speciale per il mondo dell’innovazione, che sta apprezzando il suo impegno ma teme ancora che alle parole seguiranno pochi fatti.

Non è facile sintetizzare le proposte contenute in 160 pagine destinate a restare un testo di riferimento per un bel po’ di tempo (si può scaricare integralmente qui ). Sono state individuate misure di sostegno per ogni di fase di vita delle nuove imprese: la semplificazione per il lancio, le risorse finanziare e gli spazi fisici per la crescita, le modalità di exit (la vendita) o di chiusura per la maturità che non è sempre di successo. Ma chi fallisce non è un fallito. Questo è uno dei i “comandamenti” culturali che devono accompagnare il cambiamento normativo. In sintesi i punti-chiave sono questi: tutti possono fare start up (e avere le agevolazioni) senza limiti di età; serve un contratto di lavoro dedicato che dia stabilità ma che si possa chiudere facilmente; non è possibile compiere la svolta senza una grande azione che coinvolga Rai e scuole.

Un disegno ambizioso e quindi laborioso. "Le resistenze sono forti quando si vuole cambiare tutto", ammette lo stesso ministro Passera, che ha deluso chi si attendeva qualche anticipazione su quanto del rapporto entrerà nel prossimo decreto Digitalia, che nel frattempo è slittato a fine settembre. Ed è proprio questa incertezza politica a smorzare gli entusiasmi degli addetti ai lavori.

"Tutto bello, ma resta aperto il tema delle risorse per realizzarlo", osserva Marco Zamperini, Chief Innovation Officer di Value Partner. "Il problema in Italia è che non ci sono capitali di rischio. Quindi possiamo semplificare finché vogliamo, ma servirà a poco se continueranno a mancare i soldi per progetti innovativi di respiro internazionale", aggiunge Salvo Mizzi, responsabile del progetto Working Capital di Telecom. "D’accordo, vedremo che cosa diventerà realtà di questa bella costruzione.  Ma un passo avanti è stato fatto. Soprattutto è stata semplificata la comunicazione", osserva Tony Gherardelli, responsabile di StartUp Initiative di Banca Intesa. “I dodici apostoli”, come il ministro Passera ha chiamato i componenti della task force, e il coordinatore Alessandro Fusacchia hanno evitato tecnicismi e politichese, offrendo un’analisi chiara e organica delle azioni necessarie e possibili per incoraggiare la nascita di imprese innovative, attingendo al meglio delle esperienze internazionali. Sarebbe un peccato grave adesso se il loro lavoro restasse un elegante esercizio intellettuale.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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