Startup, cosa cambia nel 2013
Economia

Startup, cosa cambia nel 2013

Le Camere di commercio dovranno registrare in una sezione speciale le nuove imprese. Che potranno ottenere i vantaggi previsti dalla legge

Se il 2012 è stato l’anno della semina, il 2013 dovrebbe essere quello del raccolto. Si è tanto dibattuto, premiato, persino legiferato e adesso si attende l’era nuova delle start up, le imprese giovani e innovative che dovrebbero essere uno dei motori della crescita auspicata e necessaria per uscire dai gorghi depressivi del governo tecnico.

Il Decreto Crescita 2.0ha introdotto per la prima volta nella legislazione italiana il concetto stesso di start up e prevede agevolazioni per facilitarne la nascita e lo sviluppo. Un bel salto culturale, che adesso attende di diventare realtà economica. Molto dipenderà dall’attuazione della legge ma anche da come l’opportunità verrà colta dagli aspiranti imprenditori. La conversione in legge è della vigilia di Natale (19 dicembre) e ha allargato le maglie per essere una Sti (nome in codice per Start up innovativa). Per esempio i soci devono essere persone fisiche solo nei primi 24 mesi; la produzione e commercializzazione di prodotti e servizi innovativi deve essere l’oggetto prevalente e non esclusivo; nei costi di ricerca entrano molte voci non previste da decreto (dal business plan alle spese legali per i brevetti).

Insomma, saranno molte le neo-imprese che potranno godere dei benefici previsti dalla legge, che sono retroattivi: sono possibili anche per società esistenti fin da 48 mesi. E non sono vantaggi da poco, al punto che si parla già di “super società” per cui non valgono molte norme del diritto ordinario e sulle quali il fisco graverà meno, soprattutto nei piani di incentivazione per il personale. Le Sti non hanno vincoli sul capitale minimo e, anche se sono srl, possono emettere obbligazioni e assegnare azioni ai dipendenti, che potranno essere assunti in deroga alla legge Fornero.

Ci sono quindi le premesse per produrre innovazione senza i freni spesso lamentati per le nuove imprese. Il primo passaggio formale sarà l’iscrizione a una sezione speciale del Registro delle Camere di Commercio, che si sono mosse rapidamente e hanno già definito le modalità del nuovo passaggio burocratico e a fine dicembre hanno preparato, in accordo con il Ministero dello Sviluppo economico, una guida alle cose da fare per entrare ufficialmente nel mondo delle Sti. Anche se ancora la situazione tecnica è transitoria, visto che si attende il decreto del Ministero per l’approvazione del modulo digitale per presentare la domanda di iscrizione.

Adesso comincia il test della nuova impalcatura normativa. E sarà particolarmente interessante capire dai diretti interessati se davvero da questo momento sarà più semplice fare impresa, soprattutto per i giovani. E’ il momento di fare e servono a poco le polemiche di tipo “ontologico” come quella che da qualche giorno sta attraversando il mondo delle start up dopo che è stato reso noto la short list di una nuova sezione dedicata al settore all’interno del premio Leonardo. E’ stata preparata con la collaborazione del Ministero dello Sviluppo economico, ma nessuna delle prescelte sarebbe una Sti secondo la nuova legge e non godrebbe di alcun beneficio, è stato subito fatto notare polemicamente su Twitter. Perché si tratta di società che in qualche caso hanno dieci anni, cha fatturano già svariati milioni di euro, che hanno da tempo superato la fase dell’avviamento e dello sviluppo.

Una contraddizione? Nel giorno dell’Epifania ha risposto Alessandro Fusacchia, che ha coordinato la task force voluta dal ministro Passera, spiegando i criteri di selezione e concludendo: «Io vedo questo premio come una festa, come una celebrazione. Come un “far salire agli onori” il mondo delle startup. Lo vedo come una testimonianza. Il 15 febbraio al Quirinale ci sarà una delle dieci finaliste, ma in realtà ci saranno tutte. Non solo tutte e dieci, ma tutte quante le startup d’Italia». Quindi all’opera. Che si approfitti della nuova legge. E si raccontino gli innovatori d’Italia. Vecchi e nuovi.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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