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ANSA/FRANCO SILVI/CRI
Economia

Concessioni e spiagge italiane, e ora che succede?

L'annullamento della proroga automatica mette in crisi un settore che abbraccia 30 mila imprese. Ma apre alla concorrenza

Mentre la stagione estiva deve ancora entrare nel suo vivo, un vero proprio fulmine a ciel sereno si è abbattuto sulle nostre spiagge. La Corte europea di Giustizia con una sentenza ad hoc, ha infatti stabilito che le concessioni balneari assegnate con proroga automatica fino al 2020 non hanno nessun valore e che lo sfruttamento turistico di beni demaniali marittimi potrà d’ora in poi avvenire solo con un’asta pubblica.

Una decisione che rischia di mandare in tilt circa 30mila imprese italiane che lavorano in questo settore proprio attraverso concessioni pubbliche e che occupano milioni di lavoratori. Tra l’altro, l’intervento della Corte europea di Giustizia, era stato richiesto proprio da alcune di queste imprese che si erano viste tagliate fuori dalle assegnazioni e dalle relative proroghe automatiche.


Dunque, investiti della vicenda i giudici comunitari hanno stabilito che la gestione di lidi marittimi di proprietà dello Stato è assoggettabile a un servizio reso su suolo pubblico e in quanto tale deve quindi essere aperto alla libera concorrenza come stabilito dalla direttiva Bolkestein, una norma del 2006 entrata in vigore in Italia nel gennaio del 2010. In casi come questi dunque, hanno scritto testualmente i giudici della Suprema Corte continentale, "il rilascio di autorizzazioni relative allo sfruttamento economico del demanio marittimo e lacustre deve essere soggetto a una procedura di selezione tra i potenziali candidati, che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e di trasparenza (in particolare un'adeguata pubblicità)". Questo significa dunque, che la proroga automatica delle autorizzazioni "non consente di organizzare una siffatta procedura di selezione". Risultato: concessioni virtualmente annullate e ora patata bollente nelle mani del governo che dovrà decidere come comportarsi.


Di certo è immaginabile che almeno per questa estate le cose non verranno toccate e dunque gli attuali assegnatari potranno quanto meno portare a termine la stagione lavorativa appena avviata. Ma già dal prossimo anno, si potrebbero aprire scenari caratterizzati dalle mille incertezze, su un fronte come quello delle concessioni balneari, che tra l’altro da anni già rappresenta una vera e propria spina nel fianco per tante amministrazioni regionali e comunali. Non è chiaro innanzitutto se il nostro governo intenda in un qualche modo proporre un ricorso contro questa decisione. Oppure se, più diplomaticamente, voglia cercare un modo per assecondare le richieste dei giudici europei, cercando però la strada meno indolore per intervenire.


In ballo, come detto, c’è infatti il destino finanziario di decine di migliaia di imprese in un settore letteralmente strategico della nostra economia turistica. Si può anche prevedere che, tra il rinnovo automatico al 2020 e l’immediata messa all’asta delle concessioni, si possa trovare una soluzione di compromesso che sposti di un anno o due l’adeguamento giuridico alle richieste dell’Unione. Di certo, il far west legislativo che per anni l’ha fatta un po’ da padrone sulle nostre spiagge, sembra essere arrivato al capolinea. E laddove noi siamo andati avanti, come spesso accaduto, per proroghe e condoni, ora è arrivata la parola definitiva dell’Europa, alla quale in un modo o nell’altro bisognerà trovare il modo di adeguarsi. Vedremo dunque quali misure adotterà il governo già nelle prossime settimane.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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