Harvey Weinstein
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Economia

L'impero di Harvey Weinstein, spiegato bene

Come ha fatto il produttore americano a trasformare i film indipendenti in una macchina da soldi

Con tutta probabilità, il produttore americano Harvey Weinstein è, al momento, uno fra gli uomini meno graditi degli Stati Uniti. Il triste primato è il risultato di un’inchiesta del New York Times che ha svelato una scia trentennale di abusi ai danni di attrici e modelle. La sua, però, non è solo una caduta clamorosama anche la storia di un self-made man che, come racconta Business Insider, ha costruito un impero da 150 milioni di dollari. 

L’esordio

Weinstein è un figlio del Queens dove è nato nel 1952. Cresciuto in un appartamento di due stanze, condivide con il fratello Bob la passione per il cinema. I due, sin da piccoli, frequentano i cinema del sobborgo di New York. Weinstein si iscrive all’Università di Buffalo ed è proprio in questa città che lancia il suo primo business: una società di promozione dei concerti, la Harvey and Corky Productions.

Il primo cinema

Le cose vanno bene e il futuro produttore compra il Century Theatre nel downtown di Buffalo dove proietta film, quando la struttura non è utilizzata per i concerti. Nel 1979, insieme al fratello Bob, dà vita a una piccola società indipendente di distribuzione di film chiamata Miramax, un nome che unisce quello dei genitori, Miriam e Max.

Il successo di Miramax

Come ricorda il quotidiano newyorkese che ha decretato la fine della carriera del produttore, la Miramax ha saputo trasformare film indipendenti in successi planetari. E’ stato con la produzione del documentario del 1988 “La sottolinea linea blu”, che racconta la vita di Randall Adams, ingiustamente condannato alla pena di morte, che Miramax inizia a farsi notare. L’anno dopo, arriva il film di Sonderbergh “Sesso, bugie e video tape” che porta lo studio alla notorietà. I rumors, però, raccontano che i fratelli Weinstein gestiscono il business intimidando i dipendenti.

L’acquisizione

Nel 1993, la Walt Disney Company - riferisce il Guardianstacca un assegno da ottanta milioni di dollari e acquista la Miramax. I fratelli Weinstein continuano a gestire la società. Il primo film che esce dopo l’acquisizione è “Pulp Fiction”, una fra le pellicole più importanti del decennio, a cui fanno seguito “Il paziente inglese”, “Genio ribelle”, “Shakespeare in Love” e “Chicago”. Mentre Harvey diventa il volto pubblico della società, il fratello Bob decide invece di  promuovere in modo autonomo i propri film sotto l’insegna Dimensions Films a cui fanno capo i titoli più commerciali. 

The Weinstein Company

Nel 2005, i fratelli annunciano la fine del rapporto con Miramax e danno vita a una nuova casa di produzione, la Weinstein Company. Harvey sembra aver perduto il suo tocco magico: oltre un quarto dei film prodotti non incassa un milione di dollari negli Stati Uniti e alcuni non arrivano nemmeno a centomila dollari. Nel 2009, le difficoltà finanziare obbligano a un periodo di doloroso riassetto. Nel frattempo, la Walt Disney Company vende Miramax a un gruppo di investitori per 660 milioni di dollari. I fratelli Weinstein tentano, senza riuscirci, di riguadagnarne il controllo.

Gli Oscar

Il 2011 segna il ritorno del successo: “Il discorso del re” ottiene dodici nomination e vince l’Oscar per il miglior film. I critici acclamano Harvey Weinstein come il figliol prodigo di Hollywood. Nel corso della loro carriera, i fratelli Weinstein hanno portato a casa 341 nomination agli Oscar e 81 statuette. Anche dietro al Premio Oscar come miglior film straniero di “Cinema paradiso”, ci sono i due fratelli di New York.

La fine

Nel 2012, Harvey Weinstein viene nominato da Time fra le cento persone più influenti del mondo. Tre anni più tardi, un report 2015 di Forbes stima che la Weinstein Company sia valutata 150 milioni di dollari. Adesso, a tre giorni di distanza dall’articolo del New York Times, è arrivato il licenziamento per Harvey Weinstein. Il consiglio di amministrazione che l'ha deliberato era guidato dal fratello Bob.

Per saperne di più:

- Oscar 2018: i 14 film italiani candidati


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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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