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Accordo sulle sofferenze bancarie italiane: le incognite

A Bruxelles il ministro dell’Economia Padoan ha raggiunto l’intesa per ripulire i bilanci delle nostre banche. Ma a quale prezzo?

Alla fine di un lungo tira e molla sembra che il ministro dell’Economia italiano Pier Carlo Padoan e la Commissione UE per la Concorrenza abbiano trovato la quadra al problema della ripulitura dei bilanci bancari dalle sofferenze e dai crediti incalliti (crediti deteriorati).

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Per avere un’idea di quello che la Grande Recessione ha prodotto in Italia è bene ricordare qualche dato: il PIL reale si è ridotto del 10% con un ritorno ai livelli del 1995, la capacità produttiva è calata del 30%, sono fallite oltre 100.000 imprese, il tasso di disoccupazione è oltre l’11%, quello giovanile oltre il 42%. Insomma, una disfatta.
 
Pensare che un sistema bancario, per quanto solido, possa resistere a otto anni di recessione e politiche economiche restrittive è una pia illusione. E ciò nonostante sia stato ammaestrato dalla crisi bancaria del secolo scorso e dalla scelta a doppio circuito del credito (banche di raccolta del risparmio e banche d’investimento, in base alle leggi bancarie del 1936), che non ha mai spinto eccessivamente sulla trasformazione degli istituti di credito in banche universali, come invece hanno fatto Regno Unito, Germania e Spagna.

I crediti deteriorati

La dimensione del tracollo economico dell’Italia, che rischia di finire nella marginalità economica mondiale, è data dall’evoluzione dei crediti deteriorati passati da 85 miliardi (2008) a oltre 350 miliardi di euro (2015). Se le aziende chiudono o perdono mercato – per raggiungere i livelli di produzione del 2008, comunque un anno in cui il PIL si era ridotto con gli attuali tassi di crescita, ci vorranno almeno quindici anni – e se le famiglie perdono la certezza dei redditi, i prestiti concessi per investimenti e acquisto di immobili non possono essere onorati e gli impieghi delle banche diventano inesigibili.

Tuttavia, proprio perché il sistema bancario italiano è in genere un sistema conservatore – come chiunque ha verificato almeno una volta nella propria vita quando si è recato in banca per chiedere un finanziamento – i prestiti bancari sono assistiti da garanzie varie (reali, di firma, etc) e/o da assicurazioni.
 
Nessuna bad bank
 
Su oltre 350 miliardi di crediti deteriorati le sofferenze ammontano a oltre 200 miliardi (il 70% oltre 500.000 euro) per un totale di circa 1.250.000 debitori in stato di insolvenza. Il resto sono crediti incagliati di cui si prevede di perdere l’interesse, ma recuperare almeno il capitale. Il problema è come ripulire i bilanci delle banche da questi crediti deteriorati senza deprimere troppo il capitale che deve rispettare alcuni parametri di solidità (CET1, TIER1 e TCR).

Le banche hanno svalutato le sofferenze, ma il problema è che queste rettifiche sono meno del 60% del valore delle sofferenze e attorno al 45% del totale dei crediti deteriorati. I bilanci continuano quindi a considerare impropriamente parte di queste sofferenze tra gli impieghi. Il problema è come liquidare queste sofferenze. Il modo è noto: vendere agli operatori specializzati (Cerved Credit, Prelios, Credito Fondiario, Cerberus, Nomura, Morgan Stanley, etc.). Il vero problema però resta, vale a dire a quale prezzo cedere questi prestiti.

Il prezzo della svalutazione

L’esperienza più recente riguarda Banca Popolare dell’Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti dove i prestiti, che ammontavano a 8,5 miliardi sono stati svalutati a 1,5 miliardi, cioè di oltre l’80%. Se una simile rettifica venisse applicata alle sofferenze bancarie in essere, il sistema dovrebbe accollarsi un costo superiore ai 50 miliardi. In una fase di bassa redditività, una tale cifra sarebbe difficile da ottenere con aumenti di capitale che non deprimano ulteriormente i corsi azionari delle aziende di credito, già gravate dagli adeguamenti patrimoniali imposti dalla BCE (Banca Centrale Europea).

Ecco allora l’accordo di Bruxelles tra Padoan e la danese Margrethe Vestager, responsabile della Commissione UE per la Concorrenza: non una bad bank garantita dallo Stato che raccoglie tutte le sofferenze e le vende sul mercato, come proponeva l’Italia, ma un processo di cartolarizzazione garantito dallo Stato, in modo decrescente sulla base della qualità dei prestiti considerati.

Le sofferenze verranno raggruppate in tranche (senior, mezzanine, etc.). Spetterà poi al Tesoro garantire in diverso modo e grado queste tranche sulla base del pagamento di una commissione. Il prezzo di cessione al mercato di questi pacchetti di sofferenze avverrà a livello di singola banca e verrà definito sulla base del rischio di riscossione, che a sua volta verrà certificato da agenzie di rating indipendenti riconosciute dalla BCE.
 
Questo meccanismo garantirà una svalutazione contenuta dei crediti? Eviterà al Tesoro, quindi ai contribuenti, di accollarsi il costo delle sofferenze? È questa la scommessa dei prossimi mesi.

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