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Economia

Sciopero commercialisti: tutte le conseguenze

Le sanzioni per il mancato invio a febbraio delle dichiarazioni Iva saranno a carico dei professionisti e non dei contribuenti

Si fa sempre più intricata la vicenda dello sciopero decretato dai commercialisti per protestare contro i nuovi adempimenti fiscali imposti dall’ultima legge di bilancio. I professionisti del fisco hanno infatti deciso di astenersi dal lavoro dal 26 febbraio al 7 marzo. Un blocco di una settimana che in pratica produrrà il mancato invio delle dichiarazioni Iva la cui scadenza è fissata per il 28 febbraio. A tenere banco in queste ore è il problema delle sanzioni che ovviamente l’Agenzia delle entrate dovrà applicare per il ritardato invio delle dichiarazioni. I commercialisti chiedono infatti che vengano abolite, visto che saranno loro a doverle pagare, a fronte dell’omissione dell’invio. Una misura che però esigerebbe un intervento di carattere legislativo. Ma vediamo nel dettaglio i particolari di tutta questa vicenda che invece non avrà, a meno di sorprese dell’ultima ora, nessuna ripercussione diretta per i contribuenti.

Le date dello sciopero

Decisione storica dei commercialisti che, per la prima volta, hanno deciso di indire uno sciopero nazionale di una settimana per protestare contro il continuo aumento delle procedure burocratiche connesse alle dichiarazioni fiscali. L’agitazione prenderà il via la mezzanotte del 26 febbraio e si protrarrà fino al 7 marzo.

Il perché dell’agitazione

A causare la decisione di protesta dei commercialisti sono stati in particolare gli otto nuovi adempimenti a regime introdotti dal decreto fiscale collegato alla manovra e relativi alla comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute e delle liquidazioni Iva.

Le pratiche che saltano

Il fermo all’attività deciso dai commercialisti produrrà in particolare il mancato invio delle dichiarazioni Iva, la cui scadenza è fissata per il 28 febbraio. In pratica accadrà che i professionisti acquisiranno la dichiarazione del proprio cliente, ma non la invieranno secondo i tempio stabiliti, bensì una volta finita la protesta. Un ritardo in pratica di una settimana che avrà conseguenze fin d’ora prevedibili.

Le sanzioni e chi paga

In caso di ritardato invio delle dichiarazione si sa fin d’ora infatti che l’Agenzia delle entrate applicherà delle sanzioni. Attenzione però perché per il cittadino contribuente non ci sarà nessuna conseguenza, in quanto la delega alla trasmissione della dichiarazione Iva scarica sul professionista la responsabilità dell’eventuale ritardo. Una circostanza questa che potrebbe avere conseguenze non da poco per i commercialisti che aderiranno all’agitazione. In presenza infatti di più clienti, il singolo professionista potrebbe ritrovarsi a pagare una sanzione complessiva di entità molto cospicua. Insomma, lo sciopero potrebbe costare davvero molto caro.

Annullare le sanzioni

È per questa fondata ragione che in queste ore, le organizzazioni di categoria dei commercialisti, stanno chiedendo a gran voce che le sanzioni in questione vengano abolite. Una richiesta diretta in maniera esplicita all’Agenzia delle entrate che però, per bocca del suo direttore Rossella Orlandi, ha già fatto sapere che un provvedimento del genere potrà essere adottato solo attraverso una legge specifica, chiamando quindi in causa direttamente governo e Parlamento. Una complicazione non da poco che magari potrebbe spingere gli stessi commercialisti a rivedere le modalità della propria protesta. Staremo a vedere.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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