Sanità, tagli a reparti e posti letto
Economia

Sanità, tagli a reparti e posti letto

Entro la fine dell’anno le Regioni dovranno adeguarsi alla spending review voluta dal governo

È ancora in balìa del burrascoso rapporto tra governo e Regioni il destino della spending review che dovrebbe colpire pesantemente la sanità pubblica. Dopo il decreto di questa estate, che definiva i contorni dei tagli da mettere in campo, in questi giorni il ministro della Sanità Renato Balduzzi ha messo a punto le regole attuative del programma di contenimento della spesa sanitaria che le Regioni dovrebbero tradurre in provvedimenti effettivi entro il prossimo 31 dicembre. Il condizionale però è d’obbligo, perché nelle prossime settimane si infittiranno i contatti tra governo e Regioni. Queste ultime infatti stanno cercando in tutti i modi di resistere ad una intromissione governativa in un ambito gestionale che dovrebbe essere di esclusiva competenza delle Regioni stesse.

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La situazione però è tale, o meglio, dovremmo dire, il disastro gestionale è tale, che il governo ha deciso di intervenire pesantemente, e i sacrifici che chiede non sono pochi. Sono circa 20mila i posti letto che dovranno essere ridotti per le degenze ordinarie, un migliaio invece i reparti considerati inutili che dovranno scomparire. Un problema quest’ultimo non da poco se si pensa che comporterà la perdita della poltrona per altrettanti baroni e primari ospedalieri che di certo faranno sentire tutto il peso della loro lobby. Nulla si sa ancora con chiarezza sulla cifra che lo Stato risparmierà da questi interventi, anche perché come detto, molto dipenderà da quello che le Regioni saranno in grado effettivamente di attuare.

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Tra le realtà più colpite ci saranno certamente Molise, Tentino e Lazio che dovranno mettere in campo politiche di riduzione della spesa dell’ordine, rispettivamente, del 30%, del 20% e del 19%. Una vera e propria rivoluzione, soprattutto per quanto riguarderà il riordino delle prestazioni degli ospedali. Le linee guida imposte dal ministro Balduzzi, prevedono infatti tre classi diverse di strutture, a cui d’ora in poi dovranno uniformarsi tutte le Regioni.

Ci sarà innanzitutto un ospedale di base, con bacino di utenti che andrà dagli 80mila ai 150mila abitanti, e che avrà un pronto soccorso e un numero essenziale di specialità. Poi un presidio, cosiddetto di primo livello, al servizio di una comunità di 150-300mila abitanti, che potrà contare su reparti di emergenza-urgenza con numerose specialità e tecnologie avanzate. Infine i grandi ospedali tipo gli Irccs, detti di secondo livello, destinati ad una platea tra i 600mila e il milione di abitanti, che avranno tutte le dotazioni maggiori.

“In realtà però – ci spiega Stefano Cecconi, responsabile Politiche della salute della Cgil – questa razionalizzazione delle spese potrà solo marginalmente compensare il taglio pesantissimo che la sanità ha subito e subirà in questi anni. Solo con il governo Monti stiamo parlando di riduzioni di trasferimenti alle Regioni che dal 2012 al 2015 saranno di 9,4 miliardi di euro”. Una cifra che sale addirittura a circa 30 miliardi di euro se si calcolano anche i tagli apportati dal 2011 ad oggi. “Di fronte a questo scenario – attacca Cecconi – in molte strutture sanitarie si dovrà decidere ad esempio tra l’acquisto di un nuovo macchinario e la conseguente chiusura di un consultorio, perché la spesa imposta alle Asl locali dovrà essere comunque rispettata”.

Una situazione che ovviamente non potrà che ripercuotersi sui cittadini, con conseguenze fin d’ora immaginabili. “Già in questi mesi si sono visti sul territorio gli effetti di questa sorta di smantellamento sanitario – fa notare Cecconi – con categorie come quelle degli invalidi o dei pensionati pesantemente colpiti. Ma se si andrà avanti di questo passo, anche il cittadino medio potrà ritrovarsi tra qualche tempo di fronte al taglio di prestazioni a cui prima aveva avuto sempre diritto. Un contesto drammatico aggravato tra l’altro dall’ultima legge di stabilità che prevede ulteriori tagli di 600 milioni per il 2013 e di un miliardo per il 2014”.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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