Lo stato di salute dell'economia italiana
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Economia

Lo stato di salute dell'economia italiana

Male ancora il pil e il debito, ma bene il deficit, il consolidamento fiscale e la fiducia di imprese e famiglie. In attesa della Bce e delle riforme

Tutto peggiore del previsto, ma il declino dovrebbe essere finito. Per l'economia italiana il 2014 si è chiuso con una contrazione del Pil dello 0,4%, un decimale peggio delle previsioni. Di conseguenza, anche il rapporto debito/Pil è risultato essere più elevato delle attese, 132,1% (lo 0,5% in più). Sotto controllo il disavanzo pubblico, entro i parametri del Fiscal compact. E ci sono alcuni segnali confortanti, come il morale di consumatori e imprese nei primi due mesi dell'anno in corso. In quest'ottica, il Quantitative easing (Qe) della Banca centrale europea (Bce) potrebbe dare una grossa mano all'Italia.

Il pil scende ancora

Dopo il crollo dell'1,7% registrato nel 2013, il Pil italiano ha subito una flessione anche nell'anno appena trascorso. Nello specifico, di quattro decimali rispetto al precedente. Il Pil, ha spiegato la Commisione europea nella settimana appena finita, soffre per la persistente scarsa produttività italiana e per una competitività minore rispetto ai partner internazionali. Un grosso beneficio, spiega Palazzo Berlaymont, può giungere dalla piena adozione delle riforme strutturali promesse, ma i tempi sono corti. O si agisce in modo deciso fin da ora o il 2015 sarà ricordato come l'anno della stagnazione. Infatti, secondo Bruxelles, il Pil italiano crescerà dello 0,6% nell'anno in corso. Meno della media europea. E questo si ripercuote sull'indebitamento pubblico.

Il debito resta alto

Infatti, il debito pubblico resta elevato. I 2.100 miliardi di euro sono il 132,1% del Pil, e non è mai stato così elevato nella storia italiana. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale (Fmi) e della Commissione europea, dovrebbe aumentare ancora nell'anno in corso, fino a toccare un picco del 133% del Pil. Inoltre, come ha ricordato Bruxelles la scorsa settimana, il debito rappresenta la maggiore fonte di vulnerabilità del Paese. La priorità è quella di ridurlo al più presto, per evitare che eventuali shock esterni, o interni, possano impattare sul sistema bancario del Paese, il quale detiene circa 415 miliardi di euro di titoli di Stato italiani, secondo i dati Bloomberg. E per ridurlo, dice Bruxelles, ci sono tre vie: consolidamento fiscale, crescita nominale più significativa, riforme strutturali. Senza di esse, Roma resterà ostaggio del proprio debito.

Disoccupazione: primi segnali di miglioramento

C'è poi il capitolo disoccupazione. Resta elevata, oltre 12,5%, ma sta iniziando a scendere (leggi qui i dati), almeno a gennaio di quest'anno, dove è avvenuto il secondo calo consecutivo dallo scorso dicembre. In contrazione anche il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero la fascia compresa fra 15 e 24 anni, passato dal 41,4% di dicembre al 41,2% di gennaio, cioè il minimo da 17 mesi. Si tratta però di cifre che restano allarmanti, sintomo di un'economia che fa ancora fatica a riprendersi e che difficilmente potrà tornare sui livelli pre-crisi entro la fine del decennio. Il lavoro da fare è ancora molto.

Ma ci sono segnali positivi

Fin qui, i principali lati negativi di un'economia fragile, disomogenea e vulnerabile agli shock. Ma c'è anche qualcosa di buono. Come il deficit pubblico, che resta sotto quota 3% del Pil. E l'Italia non ha dovuto chiedere una deroga pluriennale per il rientro sotto questa soglia, come invece fatto dalla Francia pochi giorni fa. Il consolidamento fiscale procede, seppure in modo lento e discontinuo. E non c'è, almeno per ora, il pericolo dell'apertura di una procedura d'infrazione per deficit eccessivo da parte della Commissione europea. Inoltre, sta migliorando molto il morale di imprese e famiglie, tornati ai massimi degli ultimi cinque anni. Il merito principale, come spiega la banca anglo-asiatica HSBC, non è però del Paese, ma della mutata percezione della crisi dell'eurozona dopo le ultime azioni della Bce. Più migliorano le aspettative degli operatori finanziari, più ne trae giovamento l'economia dell'area euro in generale, fra cui l'Italia.

A sostenere l'economia italiana potrebbe quindi arrivare una mano da Francoforte. In questo mese la Bce di Mario Draghi inizierà a comprare bond governativi sul mercato secondario, quindi non direttamente dagli Stati, ma dalle istituzioni finanziarie. Al ritmo di 60 miliardi di euro al mese (50 miliardi di titoli di Stato, 10 miliardi di titoli corporate), gli acquisti dureranno fino al settembre 2016, per un ammontare complessivo di 1.080 miliardi. Duplice potrebbe essere il beneficio per l'Italia. Da un lato, le banche libereranno i propri bilanci dal fardello dei Btp, creando risorse per il finanziamento alle imprese. Dall'altro, gli analisti attendono un abbassamento ulteriore dei rendimenti dei titoli di Stato, fattore che permette all'Italia di rifinanziare il proprio debito pubblico a un costo minore sul mercato, e quindi anche di pagare di meno in termini di interessi passivi sul debito. In ogni caso, come ha spesso ricordato Draghi, il maggior supporto per il ritorno alla crescita parte dagli Stati stessi, tramite le riforme. Il 2015 rappresenta un treno da prendere a tutti i costi.

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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