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ANSA/LUCA ZENNARO
Economia

Risparmiometro, l'occhio del Fisco sui nostri risparmi

Dopo Spesometro e Redditometro arriva il Risparmiometro, nuova arma dell'Agenzia delle entrate per scovare gli evasori. E il contribuente è nudo

È questione di settimane, se non di giorni. E quando il megadirettore Antonino Maggiore darà il suo via libera, l’Agenzia delle entrate potrà puntare finalmente il suo potentissimo occhio digitale sui singoli contribuenti, non solo sulle aziende. Facendo compiere alla lotta all’evasione fiscale un grande salto in avanti. Almeno così sperano il Fisco e il governo, a caccia di soldi per tappare il buco del deficit pubblico, anche se molti dubbi si addensano sull’effettiva utilità dell’ultimo supercannone messo in campo.

L’arma è stata battezzata Risparmiometro ed è uno dei pezzi di cui si compone l’Anagrafe tributaria: in sostanza si tratta di un algoritmo che verifica se i risparmi accumulati dal contribuente in un anno sono coerenti con i redditi dichiarati. E può farlo perché da 10 anni, cioè dall’entrata in funzione dell’Anagrafe, banche e operatori finanziari sono obbligati a fornire al Fisco i saldi annuali di tutti i nostri conti e altre informazioni su base mensile (come aperture e cessazioni di rapporti e operazioni effettuate direttamente allo sportello bancario attraverso assegni circolari o contanti). Così nei computer dell’anagrafe dei rapporti finanziari, gestiti dalla Sogei, si è accumulata una mole spaventosa di dati: 75 milioni di conti correnti, 115 milioni di carte di credito, 21 milioni di gestioni patrimoniali, 1,8 milioni di prodotti finanziari amministrati dalle assicurazioni, 124 milioni di incassi di assegni, per un totale di 670 milioni di rapporti finanziari. Il bello del Risparmiometro è che lavora automaticamente: l’algoritmo è in grado infatti di creare degli elenchi selettivi di contribuenti da mettere sotto controllo quando rileva delle anomalie. Per esempio, un contribuente che riceve ogni mese uno stipendio e ha uscite troppo modeste, potrebbe rivelare l’esistenza di altre entrate in nero. Oppure un consistente investimento che non trova giustificazioni in base ai guadagni annui.

Uno strumento predittivo

«È uno strumento predittivo» spiega Gaetano Ragucci, professore ordinario di diritto tributario all’Università di Milano e presidente dell’Associazione nazionale tributaristi italiani, «che si aggiunge a Spesometro e Redditometro, che sono invece strumenti di accertamento». In altre parole, il Risparmiometro lavora a monte, mentre lo Spesometro, che verifica la congruità tra reddito e spese sostenute, e il Redditometro, che confronta il tenore di vita con i redditi dichiarati, intervengono in una fase successiva. Il raggio di azione del Risparmiometro è vastissimo, potendo attingere ai dati relativi a tutti nostri risparmi, conti correnti, conti postali e rapporti fiduciari compresi.

A partire dallo scorso anno, nella fase sperimentale, il Grande fratello è stato usato per individuare contribuenti «sospetti» solo tra le aziende: grazie ai dati condivisi con l’Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza (alla quale è stato concesso con un apposito provvedimento l’accesso ai dati dell’Anagrafe) ha individuato 1.200 posizioni, di cui 156 a rischio di evasione. Sono imprese che hanno movimentato i conti correnti per importi superiori a un milione di euro. Il prossimo passo è utilizzare il Risparmiometro nel vasto terreno di caccia delle persone fisiche.

Può sembrare strano, ma questo strumento potentissimo ha una lunga storia che rivela tutte le titubanze dell’Agenzia ad avvalersi di un ordigno così invasivo. «La Super anagrafe era già stata concepita nel 1991» racconta il professor Ragucci «ed è rimasta nel congelatore fino al 2009 quando è finalmente divenuta operativa. Poi, nel 2011, è stata destinata anche alla creazione di elenchi selettivi di contribuenti da mettere sotto controllo. Ma di fatto non se ne è fatto niente, tanto è vero che nel 2017 la Corte dei Conti ha denunciato l’inerzia del Fisco». Infatti il 26 luglio di due anni fa la Sezione centrale di controllo della Corte scriveva: «Deve rilevarsi una grave inadempienza dell'Agenzia che non ha mai elaborato le previste liste selettive né successivamente le analisi del rischio evasione e di conseguenza non ha potuto riferire alle Camere sui risultati nella lotta all'evasione derivante dall'utilizzo dell'Anagrafe dei rapporti finanziari». L’Agenzia delle entrate si mette al lavoro ma deve sottostare al controllo del Garante della privacy che poche settimane fa, in maggio, ha acceso la luce verde anche per le indagini sulle persone fisiche a partire dagli anni 2014 e 2015 ma piazzando alcuni paletti. Del tipo: i risultati ottenuti dall’algoritmo devono essere verificati da una persona in carne e ossa prima di far scattare un accertamento, che dunque non può partire in automatico; il contribuente deve avere il diritto di correggere le informazioni sbagliate emerse dall’analisi dei dati.

L'onere della prova

E qui spunta grande come un macigno uno dei pericoli di questi strumenti digitali: «C’è il rischio» avverte Marco Cuchel, presidente dell’Associazione nazionale dei commercialisti «che tali metodi di accertamento induttivo scarichino l’onere della prova sul contribuente, magari in relazione a un’operazione di 5 anni fa di cui non si ricorda più nulla». Ancora più dura la posizione di Serena Sileoni, vicedirettore dell’Istituto Bruno Leoni: «Siamo tutti sudditi nudi davanti al Fisco. E quando a un contribuente verrà contestato di essersi discostato dai parametri, gli converrà pagare anche se avrà ragione, pur di non dover affrontare uno procedimento contro l’Agenzia delle entrate. Sono strumenti “ricattatori”».

Il tema dei diritti dei contribuenti di fronte a questi nuovi strumenti digitali sarà al centro del congresso dell’Associazione nazionale dei tributaristi, che si terrà a Torino il 4 e 5 ottobre: «Se parte un accertamento» sostiene il presidente Ragucci «per il cittadino è difficile difendersi, poiché né lui né il giudice conoscono il funzionamento dell’algoritmo.Siamo nell’era della fiscalità digitale e ancora non abbiamo un codice delle procedure e dei diritti del contribuente».C’è poi il problema della privacy e della sicurezza dei dati: quante persone possono accedere alle informazioni custodite nelle banche dati dell’Agenzia? Centinaia, migliaia? E se ci sono dei funzionari disonesti dell’Agenzia, come del resto è già stato documentato da Panorama? Un bel pericolo, anche perché non c’è nessun’altra organizzazione in Italia che abbia un quadro completo di quello che guadagniamo, spendiamo e possediamo.

Ma serve davvero?

E infine c’è da chiedersi se tutta questa massa di dati serva davvero. Da anni l’evasione fiscale complessiva è stimata dal ministero dell’Economia in circa 100 miliardi di euro, un valore che si mantiene costante nel tempo nonostante l’Agenzia delle entrate riesca a recuperare ogni anno miliardi nascosti al Fisco (16 lo scorso anno). «Gli strumenti per dare la caccia agli evasori si moltiplicano» commenta Cuchel «ma i risultati non si vedono». Del resto la stessa Agenzia non sembra molto convinta sull’efficacia degli accertamenti elettronici sulla massa dei contribuenti. In anonimato, un dirigente ricorda che grazie alla collaborazione con la Procura di Milano il Fisco ha recuperato ben 1,2 miliardi di tasse non pagate dalla Kering (il gruppo francese che possiede la maison di moda Gucci), un dato che non ha precedenti in Europa ed è il secondo al mondo: «Quanti redditometri o risparmiometri ci vogliono per ottenere un risultato simile?» si chiede retoricamente il funzionario. Molto meglio puntare sui bersagli grossi, come Apple, a cui sono stati fatti sborsare 300 milioni, o l’Ubs, che verserà all'Agenzia delle Entrate 111,5 milioni di euro per chiudere un contenzioso fiscale con risvolti penali. Attualmente sarebbero ben 220 le banche estere sulle quali la Procura di Milano sta indagando sotto la guida di Francesco Greco. 

Gli uomini dell’Agenzia mostrano anche con soddisfazione i risultati ottenuti dalla fatturazione elettronica, scattata all’inizio dell’anno: grazie a questo sistema tra gennaio e aprile le entrate dell’Iva sono aumentate di 1,5 miliardi con una crescita del 5 per cento. Se si va avanti così, a fine anno il maggior gettito potrebbe raggiungere i 4-5 miliardi. Un bel numero, anche se i commercialisti continuano a richiamare l’attenzione sui pericoli che corrono i dati dell’economia italiana, gestiti dalle aziende private che si occupano della trasmissione delle fatture.

Insomma, il Grande fratello fa molta paura ma forse è meno utile di quanto ci si aspetti. Quando gli americani combattevano in Vietnam, avevano un approccio in stile Ibm: analizzavano una quantità enorme di dati. E persero la guerra.


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Guido Fontanelli