Riforma delle pensioni: novità oltre Quota 100
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Economia

Riforma delle pensioni: novità oltre Quota 100

Da Quota 41 a Quota 102 passando dalla proroga di Opzione Donna e Ape Sociale Governo e Sindacati toccano le pensioni facendo tremare gli italiani

Modificare il sistema pensionistico italiano per renderlo più agile, economico e moderno è l'obiettivo teorico della riforma previdenziale cui stanno lavorando Governo e sindacati.

Come superare Quota 100

In particolare si studia il modo per rendere più flessibile l'uscita dal lavoro e superare la sperimentazione di Quota 100 (come somma di età anagrafica ed età contributiva) evitando lo scalone di 5 anni che attende le casse dello Stato dal prossimo anno. In quella data, infatti, i tre anni di sperimentazione di Quota 100 termineranno e si creerà uno scalone di 5 anni tra chi è riuscito ad andare in pensione con 62 anni di età e 38 di contributi e chi, dal 2022, sarà costretto a restare al lavoro fino a 67 anni (l'età in cui scatta la pensione di vecchiaia in Italia).

L'orizzonte

Dopo che, la scorsa settimana, si è svolto un primo giro di consultazioni tra Governo e Parti Sociali l'orizzonte delle ipotesi per superare Quota 100 si è ristretto concentrandosi sul concetto di "doppia flessibilità in uscita". Le categorie dei lavoratori, in questo senso, verrebbero divise in due. Coloro che svolgono attività usuranti o gravose potrebbero andare in pensione già a 62 (o 63) anni con un'anzianità contributiva di 36 (o 37) anni. L'uscita anticipata non verrebbe particolarmente penalizzata e ci sarebbe anche la potenzialità di sfruttare il cosiddetto Ape Sociale in versione potenziata e strutturale. Per tutti gli altri lavoratori la prima finestra utile di uscita dal mondo del lavoro sarebbe a 64 anni con almeno 37 o 38 anni di contribuzione. A seconda dell'età in cui si sceglie di andare in pensione (rispetto alla naturale soglia dei 67 anni per la quale scatta quella di vecchiaia) si subiranno delle penalizzazioni legate al metodo contributivo e proporzionali agli anni di anticipo d'uscita rispetto al limite di vecchiaia dei 67.

Quota 41

Le parti sociali, però, premono per non escludere la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall'età anagrafica, una sorta di "Quota 41" valida per tutti.

Oggi, infatti, questa opzione è possibile solo per i lavoratori precoci ovvero quelli che a 19 anni già avevano versato un anno di contributi.

Il nodo, come sempre, è quello delle coperture visto che, dai primi studi, introdurre Quota41 farebbe elevare la spesa pubblica previdenziale di 21 miliardi, denaro che, nell'annus horribilis del Covid potrebbe essere destinato altrove.

Ape Sociale e Opzione Donna

I sindacati, poi, puntano alla riconferma di Ape sociale ampliando la platea dei cosiddetti "lavori logoranti" e puntano alla proroga di Opzione donna ovvero la possibilità, per le donne, di andare in pensione a 58 (59 per le autonome) anni con 38 anni di contributi. La misura era stata introdotta nel 2004 dall'allora Ministro del Walfare Roberto Maroni e in seguito è stata riproposta più volte fino a quando la Legge di Bilancio 2020 l'ha prorogata un ulteriore anno.

Nel 2021, invece, potranno lasciare il lavoro in anticipo le donne nate entro il 31 dicembre del 1961 (31 dicembre del 1960 per le autonome) con 35 anni di contributi entro il 31 dicembre del 2020.

Scegliere Opzione Donna, però, per il sistema di calcolo contributivo, costa (per sempre) alle lavoratrici circa il 25,30% dell'assegno che sarebbe loro dovuto spettare.

Il calendario

Nei prossimi giorni sono in calendario 4 tavoli tecnici tra governo e parti sociali per sciogliere il nodo delle coperture e le altre questioni lasciate aperte.

Dal Ministero del Tesoro trapela agitazione perché il pacchetto pensioni varrebbe almeno 500 milioni di euro e l'Italia non può permettersi di sforare ulteriormente il deficit di bilancio.

Dall'altra parte, però, l'Europa ha posto come condizione per la concessione del Recovery Fund proprio la revisione del sistema previdenziale italiano. In più resta insoluto, al momento, il tema della previdenza complementare con i sindacati che puntano a far passare la linea del ricorso per tutti a un nuovo semestre di silenzio-assenso per la scelta del Tfr per rilanciare le adesioni ai fondi pensione soprattutto per le piccole imprese. Progetto oneroso che, anche in questo caso, va a scontrarsi con le esigenze di bilancio di un Governo sempre più in bilico.

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Barbara Massaro