Ricchi e tasse: com'è difficile far pagare i Paperoni
Economia

Ricchi e tasse: com'è difficile far pagare i Paperoni

Hollande in Francia costretto alla retromarcia. Ma perché è così difficile far pagare i ricconi? Interviene l'economista Francesco Daveri

Tassare di più i più ricchi. Già, ma come? Se appena provi a toccarli nel portafoglio i ricchi non piangono, ma scappano altrove. E l’ultima disillusione arriva dalla socialista Francia, con Bernard Arnault , irritato con il quotidiano Libération che ha rivelato ai francesi la sua tentazione di spostare le società del gruppo Lvmh all’estero. E con il presidente Francois Hollande costretto alla retromarcia: resta l’aliquota al 75 per cento, ma forse verrà alzata ai 2 milioni di reddito esclusi artisti e sportivi. Chi può dire che questo sia equo?

Insomma. La disuguaglianza sociale è tornata ai livelli degli Anni ‘20. Obama annuncia un sistema fiscale che renda la società più giusta.Warren Buffet lo segue chiedendo di pagare di più. In Gran Bretagna il dibattito è acceso e persino gli economisti tedeschi invocano la patrimoniale, ma nei fatti la quadratura del cerchio non si trova. Francesco Daveri, docente di Scenari economici all’Università di Parma e al Master in Business administration della Sda Bocconi, ci fa capire perché.

L’economista di Oxford Sir Tony Atkinson spiega che “è ormai riconosciuto che non possiamo raggiungere eguaglianza delle opportunità in un mondo in cui ci sono grandi divaricazioni di ricchezza”. Perché è così difficile passare dalla teoria alla pratica?

Basta guardare a cosa sta avvenendo in Francia ed è chiaro: il capitale umano, come i manager,  e i capitali finanziari sono per definizione mobili, e scappano altrove. Non si può trattenerli.

Forse intervenendo sulla ricchezza in tutti i Paesi…

Solo idealmente è così. Le economie, gli stili di vita e i modelli di impresa variano così tanto da Stato a Stato che mi sembra utopistico parlare di tassazione unificata o simile. Come si può paragonare ad esempio la rete delle nostre piccole e microimprese con il modello tedesco?

È per questo che l’esempio francese poteva essere interessante. Un precedente….

La promessa di tassare di più i ricchi ha fatto vincere le elezioni presidenziali a Hollande così come la promessa di abolire l’Ici ha riportato Berlusconi a Palazzo Chigi. Promesse demagogiche ma non risolutive. Un’aliquota del 75 per cento come quella vagheggiata da Hollande le pare equa? Non è invece un po’ eccessiva? Il mondo è vasto e chi ha molto reddito e molto capitale lo sposta là dove paga meno molto più facilmente della gente comune.

E allora tagliamola un po’ questa aliquota... Quale potrebbe essere secondo lei una percentuale giusta perché la tassazione sia, se non accettata, tollerata?

Sempre ammesso che sia giusto ed efficace applicare aliquote pesanti a quell’1 per cento della popolazione molto ricca, io preferisco spostare l’attenzione dalle percentuali per chiedermi piuttosto se sia più giusto tassare il reddito o i risparmi e i capitali che da questo provengono.

Niente aumenti Irpef e tassa sul capitale, dunque?

Sì, ma con alcuni distinguo. Ci sono capitali, come quelli finanziari che sono “mobili” per definizione. Ci sono patrimoni costituiti da case o beni di lusso che è giusto tassare in mondo differenziato e progressivo. E questo mi sembra che il Governo Monti abbia già cominciato a farlo.

Senza frenare fughe di capitali o impedire di spostare residenze o posti barca altrove…

Vede dunque quanto è difficile? Per questo bisogna procedere con costanza e accortezza costruendo un metodo di tassazione proporzionale, lottando contro l’evasione fiscale e allo stesso tempo sviluppando il senso civico e la cultura della correttezza fiscale anche in Italia.

Cosa pensa della patrimoniale? Di un prelievo forzoso una tantum?

Non credo possa essere risolutivo. Lo dimostrano i conteggi a fronte di un debito che in Italia è di 2 milioni di miliardi.

Eppure l’idea ha ormai convinto anche agli economisti tedeschi. E in Italia si stima che una moderata patrimoniale frutterebbe dai 3 ai 15 miliardi.

Sono comunque briciole e la situazione del debito tedesco è ben diversa quella italiana. Ritengo che per fare utilmente cassa, in questo momento, sia molto meglio procedere con un piano attento di privatizzazioni. Le cifre non sono paragonabili.

Insomma, un cane che si morde la coda.

Il processo di sviluppo di una cultura fiscale in Italia è lungo. Bisogna aspettare e lavorare. Parlare di tasse Robin Hood fa molto effetto ma non bisogna mai dimenticare anche quei piccoli imprenditori o quei lavoratori che accettano metà stipendo in busta paga e metà in nero. È così che si creano i buchi.

Si parla tanto di regime fiscale unificato in Europa. C’è qualcosa che si possa fare?

Aliquote uniformi sui capitali finanziari, quelli mobili, non è impossibile. E una seria battaglia, globale, combatta, contro i paradisi fiscali. L’azione dell’Ocse (che stila una lista dei Paesi “cattivi” e chiede correttivi) è un inizio, ma non sufficiente se non sostenuta da azioni incisive dei più grandi Stati del mondo.

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

Scrivimi a: antbersani@alice.it

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