La recessione, Renzi e l'intervento possibile della Troika
I dati dell'Istat, il discorso di Mario Draghi alla Bce e la sfiducia degli investitori istituzionali lasciano pensare che una forma seppur leggera di intervento non sia da escludere
L’Istat prima, la Banca centrale europea dopo. Nell’arco di due giorni si è scatenata la tempesta perfetta sull’Italia. E potrebbe essere solo la prima di una lunga serie, nel caso il governo italiano non riesca a dare le risposte che i mercati finanziari si attendono.
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Nel 2014 così come nel 2011 fa paura il lassismo sul fronte delle riforme strutturali. E poco importa che a Palazzo Chigi ci sia Matteo Renzi. La sua credibilità in ambito internazionale inizia a essere in discussione. Che l’Italia potesse registrare una crescita economica sotto le previsioni del governo era ormai cosa nota. Le costanti revisioni delle stime macroeconomiche italiane da parte delle banche d’investimento, da Bank of America-Merrill Lynch a UBS, hanno trovato una conferma nell’ufficio statistico italiano. "Le previsioni del governo italiano, che vedono una crescita economica dello 0,8% per il 2014, sono troppo ottimistiche", aveva allarmato J.P. Morgan due mesi fa.
Eppure, in pochi si sarebbero attesi una contrazione così marcata nel secondo trimestre dell’anno. "È stata una sorpresa che cambierà le scelte d’investimento di molti, in quanto si pensava che l’effetto-Renzi potesse essere più significativo", dice Michael Hewson di CMC Markets. Invece, l’Italia del 2014 è sempre la stessa degli ultimi dieci anni: bassa crescita, alto debito, incapace di essere lungimirante, impossibile da innovare. L’impatto, sia a Piazza Affari sia sui mercati obbligazionari, non si è fatto attendere. L’Italia è tornata sotto pressione. "È finito il tempo degli annunci, ora bisogna passare ai fatti", ha scritto ieri Lombard Street Research. E perfino la banca tedesca Berenberg, che in tempi non sospetti aveva dato fiducia all’Italia, ha mutato la propria visione sul Paese, sottolineando che senza riforme e senza crescita non sarà possibile ridurre il debito pubblico italiano, ormai stabilmente sopra quota 2.100 miliardi di euro.
Certo, farlo con uno scenario di contrazione dell’indice generale dei prezzi al consumo è quasi impossibile. Ma le vie ci sono, come ha ricordato Berenberg: "Bisogna iniziare a ridurre la spesa pubblica, aumentare la flessibilità del mercato del lavoro e sfruttare gli investimenti esteri, creando un ambiente a loro favorevole". Tutto il contrario di ciò che sta accadendo. A pesare maggiormente sull’umore degli investitori internazionali, tuttavia, sono state le parole di Mario Draghi pronunciate ieri, durante la conferenza stampa dopo la riunione mensile del consiglio direttivo della Bce.
Due passaggi in particolare hanno innervosito gli operatori. Il primo, sulla mancanza di riforme strutturali che sta frenando gli investimenti. Il secondo, sulla cessione della sovranità nazionale in tema, manco a dirlo, di riforme. Come ha fatto notare nella sua nota mattutina Paul Donovan di UBS, il messaggio di Draghi può lasciar intendere che, in caso di una ulteriore assenza di azioni mirate da parte dell’Italia, si debba rendere necessario un intervento esterno. In pratica, l’arrivo della troika (Commissione Ue, Fondo monetario internazionale, Bce), anche se in formato soft.
Nessun memorandum in stile Grecia, quindi, ma un programma condiviso e una verifica periodica dell’attuazione degli impegni assunti. Per leggere come sarà la seconda parte dell’anno per Roma bisogna valutare due fattori. Come ha ricordato ieri Draghi, i flussi di capitale diretti verso l’eurozona, dopo un inizio di 2014 spumeggiante, hanno cominciato a rallentare. Questo potrebbe penalizzare l’Italia, diventata uno dei target dei grandi fondi d’investimento statunitensi, da Blackstone a BlackRock, e asiatici. Se è vero che i prezzi degli asset italiani sono bassi, è altrettanto vero che l’incertezza, se prolungata, crea altra incertezza. Inoltre, c’è la crescente idea che, ancora una volta, l’Italia abbia perso il momento cruciale per l’adozione delle riforme volte a migliorare la propria competitività. Proprio come fra il 2011 e il 2012.
La nuova recessione italiana, la terza in cinque anni, spaventa. Gli echi del recente passato tornano. Renzi come Monti? "È presto per dirlo, ma la via sembra quella", ha commentato HSBC, che però dà ancora tempo all’ex sindaco di Firenze per mettere in cantiere qualcosa di significativo. C’è tempo fino alla fine dell’anno per far invertire la rotta all’economia italiana, spiega la banca anglo-asiatica, ma poi il tempo sarà finito. "Ci vorrà una vera e propria scossa per rivitalizzare l’Italia. E chiunque nell’eurozona, si augura che ci sia", conclude HSBC.
L’impressione che circola fra gli operatori è che la prossima crisi italiana non sarà una crisi meramente politica. La forza di Renzi non è in discussione, anche per via "dell’oggettiva assenza di alternative valide", chiosa Morgan Stanley. Il problema è il poco mordente sul fronte della dialettica con le altre componenti politiche. O Renzi riuscirà a imporsi e ad adottare le riforme strutturali che l’Italia ha bisogno o ci dovrà pensare qualcun altro. La troika, per esempio.