Quirinale? Ecco perché un presidente vale l'altro
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Economia

Quirinale? Ecco perché un presidente vale l'altro

Napolitano ha firmato quattro leggi fiscali che hanno aumentato le tasse retroattivamente. Il successore deve prendere esempio da lui e fare il contrario.

E’ divertente leggere (si fa per dire) tutti i giorni le quasi 10 pagine di analisi, retroscena, interviste che i giornali mi propongono intorno all’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Come sempre ogni forza politica pone veti più o meno giustificati sul nome proposto dalla forza politica concorrente ma, anche, ogni minoranza di ogni partito pone veti sul nome proposto dalla maggioranza dello stesso partito. Divertente davvero. Siccome tutti pongono veti su tutti, anche io vorrei porre un veto: il nuovo inquilino del Quirinale deve essere il contrario di Giorgio Napolitano. L'ex presidente della Repubblica avrà anche avuto meriti grandissimi, ma ha avuto demeriti altrettanto enormi. Il primo, e il più importante, è quello di essere stato sempre dall’altra parte rispetto ai cittadini almeno in materia fiscale. Una prova, anzi, quattro, sono le firme che ha apposto senza fiatare in calce a tutte le leggi fiscali retroattive che gli sono state poroposte dal governo Renzi dando una mano a scavare l'ormai incolmabile fossato che divide il Palazzo dai sudditi, perché tali siamo considerati, è inutile girarci intorno.

Le quattro leggi fiscali che Giorgio Napolitano ha firmato riguardano l’aumento retroattivo delle tasse sulle imprese sugli investimenti per la ricerca e sviluppo; l’aumento, retroattivo, delle tasse sulle Fondazioni bancarie; l’aumento, retroattivo, delle tasse sui fondi pensione e, last but not least l’aumento retroattivo dell’Irap che il governo ad aprile aveva annunciato che avrebbe abbassato per l'anno fiscale 201 e poi l’ha ri-aumentato a ottobre annunciando che sarà ri-abbassato nel 2015. Da notare che è lo stesso governo che ha come ministro dell’Economia quel Pier Carlo Padoan che queste norme non solo le ha scritte ma le ha proposte al consiglio dei ministri e che ora figura come uno dei quirinabili. Padoan è correo, insieme a Napolitano e al presidente del Consiglio Matteo renzi, di ben 4 violazioni allo Statuto del Contribuente, una foglia di fico che il potere tira fuori ogni volta che non sa cosa dire per mostrarsi friendly nei suoi rapporti con i sudditi. Tanto vale abolirlo per evitare di essere presi in giro. 

Giorgio Napolitano queste quattro leggi fiscali retroattive, sempre a danno del contribuente, le ha firmate tutte ed è per questo che quello che serve agli italiani, cioè all’Italia, è un presidente della Repubblica che si rifiuti di continuare su queste strada e smentisca così i troppi commentatori sempre dalla parte del Palazzo, secondo i quali il Presidente della Repubblica è un notaio che non può, se non in rarissimi casi ben normati, rifiutarsi di firmare ciò che il governo gli fa planare sulla sua scrivania.

Ecco perché il mio veto è nei riguardi non di una persona, ma di uno stile, di un atteggiamento personale, di un indirizzo civile. Ma se proprio vogliamo discutere di persone devo purtroppo riconoscere che nessuno tra i nomi che sono circolati negli ultimi tempi, corrisponde al profilo di un presidente così. Quindi, per quanto mi riguarda, uno vale l’altro.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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