Alla ricerca di una “religione civile”
Economia

Alla ricerca di una “religione civile”

Può piacere, e anche molto, un libro del quale non si condividono né le premesse né le conclusioni? A me è successo con l’ultimo saggio di Giovanni De Luna, pubblicato lo scorso anno e rimasto colpevolmente in fondo a una …Leggi tutto

Può piacere, e anche molto, un libro del quale non si condividono né le premesse né le conclusioni? A me è successo con l’ultimo saggio di Giovanni De Luna, pubblicato lo scorso anno e rimasto colpevolmente in fondo a una pila di saggi economici urgenti da leggere (tengo a sottolineare che tra questi non c’era Piketty). Il libro si intitola “Una politica senza religione” (Einaudi, pag 137, 10 euro) ed è un viaggio nella storia dell’Italia post unitaria alla ricerca di un sacro Graal: una “religione civile”, cioè laica, da contrapporre a quella religiosa, o, meglio, che avrebbe potuto e dovuto delimitare lo spazio pubblico all’interno del quale la religione avrebbe dovuto giocare la propria capacità di confrontarsi con tutte le altre libertà partendo dalla negazione che i valori coincidano solo con essa e, pertanto, non riconoscendole nessuna superiorità rispetto alle altre.

La “religione civile” di De Luna si sarebbe dovuta fondare sulla Costituzione, ma fallì quando, intorno agli Anni ’70, i partiti “rinunciando di fatto a ‘determinare la politica nazionale’ (come recita il testo della Costituzione) si specializzarono progressivamente nella funzione di ‘determinare i politici’”. E’ stata, per De Luna, “la presenza totalizzante dei partiti”, che li ridusse “alla promozione di un ceto politico poco differenziato sul piano dei ‘valori’”, che finì per trasformare il collante nazionale dell’antifascismo “in una vuota retorica delle celebrazioni” rompendo il nesso vitale Resistenza-Costituzione. Alla fine, di quella “religione civile” resta “un riferimento sempre più remoto” sostituita da “una fiducia illimitata nel progresso economico come garanzia di una perenne condizione di felicità [che] ha assunto i tratti di una vera e propria fede religiosa”, capace di “colonizzare il nostro spazio pubblico”.

Ovviamente il discorso tiene e la storia di De Luca è davvero affascinante, ma credo che sia non “il consumismo” o “il mercato” ad aver vinto: quelli sono solo degli effetti. La vera religione civile moderna è diventata la scienza che, come impersonale progresso, vive proprio sul fatto che non esistano “valori” a intralciarne il cammino. Lo spiega magistralmente il filosofo e matematico francese Olivier Rey in “Itinerari dello smarrimento” (Ares Edizioni). Oggi il centro del discorso pubblico è occupato dal problema della soddisfazione dei desideri privati (non collettivi). Se i desideri sono buoni per definizione, essi vanno soddisfatti e solo la scienza può farlo. Se è possibile, quindi, soddisfare i desideri (tutti), perché mai rinunciarvi in nome di una tradizione che si rifà (addirittura) alla Resistenza? Due esempio per spiegarmi.

I mutui subprime sono stati il ritrovato della tecnologia finanziaria che hanno permesso di soddisfare il desiderio di famiglie, che non potevano permetterselo, di comprare una casa. Obiettivo in sé buono, chi potrebbe obiettare?, anzi, obiettivo “sociale”, tanto è vero che i subprime nacquero con il democratico Bill Clinton. Solo che quei mutui subprime hanno acceso la miccia a quel “turbo-capitalismo” che De Luca accusa di avere sostituito la “religione civile”. In questo senso, non è un caso che, come spiega Luciano Gallino (in “Finanzcapitalismo”, Einaudi), siano stati i socialisti francesi i primi a credere che la tecnica finanziaria potesse risolvere per sempre il problema della crescita economica (a favore dei poveri, ça va sans dire), con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Secondo esempio: la morale sessuale. La tecnica che permette il soddisfacimento del desiderio di un figlio per tutti a qualunque costo crea il mercato degli embrioni. Se si accetta che sia la tecnica, e non i valori, a soddisfare i desideri delle persone, è fatale che la politica abdichi ai valori per diventare l’ente certifica i successi dei tecnici trasformando in legge i loro ritrovati. De Luca non può (giustamente e lungamente) citare Pasolini senza ricordare che Pasolini era contro l’aborto, il divorzio e perfino i preservativi, tutti simboli, secondo lui, di un mercato che trasformava il “sesso” in un “consumo di sesso” e la “libertà sessuale” un’”ansia sociale”. Previsioni puntualmente avveratesi. Oggi il “consumismo” non è comprare l’ultimo modello di tablet, ma affittare un utero.

Abbandonare la tradizione, la Resistenza, rinunciare alla “religione civile” della Costituzione per affidarsi alla scienza non è stata una scelta, era destino e, per capirlo occorre leggere Del Noce, un gigante del pensiero del ’900 che in molti suoi libri ha, in modo talmente lucido da far venire i brividi, individuato il futuro della sinistra nel “vitalismo” (così lo chiamava ne “Il suicidio della Rivoluzione). Tale “vitalismo” delnociano non poteva che portare alla rottura con il passato: un fardello troppo pesante da portarsi sulle spalle per chi vede vuole essere moderno e progressista.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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