Le potenzialità economiche della nuova banca cinese
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Economia

Le potenzialità economiche della nuova banca cinese

Difficile individuare vantaggi economici concreti, ma partecipare alla AIIB potrebbe essere più conveniente che rimanerne fuori

"Nessun grande paese europeo o asiatico (escluso il Giappone) ritiene conveniente rimanere estraneo rispetto ad un progetto che darà corpo ad un'enormità di investimenti. [...] Il che significa che la forza cinese è talmente cresciuta da concludere, in opposizione agli americani, importanti accordi anche con paesi strettamente legati da alleanze militari con gli Stati Uniti". O ancora: "L'economia mondiale trarrebbe beneficio da maggiori afflussi di capitali a lungo termine verso i Paesi in via di sviluppo. [...] I soldi della Cina potrebbero spingere il mondo nella direzione giusta, e questa sarebbe un'ottima cosa. [...] L'ascesa economica cinese è benefica e inevitabile. Quello che serve quindi è essere accomodanti con intelligenza".

Sono questi alcuni dei commenti che hanno accompagnato la nascita della Asian Infrastructure Investment Bank cinese. Che la Cina voglia fare qualcosa per modificare un ordine economico e finanziario internazionale che le è sfavorevole per il semplice fatto che vi è stata accolta appena un paio di decenni fa è vero e anche legittimo. Allo stesso modo, è un dato di fatto che la scelta di Washington di rimanere fuori da questa nuova struttura e le pressioni che gli Stati Uniti hanno esercitato per convincere i propri alleati a fare altrettanto sia stato un grosso errore. Non tanto per le opportunità economiche che l'America avrebbe in questo modo perduto, quanto per la scarsa lungimiranza dello schiaffo con cui ha cercato di far compiere un passo indietro a Pechino, e per l'essersi tolta da sola la possibilità di influenzare dall'interno questa nuova struttura. Una scelta simile l'ha fatta il Giappone, ma non per mostrare la propria fedeltà agli Stati Uniti, quanto perché al momento i rapporti tra Pechino e Tokyo sono talmente deteriorati che un'adesione avrebbe potuto essere interpretata come un tentativo di aprire al compromesso su questioni ben più delicate. 

Giochi e giochetti geopolitici a parte, però, prima di affermare che con la AIIB la Cina si è conquistata un ruolo da protagonista nel mondo della finanza globale sarebbe forse il caso di approfondire quali sono le potenzialità economiche di questa nuova organizzazione. 

Come spiega Nunzio Mastrolia, ricercatore che si occupa di Cina per il Centro Militare di Studi Strategici (CeMiSS) del Ministero della Difesa, "la AIIB rappresenta, in prospettiva, una seria minaccia all'ordine liberal-democratico internazionale di matrice finanziaria". Allo stesso tempo, precisa il ricercatore, "la AIIB va considerata uno strumento politico, non economico. Non è una banca d'affari o d'investimenti, ma uno strumento per consolidare l'influenza geopolitica della Repubblica popolare". Se questo è vero, e quindi se non ci si può aspettare che la AIIB si trasformi in un mezzo per offrire vantaggi economici ai suoi membri, allora si potrebbe addirittura ipotizzare che "gli alleati americani dell'area vi stiano entrando per snaturare e controllare dall'interno il progetto cinese".

Come sempre quando si cerca di capire qualcosa di più di un'iniziativa promossa dalla Cina, ci si ritrova a lavorare più sulle ipotesi che sui fatti. Ecco perché conviene evitare di giudicare, ma mettere nero su bianco le reali potenzialità della tanto chiacchierata AIIB.

1) La Cina sta presentando la AIIB come un istituto finanziario aperto e inclusivo, in cui è disposta a investire fino a 50 miliardi di dollari perché si rende conto di quanto il potenziamento della rete infrastrutturale asiatica sia funzionale a favorirne crescita, sviluppo, e quindi benessere. Quello che dice Pechino è certamente vero, ma il punto è che la Cina chiede agli altri membri fondatori di fare altrettanto, senza offrire loro chissà quali ricompense certe.

2) Se la AIIB non è una banca d'investimento nel senso tradizionale del termine, allora non dovremmo aspettarci che agisca come tale. Il che vuol dire che anche tutti quei paesi europei e non che hanno deciso di aderire nel tentativo di sfruttare meglio le opportunità economiche orientali potrebbero rimanere deluse. Perché, come spiega Mastrolia, "un conto è creare infrastrutture con il solo fine di stimolare lo sviluppo locale, come fa per esempio la Banca Mondiale, un conto è impegnarsi in investimenti ponendosi come unico fine quello di ricavarne il maggior rendimento possibile, come apparentemente sperano di poter fare Londra, Parigi, Berlino e Roma.

3) Il punto di vista dell'Asia più povera è diverso, e lo riassume molto bene Alberto Forchielli: "la volontà di abbandonare il sottosviluppo è considerata ancora la priorità dei governi locali; la costruzione di infrastrutture è cruciale; la disponibilità di fondi essenziale. Che siano veicolati da una nuova banca fondata e gestita da Pechino è secondario".

4) Tutto questo però non significa che i vantaggi economici reali per l'Europa siano inesistenti, perché ancora una volta è stata la possibilità di fare affari "veri" che ha indotto così tanti paesi a unirsi alla AIIB. Quali ce li spiega di nuovo Mastrolia. "Partecipare ai progetti cinesi può essere sia un modo per gli europei per accedere al potenzialmente immenso mercato interno cinese, sia per garantire alle imprese nazionali la partecipazione ai lavoro di infrastrutturazione. Tuttavia, l'ipotetica stima del rendimento in termini di sistema-paese sul capitale speso nella AIIB è molto difficile. Questo perché i soldi che Pechino chiede di investire in questo progetto sono tanti, ma i ricavi per le casse pubbliche incerti. Ecco perché, osservando la situazione da questo punto di vista, l'accusa di avidità rivolta ai governi del Vecchio Continente potrebbe essere ingiusta.

Insomma, prevedere oggi l'impatto della AIIB sull'economia globale è quasi impossibile. Quello che possiamo dire è che il fatto che esista significa che la Cina non è più disposta a essere considerata un attore finanziario di secondo livello; che Pechino vuole riconnettere l'Asia all'Occidente, sotto ogni punto di vista; che le opportunità economiche, di qualunque portata, fanno gola a tutti, a prescindere dalle condizioni; e che far parte di un'associazione, a prescindere dal suo scopo, sia meglio che boicottarla. Quindi da questo nuovo grande gioco finanziario Europa e Cina escono in qualche modo rafforzati, mentre Giappone e Stati Uniti dovranno attivarsi per trovare un modo per recuperare terreno senza perdere credibilità. 



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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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