Rifugiati
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Economia

La politica sui rifugiati danneggia l’America e il mondo

Posizioni nazionalistiche impediscono lo sviluppo del potenziale socio-economico

L’ultimo rapporto sulle tendenze globali dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati evidenzia un aumento del numero di sfollati forzati nel 2017 che si sommano a 25,4 milioni di rifugiati. Nel 1981, ricorda The Economistil presidente americano Ronald Reagan ha promesso che gli Stati Uniti sarebbero rimasti una terra aperta a popoli di altri paesi e ha sottolineato la necessità di condividere la responsabilità dell'accoglienza dei rifugiati

Un taglio drastico all’accoglienza

A 36 anni di distanza, Donald Trump ha ridotto a 45mila il numero di rifugiati ammessi negli Stati Uniti, ma nella realtà dei fatti solo 14.887 persone hanno ricevuto questo riconoscimento dal suo insediamento a oggi. Il dato più basso nei quasi quarant’anni di esistenza del programma di accoglienza. L’amministrazione Trump, inoltre, ha eliminato il Programma Centroamericano dei Minori che permetteva ai bambini rifugiati provenienti da El Salvador, Guatemala e Honduras di entrare negli Stati Uniti per unirsi ai loro genitori presenti legalmente nel paese. Trump ha terminato lo status di protezione temporanea per 200mila persone provenienti da El Salvador, 57mila dall’Honduras e 50mila da Haiti, senza contare nicaraguensi, sudanesi e nepalesi. Inoltre, la nuova amministrazione ha posto fine al differimento del rimpatrio per quattromila liberiani che sono fuggiti negli Stati Uniti più di venti anni fa. Il tutto al netto delle politiche di tolleranza zero che hanno conquistato in questi giorni i titoli dei giornali.

La responsabilità va a paesi con meno risorse

Storicamente, gli Stati Uniti hanno reinsediato più rifugiati di qualsiasi altro paese e contribuiscono ancora in larga misura al bilancio dell'UNHCR. Con Trump, le cose cambiano: nei primi otto mesi di questo anno fiscale, infatti, sono stati reinseriti solo 46 rifugiati siriani e 11 dal Sud Sudan. Paesi più poveri come Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto ospitano oltre 5,6 milioni di profughi siriani, oltre a grandi popolazioni di rifugiati provenienti da altre nazioni. 

Dati alla mano: il contributo all’economia 

Anche se arrivano senza nulla, i rifugiati contribuiscono all’economia e alla comunità che li accoglie. Il Centro per gli studi sulle migrazioni di New York ha recentemente confrontato 1,1 milioni di rifugiati arrivati ​​negli Stati Uniti tra il 1987 e il 2016, con analoghi non rifugiati, nati all'estero e la popolazione americana totale. I rifugiati battono gli altri in quasi tutti i parametri considerati. La partecipazione alla forza lavoro dei rifugiati (68%) e i tassi di occupazione (64%) superano quelli della popolazione totale americana (63% e 60% rispettivamente). Il reddito personale medio dei rifugiati è di 20mila dollari, pari a quello dei non rifugiati e superiore ai 18.700 dollari dei nati all’estero. I rifugiati hanno più probabilità di essere lavoratori qualificati con il 38% contro il 33% dei non rifugiati e il 35% dei nati all’estero. 

Un’ondata di competenze sopra la media

In particolare, il contributo dei rifugiati arrivati fra il 1987 e il 1996 è ancora superiore. Il loro reddito personale è di 28mila dollari, contro il 23mila della media americana. Il 41% possiede una proprietà contro il 37% medio e nel 93% hanno un’assicurazione sanitaria contro il 91% della popolazione complessiva. Gli Stati Uniti hanno svolto un ruolo di primo piano nel rispondere alle enormi crisi dei rifugiati dopo la Seconda Guerra Mondiale, salvando la vita delle persone più vulnerabili del mondo e diffondendo i valori dell’accoglienza. “Gli sforzi compiuti dall'amministrazione Trump per smantellare i programmi di protezione dei rifugiati negli Stati Uniti - sottolinea Donald Kerwin, direttore esecutivo del Center for Migration Studies di New York - moltiplicano i sentimenti anti-rifugiati e le forme di nazionalismo e di esclusione in molti paesi, incoraggiando altri stati a seguire l’esempio americano. Si tratta di politiche che non danneggiano solo l'America, ma anche il mondo”.

Per saperne di più:

- Adecco: il lavoro come forma d’integrazione per i rifugiati

- Immigrazione, anche la Slovenia sceglie i nazionalisti


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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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