Perché nella guerra alla plastica l'Europa si è dimenticata dei bicchieri
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Economia

Perché nella guerra alla plastica l'Europa si è dimenticata dei bicchieri

La direttiva approvata a Strasburgo non mette al bando uno dei prodotti monouso più diffusi. L'Italia sospetta un favore ai produttori tedeschi e del Nord

E i bicchieri di plastica? Perché il Parlamento Europeo ha stabilito il blocco dal 2021 di una serie di prodotti di plastica usa e getta ma non dei bicchieri? A porre questa singolare domanda è stata l’associazione ambientalista Marevivo con un grande avviso a pagamento pubblicato sul Corriere della Sera. Ma non c’è solo questo «mistero» ad aleggiare sulla direttiva. Ci sono le proteste dei produttori di stoviglie in plastica, naturalmente. E anche le preoccupazioni delle società specializzate nelle bio-plastiche, che in teoria dovrebbero essere contente. Insomma, pur rappresentando un grande passo avanti contro l’inquinamento dei mari, la direttiva approvata il 27 marzo dal Parlamento europeo crea molti malumori e qualche sospetto. Intanto per i tempi di approvazione, insolitamente brevi: di solito dalla proposta al via libera del Parlamento trascorrono un paio d’anni. In questa occasione invece è bastato meno di un anno. Ritmi rapidissimi, dettati dalla volontà politica, soprattutto dei socialisti, di arrivare all’approvazione di una direttiva molto popolare prima delle elezioni europee del 26 maggio.

Ma che cosa prescrive esattamente la direttiva? Impone agli Stati membri di vietare dal 2021 la commercializzazione di questi prodotti di plastica: cotton fioc; posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette); piatti; cannucce; agitatori per bevande; aste da attaccare a sostegno dei palloncini; contenitori per alimenti in polistirene espanso; bicchieri per bevande in polistirene espanso e relativi tappi e coperchi. La direttiva fissa inoltre un obiettivo di raccolta del 90 per cento per le bottiglie di plastica entro il 2029 e stabilisce che entro il 2025 il 25 per cento delle bottiglie di plastica dovrà essere composto da materiali riciclati, quota che salirà al 30 entro il 2030.

Sono dunque esclusi dal bando le bottiglie e i comunissimi bicchieri trasparenti. Eppure, come mostra il documento preparatorio della direttiva, tra gli oggetti di plastica trovati più di frequente in mare o in spiaggia ci sono al primo posto le bottiglie, al secondo i filtri di sigarette, al terzo i cotton fioc e all’ottavo posto i bicchieri. «È necessario vietare anche i bicchieri di plastica» sostiene Marevivo. «Si tratta di prodotti usa e getta che si ritrovano spesso in spiaggia e rappresentano circa il 20% dei rifiuti marini». In Europa se ne consumano 16 miliardi all’anno, in Italia tra i 16 e i 20 milioni al giorno (secondo una stima di Plastic Consult).

Lobbysti al lavoro

Invece i bicchieri e le bottigliette sono oggetto solo di un invito a ridurne la produzione, senza peraltro specificare i tempi. Come mai? Chi ha seguito l’iter della direttiva ha il timore che gli estensori abbiano voluto favorire i Paesi del Nord Europa e la Germania: i primi sono grandi produttori di bicchieri di carta con film di plastica, la seconda di bicchieri trasparenti, molto usati per la birra. Mentre proprio l’Italia ha l’industria produttrice di stoviglie monouso in plastica più importante in Europa con una quota di export superiore al 30 per cento. E ora si dispera: l’associazione di categoriaUnionplast dice che sono a rischio trenta aziende con 3 mila addetti. E ricorda che «è un paradosso il bando ai piatti monouso che vengono regolarmente raccolti dal consorzio Corepla, tenendo anche in considerazione che, per rimanere sui piatti usati in Europa, non arriviamo ad un 1,5 per cento dell’utilizzo di tutta la plastica usata per il packaging nella Comunità Europea».

Ma sono preoccupati anche i produttori e i trasformatori di bioplastica, cioè realizzata con materie prime di origine vegetale e quindi compostabile: «Il testo della direttiva è ambiguo» sostiene Marco Versari, presidente di Assobioplastiche. «E il nostro timore è che alcuni Paesi recepiscano la direttiva vietando anche le bioplastiche, settore dove l’Italia è leader». Per esempio i Paesi del Nord Europa, forti produttori di cellulosa, potrebbero favorire i contenitori di carta e vietare quelli in bioplastica. «Non c’è molta logica in questa direttiva» commenta Versari. «Che senso ha per esempio inserire tra i prodotti da mettere al bando i bastoni dei palloncini e non altri?» Ora la parola passa alla Commissione per fissare meglio i confini della norma. E successivamente ai governi nazionali. Nel frattempo le lobby affilano le armi.






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Guido Fontanelli