Pil, perché l’economia è in frenata
ANSA/ALBERTO LANCIA
Economia

Pil, perché l’economia è in frenata

La crescita italiana si fermerà all’1,2% nel 2018 e ad appena l’1% nel 2019. Pesano le incertezze politiche e il calo delle esportazioni

Prima il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), poi l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb). In poche ore, nella giornata del 16 luglio, per l’economia italiana sono arrivate due cattive notizie, non proprio pessime, ma comunque non certo rallegranti. 

Per entrambe gli organismi, il prodotto interno lordo (pil) del nostro Paese sta frenando e viaggerà nei prossimi mesi meno velocemente del previsto. Secondo l’Fmi, nel 2018 la crescita si attesterà all’1,2% (tre decimi di punto in meno rispetto alla precedente previsione). Nel 2019, invece, calerà ulteriormente fino all’1%. Per il Fondo Monetario la colpa è soprattutto delle incertezze politiche romane che hanno fatto aumentare gli spread Btp/Bund, cioè i differenziali di rendimento tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi. 

Spread in salita, economia in frenata

Come hanno dimostrato le cronache degli ultimi anni, l’impennata dello spread non è mai una buona notizia per un paese come l’Italia, che ha un debito pubblico elevato. Se i differenziali di rendimento con i titoli di stato tedeschi salgono, il governo di Roma ha infatti maggiore difficoltà a finanziarsi a condizioni convenienti  sul mercato e deve pagare un po’ più interessi sul suo debito. 

Il che, ovviamente, significa avere un po’ meno soldi a disposizione per altre spese, a cominciare da quelle per gli investimenti che stimolano la cosiddetta domanda interna. Un po’ diversa è  l’analisi pubblicata dagli economisti dell’Ufficio parlamentare di Bilancio nell’ultima nota congiunturale di luglio. Anche loro hanno abbassato di un po’ le stime sulla crescita del pil nel 2018, dall’1,4 alll’1,3% e hanno fissato all’1% (come l’Fmi) l’incremento atteso dell’economia nel 2019. 

Export col fiato corto 

Gli analisti dell’Upb hanno però messo in evidenza altri due fattori. Il primo è il contesto internazionale: anche l’economia europea, infatti, non viaggia più ai ritmi sostenuti del 2017 e quindi le esportazioni italiane, che nel Vecchio Continente hanno ancora un mercato di sbocco importante, si trovano ad avere il fiato corto. Poi, come se non bastasse, l’amministrazione americana guidata da Donald Trump ha avviato una politica protezionista, che certamente non fa bene ai commerci internazionali. 

Inoltre, sempre secondo gli economisti dell’Ubp, c’è una andamento divergente dell’economia italiana sul fronte interno: mentre i consumi nazionali continuano a essere tonici grazie a una ripresa dell’occupazione che spinge la capacità di spesa delle famiglie, gli investimenti vanno invece a singhiozzo. Così è stato nel primo trimestre dell’anno, a causa dell’ incertezza sul prolungamento delle agevolazioni fiscali alle aziende per l’acquisto di impianti e macchinari, che hanno spinto molte imprese a ridurre le spese su questo fronte. 

Cercasi incentivi

Anche in questo caso, dunque, a pesare negativamente sono state le turbolenze istituzionali, visto che a marzo ci sono state le elezioni politiche e non era ben chiaro se la nuova maggioranza uscita dalle urne avrebbe confermato gli incentivi all’industria 4.0 introdotti dal governo precedente. La politica, insomma, non ha certo dato una mano all’economia, almeno finora. 


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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