Righe di codice
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Economia

Perché le politiche di Trump sull’immigrazione sono un problema economico

La tech industry (ma non solo) teme di non poter continuare a crescere senza talenti qualificati

Sergey Brin, co-fondatore di Google e presidente di Alphabet; Sundar Pichai, ceo di Google e Jeff Bezos, ceo di Amazon sono alcuni dei leader delle tech companies che hanno espresso apertamente il proprio dissenso per il bando sull’immigrazione da paesi a maggioranza musulmana firmato da Donal Trump. I big delle aziende della Silicon Valley, infatti, hanno puntato il dito verso una decisione accusata di minare i valori e la cultura dell’inclusività del settore tecnologico. Ma adesso, nuovi cambiamenti potrebbero avere un impatto ancora più diretto sulle aziende tecnologiche. Nel progetto di riorganizzazione dell’immigrazione che l’amministrazione starebbe mettendo a punto ci sarebbe, secondo quanto riferito da Bloomberg, anche il programma di visti H-1B che le aziende della new economy utilizzano per reperire i talenti necessari per funzionare e per crescere. Questo tipo di visto, infatti, permette alle aziende di assumere lavoratori stranieri altamente qualificati in settori come tecnologia, architettura, biotecnologia, ingegneria, matematica e fisica. I lavoratori che possono fare domanda per questo visto devono possedere almeno un dottorato di ricerca.

Cosa potrebbe cambiare

Nelle intenzioni, le nuove regole dovrebbero proteggere i posti di lavoro americani. E’ tecnicamente possibile pagare un lavoratore con un visto H-1B meno rispetto a un lavoratore americano. Dunque, esiste il rischio che alcune aziende lo preferiscano per risparmiare sui costi del personale. Ma ciò non toglie che in settori altamente specializzati, le aziende non riescano a trovare fra i cittadini americani le competenze necessarie. Il 53% degli ingegneri che lavora nella Silicon Valley, infatti, non ha il passaporto americano e il 40% delle aziende di Fortune 500 è stato fondat da un immigrato o dal figlio di un immigrato. L’impatto di nuove misure restrittive, in realtà, rischia di ricadere su tutta l’economia americana, perché anche le aziende che non operano in settori tecnologici hanno bisogno di talenti con competenze tecnologiche per funzionare. 

Lo scorso anno, il Dipartimento del Lavoro americano ha ricevuto 618mila richieste per il programma H-1B, con +4% sul 2015. A questi si aggiungono 20mila visti per gli stranieri laureati nelle università americane. In base ai dati di Brookings Institute, nel 2013 la Silicon valley ha assorbito 27mila persone con un visto H-1B. Nel 2014, il 65% dei visti concessi in questa categoria era destinato a coprire posizioni nel settore tecnologico. Se dovesse arrivare il temuto giro di vite, conclude Forbes, le aziende della Silicon Valley potrebbero avere serie difficoltà a reperire i talenti di cui hanno bisogno. Alcune fra le aziende di maggior successo, come Apple, Amazon e Microsoft, infatti, sono cresciute anche per merito di un flusso di lavoratori altamente qualificati arrivato con il programma H-1B.

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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