Pensioni, così la riforma Fornero viene smontata
Economia

Pensioni, così la riforma Fornero viene smontata

Una proposta di legge presentata alla Camera rischia di smantellare gli effetti dell'ultima manovra previdenziale, con un costo per le casse dello stato tra 5 e 30 miliardi di euro

L'ultima parola spetterà alla Ragioneria Generale dello Stato, che a breve esprimerà un parere. Ma è già chiaro che l'ultima riforma delle pensioni voluta dal ministro del welfare, Elsa Fornero, rischia di essere presto smantellata, almeno parzialmente, con un costo per le casse dello stato di almeno 5 miliardi di euro in 5 anni, anche se alcune stime parlano addirittura di 30 miliardi in 10 anni. Il tutto, mentre dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi) è arrivata oggi una difesa appassionata del sistema previdenziale italiano che, dopo le misure approvate dal governo Monti, “è da considerare tra i migliori al mondo”.

LA RIFORMA DELLE PENSIONI DI ELSA FORNERO

A  smontare l'ultima manovra pensionistica, che è stata il primo provvedimento importante del governo Monti, è un disegno di legge di soli 5 articoli presentato alla Camera dal deputato del Partito Democratico, Cesare Damiano , che ha incontrato però un consenso bipartisan in entrambe gli schieramenti, dall'Italia dei Valori alla Lega sino al Pdl, seppur con qualche dissenso come quello di Giuliano Cazzola , vice-presidente della Commissione Lavoro a Montecitorio.

COSA PREVEDE LA “RIFORMA” DAMIANO.

Nello specifico, il provvedimento proposto da Damiano ha innanzitutto lo scopo di tutelare gli esodati, cioè quei lavoratori che oggi rischiano ancora di trovarsi senza un impiego e senza pensione, per un motivo molto semplice: si tratta di dipendenti che, negli anni scorsi, hanno firmato degli accordi con la propria azienda per uscire dall'organico e mettersi in mobilità, in attesa di maturare il diritto alla pensione. Poiché la riforma Fornero ha spostato in avanti l'età di congedo dal lavoro, ora questi lavoratori rischiano appunto di rimanere disoccupati e senza un assegno pensionistico dall'Inps.

LA QUESTIONE DEGLI ESODATI

Per questo, la “legge Damiano”, intende dar loro una mano allargando la platea dei lavoratori salvaguardati (oltre ai 120mila  già protetti dal governo).Per riuscirci viene concesso il diritto a maturare la pensione anche a chi ha firmato accordi per entrare in mobilità tra il 4 e i 31 dicembre 2011(cioè pochi giorni dopo la riforma previdenziale) e a chi ha versato dei contributi volontari all'Inps.

LE NUOVE FINESTRE.

Non sono però questi  dettagli tecnici studiati apposta per gli esodati che mettono a rischio la riforma Fornero. Nella proposta di legge Damiano (che sta per essere discussa alla Camera dopo aver ottenuto il via libera dalla Commissione Finanze di Montecitorio) c'è molto di più. Si vuole infatti consentire a tutti i lavoratori di mettersi a riposo molto prima della data prevista dalla Riforma Fornero, seppur con qualche  penalizzazione: chi opta per il pensionamento anticipato, riceverà infatti un assegno calcolato con il  meno vantaggioso metodo contributivo (cioè sulla base dei contributi versati e non sulla media degli ultimi redditi dichiarati prima di congedarsi dal lavoro).

Nello specifico, oggi la legge Fornero consente di andare in pensione con almeno 42 anni e un mese di contributi  per gli uomini e con 41 anni e un mese per le donne. La “controriforma” presentata alla Camera cambia completamente le finestre di uscita dal lavoro, seppur in via sperimentale e con un percorso a tappe da attuare in 5 anni.

Tra il 2013 e il 2015, si potrà ancora andare in pensione con 35 anni di contributi alle spalle e con 3 diversi requisiti anagrafici: 57 anni di età per le donne lavoratrici dipendenti, 58 anni per le donne lavoratrici autonome e per gli uomini lavoratori dipendenti e 59 anni per i lavoratori autonomi maschi.

Tra il 2015 e il 2017, i requisiti di pensione saliranno di un gradino: bisognerà avere sempre 35 anni di contributi ma almeno 59 anni di età nel caso dei lavoratori dipendenti (uomini e donne) e 60 anni per gli autonomi. Si tratterebbe, insomma, di una reintroduzione fino al 2017 delle vecchie pensioni di anzianità, che la riforma Fornero aveva di fatto abolito.

IL VECCHIO PROBLEMA DELLE PENSIONI DI ANZIANITA'

LE RISORSE.

Secondo il disegno di  legge proposto alla Camera, le nuove finestre di uscita dal lavoro comporterebbero una spesa complessiva per lo stato di 5 miliardidi euro entro il 2018-2019 (in media  meno di 1 miliardo all'anno), che dovranno essere coperti con i proventi dei giochi online e delle lotterie istantanee. Questa previsione ha però già incontrato diverse critiche. Innanzitutto, va detto che  i ricavi delle lotterie non sono mai  “sicuri” e sono spesso altalenanti. Inoltre, c'è chi considera le stime sui costi piuttosto ottimistiche: la maggior spesa causata dalla reintroduzione delle pensioni di anzianità, infatti, potrebbe sfiorare addirittura i 30 miliardi di euro nell'arco di un decennio. Non a caso, la Fornero e tutto il governo sono già pronti a silurare il provvedimento presentato alla Camera, se la maggioranza parlamentare non volterà loro le spalle.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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