Pensioni e quota 100, perché fanno aumentare il debito pubblico
Il presidente dell'Inps stima un onere di 100 miliardi di euro per le casse dello Stato con l'abbassamento a 62 anni dell'età di uscita dal lavoro
Circa 100 miliardi di euro. E' la cifra astronomica che il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha stimato come onere per le casse dello Stato se arriverà la controriforma delle pensioni del governo Lega-5Stelle. Per adesso, i dettagli di come questa cifra è stata calcolata non sono ancora noti. Bisognerà attendere la relazione tecnica che accompagnerà la manovra economica e le nuove misure adottate dal governo Conte in tema di previdenza.
Il debito implicito
Di certo, però, Boeri non faceva riferimento ai costi della manovra sulle pensioni nell'immediato, cioè nel 2019, quando verrà introdotta la cosiddetta quota 100, un sistema che consente di ritirarsi dal lavoro con almeno 62 anni di età e 38 di contributi. Il presidente dell'Inps parlava piuttosto di quello che in gergo tecnico viene definito “debito previdenziale implicito”. Si tratta di un concetto a cui fanno riferimento gli economisti per indicare “il valore attuale del flusso di prestazioni pensionistiche future previste a legislazione vigente, al netto dei contributi che verranno versati”. Che significa?
Tradotto in parole più semplici vuol dire che, abbassando l'età uscita dal lavoro come intende fare il governo, cresce il numero di italiani che in futuro avranno lo status di pensionati e che vivranno a spese dello stato. Contemporaneamente diminuirà il numero di quelli ancora in attività che, con i loro contributi, terranno in piedi il sistema previdenziale. Abbassare l'età pensionabile significa per lo Stato contrarre un debito con i futuri pensionati. Ecco da dove vengono fuori i 100 miliardi di cui ha parlato Boeri: un debito previdenziale che ancora non si vede ma che, prima o poi, farà sentire tutto il suo peso sui conti pubblici.
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