Supereuro, tre ricette per frenarlo
Economia

Supereuro, tre ricette per frenarlo

La moneta ha già superato abbondantemente la «soglia del panico» per le imprese italiane. E anche la Germania inizia a preoccuparsi

C’è un paradosso che si aggira in Europa: siamo in recessione ma l’euro è fortissimo. In questi giorni il cambio con il dollaro è a quota 1,35 rispetto al dollaro, questo significa che le imprese europee fanno più fatica a esportare perché servono più dollari per comprare un bene prodotto in euro. Questa è un’incognita per tutti, ma per Italia e Francia di più. La Deutsche Bank ha fissato un livello di cambio euro/dollaro oltre al quale le imprese esportatrici pensano di non potere reggere il confronto con i concorrenti di altri paesi. Questo livello, chiamato «soglia del panico», è diverso da paese a paese perché dipende dalle differenti economie. Così per la Francia è a 1,24, per la Germania a 1,79 e per la Spagna a 1,87, mentre per l’Italia è a 1,17. Tradotto: nelle opinioni degli analisti, la soglia del panico in alcuni paesi sarebbe già stata superata. Eppure le nostre esportazioni sono cresciute (al ritmo del 3,6 per cento a novembre rispetto allo stesso mese del 2011). Sono a rischio se, come pronosticano alcuni studi, a fine marzo l’euro arriva in scioltezza a quota 1,40 rispetto al dollaro?

Per fronteggiare i pericoli di un euro forte le ricette sono tre. La prima è quella adottata dalla Germania negli anni 90, quando ha mantenuto bassi i salari per accrescere l’appeal dei propri prodotti; ma, visti i salari italiani, pensare di ridurli in termini nominali (come ha fatto, per esempio, la Grecia) sarebbe un disastro. La seconda ricetta è stampare più moneta provocando una riduzione del valore dell’euro così da combattere ad armi pari con gli Stati Uniti, che stanno immettendo nel sistema bancario 85 miliardi di dollari al mese. A parte il fatto che la cura americana non sta funzionando (il pil ha perso un altro 0,1 per cento nell’ultimo trimestre del 2012), ciò avvierebbe una guerra delle monete che farebbe danni anche alle economie.

La terza via è l’aumento della produttività, soprattutto del lavoro, e questo è un tema che riguarda anche Berlino. Infatti, benché la soglia del panico sia ancora lontana, è proprio la Germania il paese più preoccupato dalla forza dell’euro. Peccato che fra i motivi del rafforzamento dell’euro ci sia proprio lei, o meglio le sue banche. All’inizio dell’anno gli istituti di credito europei hanno infatti restituito alla Bce 137 miliardi di euro dei circa 1.000 presi in prestito tra il 2011 e il 2012. La Commerzbank è stata la banca che ha restituito di più, ma secondo stime (dati ufficiali non sono stati resi noti) hanno restituito soldi anche le italiane (secondo la Morgan Stanley, tra i 15 e i 30 miliardi) e le spagnole. Una mossa che rivela un miglioramento dei conti delle banche. Mps a parte, naturalmente.

Leggi Panorama on line

I più letti

avatar-icon

Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

Read More