Spread come a novembre 2011: ma l'Italia non è la stessa
Economia

Spread come a novembre 2011: ma l'Italia non è la stessa

Rispetto alla Spagna e al passato le differenze sono molte: riforme strutturali già avviate, un deficit/pil al 2,8%, un quadro politico più definito. A fare paura ora è la crescita futura. E lo sforzo che l'Italia dovrà fare per non chiedere nuovi aiuti all'Europa

Non sarà una partita a poker. Le carte però sono lì, già tutte servite sul tavolo. Ormai il mercato non le rimescola più. Ha deciso il suo gioco. È quello che accomuna Italia e Spagna allo stesso destino: la dittatura dello spread. Anche oggi la giostra dei titoli di Stato non offre interpretazioni alternative. Mentre il rendimento dei Btp a dieci anni è salito per la prima volta dallo scorso gennaio sopra la soglia del 6,5% con lo spread con i Bund tedeschi che ha raggiunto i 533 punti come a novembre del 2011, il differenziale fra i titoli di Stato tedeschi a dieci anni e i corrispettivi Bonos spagnoli ha fatto ancora peggio: 636 punti, con un tasso dei titoli di Madrid al 7,59%.

Siamo ancora un passo indietro ai cugini spagnoli. Trattasi però di consolazione molto magra.Perché bisogna rimettere indietro le lancette dell’orologio a novembre 2011 per ritrovare valori così alti. E da allora in realtà molte cose sono cambiate. Almeno tre.

- Oggi l’Italia è guidata daun governo tecnico. Ha messo in campo manovre strutturali come quella del lavoro e delle pensioni promosse a livello internazionale;

- Palazzo Chigi ha iniziato a implementare un pacchetto di misure per ridurre il debito monstre

- Le previsioni del rapporto deficit/ Pil di Italia e Spagna sono per il 2012 rispettivamente al 2,8% contro il 6,5%, ossia corrono su traiettorie quasi opposte.

Eppure tutto questo ancora non basta per riacquistare lucidità .

Adesso che anche i primi della classe, Germania , Olanda e Lussemburgo sono finiti dietro la lavagna con l’agenzia di rating, Moody’s, che ha bollato come negativo il loro outlook (le previsioni), il timore di vedere l’Eurozona sempre più impantanata nelle sabbie mobili del debito aumenta. E a farne le spese sono sempre loro: l’Italia e la Spagna. Eppure mentre Madrid vive i suoi giorni più bui con l’implosione dei deficit nelle regioni locali , Roma ha intrapreso la strada del risanamento. Peccato solo il contagio non guardi in faccia nessuno.

Oggi dopo la Comunità Valenciana e quella di Murcia, a sollecitare il salvataggio al fondo da 18 miliardi di euro messo a disposizione dallo Stato delle regioni con problemi di insolvenza, è stata Catalogna, la seconda regione del Paese in termini di Pil dopo quella di Madrid. Il debito pubblico degli enti locali italiani, vedi alla voce Sicilia, ha un peso irrilevante rispetto a quello dell’amministrazione centrale: sono piccoli, soprattutto rispetto alle voragini spagnole.

“E poi – spiega Vincenzo Longo, strategist di Ig Markets - mentre a novembre 2011 c’erano incertezze politiche che pesavano sul quadro del nostro Paese adesso abbiamo un governo tecnico che ha realizzato manovre strutturali e che ha posto maggiore attenzione al bilancio dello Stato”. In altre parole sono cambiate le logiche politiche che costituivano i principali timori degli investitori internazionali. Sgombrare il campo dagli equivoci resta però tutta un'altra storia.

Ora quello che fa paura si chiama incertezza sulla crescita futura, incollata a dati del mercato del lavoro che nel Sud d'Europa restano depressi. “Negli attacchi degli ultimi giorni pesa la speculazione e si teme l’effetto contagio con la Spagna – prosegue l’esperto – ma lo Stato italiano rispetto all’anno scorso ha livelli di deficit/ Pil molto migliori di quelli spagnoli, se non addirittura di quelli francesi”. Tanto che per il 2012 sono diversi gli economisti che si aspettano che il rapporto deficit/ Pil dell'Italia si stabilizzi intorno al 2,8%, mentre Madrid ha concordato con l’Europa un livello del 6,4% e quello francese viaggerà al 4,5%.

Rispetto a novembre 2011 le differenze ci sono. Eccome. Se però il Tesoro che sta emettendo debito pubblico a un tasso di interesse piuttosto basso, al 3,64%, meno del 3,61% dell’anno scorso, ha deciso di rinunciare all’asta di Btp di agosto è segno che il momento è grave. Non c’è certezza oggi, guardando l’andamento dei titoli di Stato, che l’Italia riuscirà ad evitare il destino della Spagna. Farcela con le proprie forze, senza tendere il cappello all’Unione europea, resta l’unico modo - come va dicendo il premier Mario Monti da giorni - per metter di fronte l’evidenza anche i più euroscettici che questo Paese è diverso. Le scommesse sono aperte.

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Micaela Osella