La spending review di Cottarelli: i numeri che possono salvare Renzi
Daniele Scudieri / Imagoeconomica
Economia

La spending review di Cottarelli: i numeri che possono salvare Renzi

Il commissario ai tagli alla spesa non potrà essere solo il tecnico che propone, ma lo strumento operativo che segue dall'inizio alla fine il taglio delle spese. Ecco tutte quelle che ha già in mente

Meglio dire le cose come stanno: la manovra di politica fiscale illustrata da Matteo Renzi è un classico esempio di spesa in deficit, perché allo stato attuale non esistono coperture. Tutto è in mano a Carlo Cottarelli e alla sua spending review, ma anche questa è una promessa, una speranza, se vogliamo; perché non c'è nelle casse del Tesoro denaro contante pronto a essere trasferito alle tasche dei lavoratori dipendenti con meno di 25 mila euro l'anno. Non esiste nessun tesoretto. Anzi. Lo ha ricordato la Banca centrale europea: il disavanzo pubblico chiude il 2013 al 3 per cento, quel 2,6 del quale parla il presidente del consiglio è una promessa, una speranza (un'altra) per il 2014, legata a troppe circostanze esterne per poter essere considerata già una realtà. Lo stesso si può dire per quel miliardo e 600 milioni che dovrebbe arrivare dall'Iva sui pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione (siamo a una pura stima di somme che saranno davvero note solo alla fine dell'anno).

Quanto al risparmio di 2,5 miliardi dal calo dello spread, incrociamo le dita. Su questo si aprirà in ogni caso un contenzioso, perché secondo l'Unione europea e la Bce andrebbe utilizzato per ridurre il debito. Ma c'è ancora un piccolo numero destinato a creare parecchi grattacapi a Roma, a Bruxelles e Francoforte: si chiama disavanzo strutturale e attualmente è pari a 0,6 per cento del prodotto lordo invece dello 0,3% promesso da Letta e Saccomanni. Secondo la Ue non può superare lo 0,5 perché dal prossimo anno bisogna cominciare il cammino di rientro dal debito eccessivo (occorre tagliare un ventesimo l'anno per i prossimi vent'anni). Bisogna familiarizzarsi con questa differenza tra entrate e spese al netto degli effetti del ciclo economico, visto che da ora in poi diventa il secondo barometro insieme al fatidico 3% che orienterà le scelte all'interno dell'area euro.

Dunque, più che mai Cottarelli e solo Cottarelli. Il commissario alla spending review ha inviato le sue proposte al governo e ha risposto alle domande dei senatori. Ecco in sostanza che cosa ha detto:

LE CIFRE - ''Il numero massimo di risparmio su base annua'', cioè se le misure fossero state introdotte all'inizio dell'anno, sarebbe di circa 7 miliardi. Ma ci vuole ''un certo margine prudenziale'' che porta la cifra a circa 5 miliardi. Considerando l'applicazione dei tagli su otto mesi (cioè a partire da maggio), si può arrivare a 3 miliardi. Tuttavia, avverte Cottarelli, questi risultati possono essere raggiunti solo ''se c'è un pieno sforzo in questa direzione''. Nel 2015 i risparmi dalla spending review potrebbero arrivare a 18 miliardi di euro mentre nel 2016 si potrebbero toccare i 36 miliardi. Saranno in ogni caso preservate le fasce più basse della popolazione.

IL METODO - Per tagliare la spesa pubblica si può intervenire attraverso ''33 azioni o gruppi di azioni'', che si dividono in ''quelle di immediata applicabilità nel 2014'' e le ''riforme strutturali per la spesa, che vanno iniziate quest'anno ma che avranno effetti sulla spesa a partire dal 2015 e 2016''.

AUTO BLU - Taglio deciso alle auto blu: un mezzo per il ministro e massimo 5 mezzi per tutto il dicastero.

SANITA' - "Va ridotto il numero dei ricoveri inappropriati" e ha aggiunto che in sanità "serve una più diretta applicazione dei costi standard". "La sanità è un'area delicata", quindi il risparmio "va definito nell'ambito del Patto per la salute".

ISTRUZIONE- "Non c'è alcuna riduzione della spesa per la cultura e l'istruzione''.

TAGLI A PIOGGIA - Esistono margini di intervento, tra l'altro, su retribuzione della dirigenza pubblica, costi della politica, sanità, difesa, auto blu, società partecipate, trasporto ferroviario, commissioni bancarie, forze di polizia, enti pubblici eliminabili, immobili, trasferimenti alle imprese, acquisti della Pubblica Amministrazione.

PENSIONI - Cottarelli ha parlato di "un contributo temporaneo sulle pensioni più alte salvaguardando l'85% degli assegni". Quindi, potrebbero essere a rischio coloro che hanno un reddito da pensione superiore a circa 2.500 euro, ovvero la soglia fino a 5 volte il minimo. È quanto si evince dalle dichiarazioni del Commissario alla spending review Carlo Cottarelli (salve l'85% delle pensioni). Se si guarda ai singoli trattamenti l'82,7% è inferiore ai 1.500 euro e il 95,3% sotto i 2.500, mentre se si guarda ai pensionati il 91,3% prende meno di 2.500 euro al mese.

Il commissario ha messo le mani avanti più volte ricordando che bisogna cominciare subito, altrimenti anche le stime diventeranno sempre più modeste. Quindi, le indicazioni debbono diventare provvedimenti concreti. Ciò richiede decisioni politiche e adempienti tecnici che ne consentano una rapida attuazione, ma ci sono attualmente 478 provvedimenti lasciati dai governi Monti e Letta in attesa del via libera (finora ne sono stati attuati meno della metà, l'ultimo dato del mese scorso si ferma a 317).

Affidare la copertura del principale stimolo economico a misure che debbono seguire la trafila ordinaria prima di vedere la luce, spostando quindi ancora avanti nel tempo l'effetto vero sui conti pubblici, è come dire che si emette una cambiale in bianco. Per evitare che accada, occorre dare priorità ad alcune misure chiave e far sì che Cottarelli abbia il potere di intervenire nel processo attuativo. Insomma, il commissario non potrà essere solo il tecnico che propone, ma lo strumento operativo che segue dall'inizio alla fine il taglio delle spese. Ciò implica l'esistenza di un potere che rischia di scontrarsi con le direzioni generali dei ministeri, i diversi centri di spesa oltre che la Ragioneria generale dello Stato. Il conflitto è inevitabile e il rischio elevato, ma val la pena correrlo, altrimenti anche questa spending review rimarrà un  bell'esercizio di stile.

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Stefano Cingolani

Stefano Cingolani, nasce l'8/12/1949 a Recanati e il borgo selvaggio lo segna per il resto della vita. Emigra a Roma dove studia filosofia ed economia, finendo a fare il giornalista. Esordisce nella stampa comunista, un lungo periodo all'Unità, poi entra nella stampa dei padroni. Al Mondo e al Corriere della Sera per sedici lunghi anni: Milano, New York, capo redattore esteri, corrispondente a Parigi dove fa in tempo a celebrare le magnifiche sorti e progressive dell'anno Duemila.

Con il passaggio del secolo, avendo già cambiato moglie, non gli resta che cambiare lavoro. Si lancia così in avventure senza rete; l'ultima delle quali al Riformista. Collabora regolarmente a Panorama, poi arriva Giuliano Ferrara e comincia la quarta vita professionale con il Foglio. A parte il lavoro, c'è la scrittura. Così, aggiunge ai primi due libri pubblicati ("Le grandi famiglie del capitalismo italiano", nel 1991 e "Guerre di mercato" nel 2001 sempre con Laterza) anche "Bolle, balle e sfere di cristallo" (Bompiani, 2011). Mentre si consuma per un volumetto sulla Fiat (poteva mancare?), arrivano Facebook, @scingolo su Twitter, il blog www.cingolo.it dove ospita opinioni fresche, articoli conservati, analisi ponderate e studi laboriosi, foto, grafici, piaceri e dispiaceri. E non è finita qui.

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