La scuola che ti fa trovare un lavoro
Economia

La scuola che ti fa trovare un lavoro

Il 70 per cento degli alunni che portano a termine il corso di studi della Oliver Twist, vicino Como, viene assunto. Ecco come funziona (bene) il primo istituto italiano che ha copiato i tedeschi. Riscoprendo l’apprendistato.

C’è un pezzo d’Italia dove lo spread è zero e le differenze fra Germania e Italia si annullano. È un fazzoletto di terra sulle colline a sud di Como, da dove un edificio in mattoni rossi, innervato di travi d’acciaio, guarda con le sue ampie vetrate il lago. Benvenuti alla Oliver Twist, dove oltre il 70 per cento degli 80 studenti che completano il triennio con la qualificazione professionale trova lavoro nelle aziende della zona malgrado la crisi. Esattamente come dalle parti di Angela Merkel, dove il sistema duale (vedere il riquadro), vale a dire l’alternanza di scuola e impresa, è alla base del successo economico del paese.

Miracolo a Como? Forse. Di certo un metodo: «Non accontentandoci di portare l’azienda a scuola, abbiamo portato la scuola in azienda» sintetizza Alessandro Mele, 44 anni, calabrese con laurea a Siena. Arrivato 10 anni fa come volontario, quando era in carriera in una multinazionale della consulenza, Mele non se n’è più andato, fino a diventare il preside della Oliver Twist. «Ci siamo ispirati alle botteghe che nel Rinascimento hanno fatto grande l’Italia» spiega il preside. «Puntando su un’intelligenza delle mani che diventasse cultura».

Così nella bottega del gusto, dove si preparano futuri pasticcieri, barman e camerieri, la storia si accoppia col dessert, perché la torta Sacher va di pari passo con Maria Teresa d’Austria, e la matematica serve a contare le molecole del caffè. In quella del tessuto e del legno la scienza si applica ai materiali, la storia dell’arte agli arazzi e agli arredi, e gli stili c’entrano con la letteratura, la matematica con l’età dei legnami o le trame delle pezze di seta.
Nessuna cesura fra lavoro e studio, fra teoria e pratica. Il tutto senza risparmio di tecnologia. «Dall’anno scorso i ragazzi hanno i tablet» dice il preside. In più: l’uso intensivo dell’inglese, lingua in cui si insegnano storia, scienze e informatica, e che è anche l’idioma ufficiale del bar didattico.
Si può essere serviti solo chiedendo le consumazioni in inglese.

La scuola Oliver Twist è nata nel 2004 per l’iniziativa di un gruppo di famiglie che, avendo accolto in affido bambini in difficoltà, aveva compreso che i percorsi scolastici tradizionali sarebbero stati pressoché impossibili. Un inizio sobrio: tre aule prese in affitto, in cattedra insegnanti in pensione o giovanissimi, tutti innamorati del progetto. «Partimmo dalle tre industrie del territorio» ricorda Erasmo Figini, 62 anni, designer d’interni che è anche uno dei fondatori «ovvero mobilifici, tessiture e grandi alberghi».

La fama di una scuola diversa, dove «s’impara per davvero», come comincia a dire qualche giovane, fa lievitare le domande: in breve la sede scoppia. La stessa fama, però, porta anche l’aiuto decisivo della Regione Lombardia, che paga le rette con i «voucher», e di tanti donatori (riquadro a pagina 104). Nel 2009 apre l’attuale sede, con oltre 330 studenti che arrivano da tutta la provincia e da quelle vicine. Alcuni perché hanno mollato la scuola, altri perché si sentono di voler imparare un mestiere. Sentono invece di dover dare una mano i più bei nomi dell’imprenditoria locale. Gli alberghi di lusso della famiglia Passera (Corrado, Bianca e Antonello, quest’ultimo scomparso di recente) hanno subito accolto gli stage e creato la scuola per giovani camerieri e barman, mentre i supermercati Bennet della famiglia Ratti hanno sperimentato qui il nuovo apprendistato, formando banconisti e anche altri profili.
«La bontà del metodo la constatiamo con i 20 ragazzi che accogliamo in stage ogni anno» assicura Battista Saibene, a capo del gruppo delle tessiture Lisa, 330 addetti fra Como e le colline intorno a Bergamo, e 116 milioni di fatturato. «Scegliamo i reparti più adatti ed esiste un contatto continuo e diretto fra il tutor scolastico e i capireparto».

Negli ultimi due anni, nel bel mezzo della crisi, per cinque ragazzi della Oliver Twist il tirocinio qui s’è trasformato in assunzione. E tanti ne accoglie regolarmente anche Giacomo Castiglioni, industriale del legno con 70 addetti e produzioni di pregio, che vanno dalla nautica ai pavimenti: «Colpisce la cura degli allievi che la scuola riesce a offrire» dice. Alla Castiglioni ha trovato recentemente lavoro Marco, 19 anni, di Saronno (Milano), che aveva lasciato la scuola normale perché troppo astratta, troppo dura, troppo tutto. Idem Michela, 18 anni, comasca, una doppia bocciatura al liceo scientifico: grazie al passaparola è arrivata in questo strano «liceo del lavoro», dove al mattino si va in un’azienda, per iniziare a fare un lavoro che si desiderava imparare, e il pomeriggio si studia con un percorso personalizzato. «Oggi faccio quel che sognavo» sorride Michela. «Lavoro in uno studio fotografico, per ora sono assistente ma sto imparando a fotografare». Alessio, suo coetaneo, dopo uno stage sta cercando lavoro perché, comunque, la crisi resta. Lo fa però confrontandosi regolarmente con i tutor della scuola. «Questa è la ricerca attiva» spiega. Che significa tentarle tutte e non permettersi di restare con le mani in mano.

Ad Andrea, 19 anni, di Como, la professoressa di matematica alle medie aveva ingiunto di seguire una scuola professionale. La Oliver Twist gli ha fatto capire che invece studiare gli piace proprio: dopo i 3 anni di qualificazione professionale e il diploma preso l’anno dopo, con una dozzina di colleghi convertiti allo studio sulla via di Como, ha conseguito la maturità. Perché succede anche questo alla Oliver Twist, e pochi giorni fa Andrea s’è iscritto a scienze dell’educazione: «Mi sono innamorato del lavoro del tutor, del fatto che un altro possa insegnarti a fare meglio, a cambiare». Una storia così singolare da interessare i pedagogisti: 14 giovani insegnanti della scuola hanno iniziato il dottorato di ricerca in apprendistato di alta formazione con l’Università di Bergamo. Insegnano facendo ricerca sulla metodologia innovativa della scuola. Non solo l’azienda è entrata a scuola, ora c’è anche l’università.

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Giampaolo Cerri