Crisi del bilancio Usa: e Obama resta senza soldi
Economia

Crisi del bilancio Usa: e Obama resta senza soldi

In America è scattato lo shutdown, la chiusura di uffici pubblici per mancanza di fondi. Colpa degli scontri tra democratici e repubblicani al Congresso, sull'approvazione del budget federale

Soldi finiti e almeno 800mila dipendenti pubblici senza stipendio. E' lo scenario che si è aperto oggi negli Stati Uniti, a partire dalla mezzanotte locale (che corrisponde alle 6 di mattina italiane). Il Congresso di Washington, a maggioranza repubblicana e ostile al presidente democratico Barack Obama , non ha trovato infatti un'intesa per l'approvazione del budget federale, che consente il finanziamento della macchina dello stato. La diretta conseguenza di questo impasse è dunque lo shutdown (che in inglese significa chiusura). In altre parole, l'amministrazione di Washington non ha più fondi per pagare gli stipendi ed è costretta a tenere ferme molte strutture pubbliche, dai parchi ai musei, mentre i servizi essenziali come la difesa e la sicurezza verranno comunque garantiti.

LE SFIDE ECONOMICHE DI OBAMA

IL FISCAL CLIFF

Per capire come si sia giunti a questa situazione, bisogna innanzitutto compiere qualche passo a ritroso, fino alle ultime elezioni per il rinnovo del Congresso, tenutesi in America nel 2010. In questa consultazione, ci fu una netta vittoria del partito repubblicano e, in particolare, dell'ala di “destra” che ruota attorno al Tea Party, il movimento politico ultra-liberista, fiero avversario delle tasse e della spesa pubblica. E così, da più di tre anni, il massimo organo legislativo statunitense è marcatamente schierato a destra mentre il Senato, che è stato eletto assieme a Obama nell'autunno dell'anno scorso, è saldamente controllato da una maggioranza democratica, favorevole al presidente. Da qui, è nata la lunga battaglia che ha portato allo shutdown di questi giorni. Mentre il Senato ha già dato il via libera al budget federale, infatti, il Congresso si rifiuta di firmare la legge e chiede in cambio una pesante contropartita: il rinvio di almeno un anno della Obamacare, la riforma sanitaria fortemente voluta negli anni scorsi dal presidente statunitense, che entra ufficialmente a regime vigore proprio in questi giorni.

L'IMPATTO SUL PIL

Considerata dai liberisti del Tea Party come una fonte inesauribile di spesa pubblica e un attentato alla libertà di cura dei cittadini, la riforma sanitaria è invece una conquista irrinunciabile per Obama, che oggi si rifiuta categoricamente di rinviarla, parla di ricatto dei repubblicani e addossa tutta la colpa del blocco degli uffici pubblici proprio alla maggioranza che controlla il Congresso. A ben guardare, l'attuale black-out della macchina statale non è una novità per Washington: nella storia vi sono stati infatti ben 17 shutdown, l'ultimo dei quali risale a 17 anni fa. Nella speranza che la situazione si sblocchi presto, gli analisti hanno però già calcolato gli effetti sull'economia della paralisi in corso. Secondo gli esperti di Moody's, se lo shutdown durasse soltanto 3 giorni, vi sarebbe un calo del pil americano attorno allo 0,2% mentre l'impatto negativo sull'economia è stimato attorno all'1,4%, se l'attuale situazione di impasse si protraesse per almeno un mese.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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